Nei pressi della chiesa di Padre Pio c’è la trattoria Le Campane, dove, all’ora di pranzo, in quelle giornate in cui il sole splende su San Giovanni Rotondo (Fg), è facile incontrare un simpatico anziano signore, che va ad intrattenersi con sua nipote Maria Teresa e il marito Enzo, gestori dell’attività.
Giuseppe Di Cosmo - questo il suo nome - la mattina presto, va a raccogliere le erbe nei campi vicino al Santuario e le porta ai suoi nipoti, che con questi meravigliosi doni della natura preparano il pancotto, l’acquasale e la minestra di cardoncelli, pietanze della tradizione dauna che hanno imparato a cucinare proprio dal nonno. Da lui hanno imparato anche i valori dell’umiltà e dell’accoglienza.

Nella foto, da sinistra: Sandro Romano, Giuseppe Di Cosmo e Gianfranco Vissani
Entri nel locale e subito ti accorgi di questo affabile signore, che ama dispensare ai clienti consigli di cucina e raccontare la sua straordinaria esperienza di vita.
Lo scorso lunedì, per nostra fortuna, San Giovanni Rotondo era baciata da un caldo sole che faceva presagire l’imminente arrivo della primavera e così, d’accordo con il mio amico Massimo Pitti, editore della rivista “Il Pellegrino di Padre Pio”, mi sono recato in trattoria per incontrarlo. Ma perché tanto interesse per un simpatico vecchietto, capisco che risulti difficile comprenderlo. E allora vi devo spiegare il perché.
Il giorno precedente io e Gianfranco Vissani eravamo in quel di San Giovanni per consegnare l’Oscar della Qualità ai migliori produttori e cuochi della Capitanata e, proprio in quell’occasione, abbiamo avuto il piacere e l’onore di premiarlo con una targa alla carriera, perché questo signore è un cuoco.
Come tanti, si potrebbe pensare. E invece no, Giuseppe Di Cosmo, sangiovannese di 83 anni, è un cuoco speciale perché è stato il cuoco di Padre Pio da Pietrelcina durante la sua lunga permanenza presso il Convento dei Frati Cappuccini della cittadina dauna e, nella sua carriera, ha cucinato anche per altri due Santi.
Un cuoco con tre stelle, direi. Ma con le stelle di tre Santi che lui ha conosciuto in terra e che ora brillano in cielo. In realtà Giuseppe cucinava per tutti i frati, perché Padre Pio non aveva un cuoco personale. Lui era un francescano come gli altri e mangiava insieme ai suoi confratelli. Ma il rapporto tra Giuseppe e colui che, il 16 giugno 2002, fu canonizzato come San Pio da Pietrelcina, era speciale e vale la pena di raccontarlo.
Quando ha cominciato a cucinare per Padre Pio e cosa gli piaceva mangiare?
Era il 1948. Lui assaggiava un po’ di tutto, ma fra i suoi piatti preferiti c’era il fegato di maiale cotto in padella con la cipolla e il capitone spinato al forno con l’alloro.
Che rapporto avevate?
Avevo un rapporto di grande rispetto e tanta devozione, perché era davvero un grande uomo di Chiesa.
Ma lei cucinava per tutti i frati del Convento. È mai capitato che qualcuno le abbia criticato un piatto?
No, i frati cappuccini non si sono mai lamentati, apprezzavano molto la mia cucina.
Il 23 maggio del 1987 Papa Giovanni Paolo II è venuto a San Giovanni Rotondo per pregare sulla tomba di Padre Pio e lei ha cucinato anche per lui. Cosa ha preparato per Papa Woytila in quell’occasione?
Ho cucinato le lasagne al forno e una grigliata mista di carne, con vitello, agnello, maiale e salsiccia.

Qualche mese dopo, esattamente il 22 settembre, ecco che arriva in convento anche Madre Teresa di Calcutta. Ha cucinato anche per lei?
Sì, le ho preparato il “risotto in cappella”.
Cioè?
È una mia invenzione. Si tratta di un risotto preparato con pomodoro, brodo vegetale e avanzi di salumi, poi messo a gratinare in forno con mozzarella, pangrattato, pecorino e uovo.
Perché “in cappella”?
Non so, mi ricordava un cappello…capisco che non c’entra, ma lo chiamai così.
Cosa le ha lasciato l'esperienza vissuta accanto a questi tre grandi personaggi della nostra era?
Gli anni passati al convento sono stati per me meravigliosi e mi hanno lasciato bei ricordi e una testimonianza di fede e di umiltà.

Cos’altro preparava per Padre Pio?
Durante il mese di agosto raccoglievo l’erba centonodi (centinodio o polygonum aviculare) che facevo asciugare all’ombra e con la quale preparavo una tisana che Padre Pio beveva tutte le mattine, perché gli faceva bene ai reni e alle vie urinarie. Gli preparavo anche, tutti i giorni, gli impacchi per la pulizia delle stigmate e, per questo, un giorno mi lasciò sul tavolo un pensierino in denaro per me. Io, però, lo restituii all’economo del convento.
Mi racconta un episodio curioso?
Durante i primi anni di servizio al convento io e mio fratello Michele lavoravamo nel giardino. Un giorno, Padre Pio chiese al frate superiore Padre Carmelo se eravamo regolarmente assunti. Il frate gli rispose che non se ne occupava lui ma l’economo, frate Raffaele. In realtà non lo eravamo, così decise di parlare con l’economo e, grazie alla sua intercessione, dopo pochi giorni fummo assunti alle dipendenze del convento. Padre Pio pensava proprio a tutto.
Credito fotografico: Il Pellegrino di Padre Pio