Nel momento in cui il Ttip, trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti, ha iniziato ad assumere una fisionomia sempre più definita, le preoccupazioni sulle eventuali conseguenze, tra cui la difficoltà di preservare un'indicazione geografica, e quindi di qualità, intorno ai prodotti dell’agroalimentare - e non solo - italiano ed europeo, hanno preso forma nelle menti di molti tra i vertici dell’Ue.
Questo accordo commerciale, un progetto esistente già da 10 anni, che però dovrebbe essere portato a compimento quest’anno, prevede la creazione di un mercato di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa, il più grande esistente considerando che il Pil di Europa e Usa insieme corrisponde a un terzo di quello mondiale.
Chiaro è che, oltre a rimanere ancora in gran parte segreto, questo accordo porterebbe inevitabilmente a dei compromessi e, di conseguenza, alla possibilità che la qualità di diversi prodotti agroalimentari europei non venga riconosciuta o almeno segnalata a dovere. Le preoccupazioni sono diverse e sempre più vive.
Daniele Rosario, un portavoce della commissione Ue, si pronuncia rendendo chiaro, forte ed esplicito il rifiuto «di ridurre la protezione delle nostre indicazioni geografiche» nel rapporto con gli Usa. «L'Ue - aggiunge Rosario - ha chiarito alla controparte che la protezione delle indicazioni geografiche è la nostra principale priorità. Le discussioni in corso sul Ttip con gli Stati Uniti riguardano la protezione della proprietà intellettuale, incluse le indicazioni geografiche negli Stati Uniti e non cambiare o abbassare gli standard sul cibo in Europa».
Di recente anche il ministro dell'Agricoltura tedesco Christian Schmidt ha espresso le sue preoccupazioni sulle possibili conseguenze del patto Ttip fra Ue ed Usa sul mercato alimentare europeo. «Se vogliamo utilizzare la possibilità del libero scambio - rivela il Ministro Schmidt - con l'immenso mercato statunitense non possiamo più tutelare ogni wurstel ed ogni tipo di formaggio».