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Paolo Basso miglior sommelier al mondo racconta la passione per il suo lavoro

Paolo Basso, vincitore del 14° World Contest e dunque miglior sommelier al mondo, oggi vive e lavora in Svizzera, ma non dimentica l'Italia, dove è nata la sua passione per il vino, che ci racconta in un'intervista

di Luigi D’Antonio
 
11 ottobre 2013 | 14:09

Paolo Basso miglior sommelier al mondo racconta la passione per il suo lavoro

Paolo Basso, vincitore del 14° World Contest e dunque miglior sommelier al mondo, oggi vive e lavora in Svizzera, ma non dimentica l'Italia, dove è nata la sua passione per il vino, che ci racconta in un'intervista

di Luigi D’Antonio
11 ottobre 2013 | 14:09
 

Paolo BassoA Lugano incontriamo Paolo Basso (nelle foto), premiato miglior sommelier del mondo, al 14° World Contest organizzato dalla “Association de la sommellerie internationale” (Asi). Un excursus enologico tra aneddoti e aforismi, opinioni e speranze di un campione del mondo.

Da Besnate, Varese, Autunno del 1966 a Tokyo, Giappone, Primavera 2013. Circa 10mila km, bel viaggio, eh?
Assolutamente si, tutto partito quasi per caso. Fin da bambino avevo la passione per degustare i sapori del cibo, anche di un semplice gelato. Poi, da quando correvo in bicicletta, sono sempre stato molto attento all’alimentazione. Per me, è stato naturale fare la scuola alberghiera e, dopo la fine del servizio militare, ho voluto imparare il francese, la lingua della gastronomia per antonomasia. Scelsi la Svizzera Romanda, presso Ginevra, poi insieme a mia moglie, abbiamo deciso di trasferirci nel Ticino, vicino alla famiglia di origine. Il territorio è accogliente, la gente amabile, insomma ormai vivo a Lugano da 17 anni.

E la passione per il vino quando nasce?
Dopo i primi stage, le prime esperienze sono rimasto sedotto dal vino. Mi ricordo certe bottiglie italiane e francesi carissime, ero proprio curioso di sapere cosa contenessero e lì dei bravi sommelier francesi mi hanno trasmesso l’amore per il vino.

Lei ha portato in alto la bandiera con la croce bianca elvetica. Rimpianti per non aver partecipato come italiano?
Ammetto che sono sempre attratto sentimentalmente dal Tricolore ma ormai vivo e lavoro qui. La Svizzera mi ha permesso di esprimermi professionalmente.

Ma adesso ci tornerebbe mai in Italia?
L’Italia è il piu bel Paese del mondo, dopo la Svizzera (ride). Onestamente, ci abbiamo provato anni fa con mia moglie ma troppa burocrazia, eccessivi problemi, si vive di soldi in nero. Mi lasci dire che siamo ancora anni luce distanti dal concetto di meritocrazia.

La riporto a ricordi più piacevoli. Ci può raccontare come funziona il World Contest?
Lo immagini come un mix tra esami di scuola, dove bisogna scrivere ciò che si è studiato, e un test pratico dove si valutano le skills, le proprie capacità. Bisogna spaziare su tutto lo scibile enologico: dai vitigni del Belgio alla formula chimica della fermentazione alcolica, a quante volte il vino e la vigna sono citati nella Bibbia o in quale anno in Lussemburgo hanno approvato la marca nazionale per i vini spumanti.

Mi scusi ma non c’è il rischio di un eccessivo nozionismo?
No, è cultura. Immaginare il sommelier come colui che versa il vino è una visione antica e riduttiva. Specialmente davanti ad una clientela colta, il sommelier deve sapere destreggiarsi e diffondere conoscenza. Personalmente, grazie al mio lavoro ho avuto la possibilitá di conoscere dei premi Nobel con i quali posso dialogare grazie al vino.

Ma allora, scusi, secondo Lei, la missione del sommelier moderno è...
Far apprezzare bene il vino al consumatore ma anche al produttore. Spesso, chi fa il vino, è a contatto con la vigna, con le vasche di fermentazione ma non a contatto col consumatore. Il sommelier è un alleato prezioso per il produttore in quanto conosce i gusti del mercato. Nessuno chiede al produttore di snaturare la propria filosofia ma un occhio di riguardo è dovuto al consumatore perchè, poi, in fin dei conti, la bottiglia di vino va venduta.

Paolo BassoA proposito di consumatori, fonte Il Sole 24 Ore, nel 2012, l’Italia è prima al mondo per volume dei vini esportati ma il consumo interno è sceso del circa 20%. Crisi? Abitudini?
Crisi, assolutamente, con conseguente aumento del prezzo del vino e, purtroppo, anche campagne contrarie al consumo di alcool, di particolare efficacia sul target dei bevitori responsabili ossia quelli che prediligono il vino ai superalcolici. Lei ha citato, giustamente, il prezzo del vino. Lei considera che potrebbe essere in un ristorante un deterrente al consumo? È vero che i ristoranti applicano un eccessivo mark up ma può essere anche controproducente. Oggi, con uno smart phone, il cliente può controllare immediatamente il prezzo del vino. Il ristorante dovrebbe guadagnare sulla cucina, nel futuro ci saranno ristoranti (e ci sono giá) dove due volte al settimana ci sará il “bring your own wine”, ossia ognuno si porta il vino che predilige da casa. Anche nel mio caso, ho conservato delle belle bottiglie, mi piacerebbe berle al ristorante con un piatto sontuoso.

E le nuove emergenti Nazione vinicole? Che ruolo avranno nello scacchiere? Prendiamo come esempio la Cina.
Arriverá il vino cinese qui, qualità ottima e prezzo competitivo. Adesso ci salviamo dall’invasione di massa in quanto c’è ancora il pregiudizio ma non mi meraviglierei, tra pochi anni, vedere una tipica famiglia italiana con la bottiglia di vino cinese sul tavolo. Pensi alle auto: 30 anni fa, chi avrebbe sospettato che, in Italia, Paese della Fiat, Alfa Romeo, Lancia, avremmo visto sfrecciare vetture coreane e giapponesi sulle nostre autostrade! Quindi, tra altri 30 anni, l’Italia che ruolo giocherá ? Siamo spacciati? Assolutamente no, l’Italia dovrá puntare sulla qualitá e sulla tradizione. In Cina, potranno fare un ottimo Nebbiolo ma mai un Barolo, un ottimo Sangiovese ma non avranno mai il Brunello di Montalcino. Bisogna tutelare il made in Italy, valorizzare maggiormente il nostro patrimonio artistico, rinvigorire la cultura del buon bere, instaurare gli “antiqui ac boni mores”. Ruolo centrale sará la famiglia, la vera istituzione dell’Italia, riunita intorno alla tavola sulla quale ci deve essere la buona bottiglia di vino.

Un aforisma dei Fratelli Goncourt, esponenti del naturalismo francese, recita più o meno cosi: “Un quadro in un museo è forse la cosa al mondo che ascolta il maggior numero di osservazioni stupide”. Anche un bicchiere di vino?
Si, è vero, tanta gente parla di vino e molti pontificano. Sovente mi paragono ad una guida, ad un esperto d’arte che cerca di far capire al visitatore cosa c’è dietro al vino. Anche ciò mi ha spinto a partecipare ai concorsi, volevo mettere alla prova le mie capacitá.

Mi sa che ce l’ha fatta.
Beh, diciamo che mi sono state riconosciute. Comunque, io sposo in pieno la massima di Salvador Dali, “i veri intenditori non bevono vino ma degustano segreti” . Il vino non è una semplice spremuta d’uva ma è cultura, ha seguito la civilizzazione dei popoli, partendo dalla Mesopotamia fino all’antica Roma mentre la birra è stata portata dai popoli del Nord insieme a sciagura e miseria. Il vino è anche natura, la terra ci da l’uva, le sue “gocce di sangue” e da l’onore all’uomo di coltivarle, di trasformarle e di conservarle anche 100 anni.

E quale vino vorrebbe bere anche tra 100 anni?
Senza dubbio, il Vin Santo del Chianti Classico Isole e Olena, in Toscana. Mi legano incancellabili ricordi. È stato il primo produttore con il quale ho avuto contatto e galeotto fu anche per il proseguio del mio matrimonio.

Le faccio l’ultima domanda. Che consiglio darebbe a chi vuole intraprendere la carriera di sommelier?
Innanzittutto ci vuole una passione profonda e non superficiale per il vino. Ci saranno momenti difficili da superare. Inoltre, una attitudine allo studio, soprattutto se si vuole partecipare a dei concorsi.

L’ultimissima. Cosa si prova ad avere una voce in Wikipedia?
Niente di particolare. È stata messa per mio conto. Ce ne sono tante inutili (ride), una in più!

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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