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La crisi colpisce il turismo in Sardegna Trend negativo: -14,5% nel 2012

Nel 2012 la Sardegna ha ottenuto 1,9 milioni di arrivi (solo l’1,9% del totale Italia), con un calo del 14,5% rispetto al 2011, dovuto alla contrazione della domanda nazionale (-19% contro il -7,5% di quella straniera)

 
02 agosto 2013 | 11:22

La crisi colpisce il turismo in Sardegna Trend negativo: -14,5% nel 2012

Nel 2012 la Sardegna ha ottenuto 1,9 milioni di arrivi (solo l’1,9% del totale Italia), con un calo del 14,5% rispetto al 2011, dovuto alla contrazione della domanda nazionale (-19% contro il -7,5% di quella straniera)

02 agosto 2013 | 11:22
 

Il ruolo del turismo nello sviluppo economico della Sardegna e i flussi turistici italiani e stranieri sono stati il tema di un convegno in Gallura con la partecipazione di autorevoli relatori tra cui il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, e il presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci. I lavori si sono svolti nel nuovo centro congressi-auditorium del resort Valle dell’Erica, inaugurato per l’occasione con circa 450 posti e dedicato alla memoria di Anton Paolo Vincentelli, che cinquant’anni fa fu pioniere dello sviluppo turistico moderno nella Sardegna settentrionale. Valle dell’Erica Thalasso & SPA è un cinque stelle del gruppo Delhina che sorge di fronte al parco internazionale delle Bocche di Bonifacio nel comune di Santa Teresa Gallura, in provincia di Olbia-Tempio, in uno scenario dominato dalla macchia mediterranea. I 1.400 metri di costa che lo circondano, con piccole calette di sabbia bianca sulle acque cristalline del mare di Sardegna danno sulle isole minori dell’arcipelago della Maddalena.

I dati macroeconomici a livello globale sul mondo del turismo riportati qui nel seguito sono stati forniti da un approfondito studio di Giovanni La Barbera, della Direzione di Intesa San Paolo. Dalle previsioni sulle possibili evoluzioni dei flussi turistici, si evidenzia un trend inequivocabile: il turismo assumerà sempre maggiore importanza. I 983 milioni di arrivi mondiali del 2011 (già in crescita del +4,6% rispetto al 2010) cresceranno ancora in media di 43 milioni all’anno fino al 2030.



Dati nazionali
Questo macroscenario evidentemente accende i riflettori sul turismo in Italia e pone la sfida di come migliorare della “competitività turistica” dei singoli territori, differenziandoli e ponendo in evidenza le specificità dell’attrattività delle regioni italiane. L’argomento è strettamente collegato con la promozione e la politica del territorio, la governance, la qualità dei servizi e il management delle infrastrutture e del sistema. Sono tutti insieme questi elementi che determinano il livello di attrattività turistica di un’area georgrafica e di conseguenza anche il livello di ricchezza generata, misurata quantitativamente in termini di PIL. A questo proposito è certamente riduttivo parlare solo del PIL diretto del turismo, ma è necessario considerare anche quello indiretto e indotto.

Nel contesto turistico internazionale, l’Italia è ben posizionata, con un impatto sul PIL pari al 5,4%, non molto distante dalla Spagna (6,4%) e dalla Francia (6,2%), che csono i concorrenti principali. Dai dati del primo Conto Satellite del Turismo (CST) si rileva inoltre un valore aggiunto pari a 82,8 mld di euro, pari al 6% del valore aggiunto totale dell’economia; questa incidenza non è banale, se si pensa che è quasi pari a quella di un settore rilevante per l’economia nazionale come quello delle costruzioni.

La buona notizia, secondo gli studi di Intesa San Paolo, è che l’Italia è tra i primi dieci paesi per domanda turistica straniera: per la precisione si colloca al quinto posto nella graduatoria, con 47,4 milioni di turisti nel 2012, purtroppo dietro Paesi concorrenti come la Francia, che occupa il primo posto, e la Spagna, al quarto posto, che sono più coordinati e attivi nella promozione turistica. La quinta piazza viene confermata anche per le entrate turistiche internazionali che ammontano a 41,2 miliardi di dollari.

L’offerta ricettiva turistica italiana consta di 154 mila unità (dati 2011), per un totale di 4,7 milioni di posti letto, compresi gli agriturismi e i bed & breakfast. Se ci si rivolge soltanto agli alberghi, si tratta della più ampia offerta alberghiera a livello europeo in termini di posti letto (2.252.636 unità), mentre l’Italia occupa la terza posizione per numerosità di esercizi alberghieri (33.911 unità). Tra gli elementi positivi che non si possono dimenticare il World Economic Forum annovera la ricchezza di siti Unesco, il numero di fiere ed esposizioni internazionali, la ricca industria creativa, la salute e l’igiene del nostro Paese.
 
A fronte di questi ben noti e validi punti di forza, non mancano però debolezze, acuite con la crisi economica in atto:

  • l’Italia scivola al 26° posto nella classifica mondiale (18° posto tra i paesi europei) secondo l’indice di competitività Travel & Tourism complessivo;
  • la dimensione media degli alberghi italiani, cioè i posti letto per esercizi alberghieri è inferiore a quella degli altri principali concorrenti mediterranei, anche se si nota un lievissimo aumento (66,4 nel 2011 contro 66,3 nel 2010)
  • il tasso di utilizzazione netta degli alberghi spesso non è soddisfacente a causa della forte stagionalità. Recupera nei mesi di luglio e agosto, senza riuscire però a raggiungere alcuni concorrenti come la Spagna, molto più abili nel destagionalizzare l’offerta turistica.

Purtroppo a causa della crisi economica la domanda turistica interna è in netto calo: secondo i dati di Federalberghi, nel 2012 gli arrivi degli italiani sono calati del 10%, mentre sono rimasti stabili gli arrivi stranieri. Le presenze si sono ridotte dell’11%. Il trend è proseguito anche nei primi mesi del 2013.



La situazione in Sardegna
Nel 2012 la Sardegna ha ottenuto 1,9 milioni di arrivi turistici (solo l’1,9% del totale Italia), con un calo del 14,5% rispetto al 2011, dovuto alla contrazione della domanda nazionale (-19% contro il -7,5% di quella straniera). Le presenze turistiche nella regione sono state 9,6 milioni (2,7% dell’Italia), con un -16% rispetto al 2011: gli italiani scendono del 21,7%, gli stranieri del 7,2%. Gli occupati diretti in alberghi e ristoranti raggiungono le 37,2 migliaia di unità (2,9% dell’Italia), pari al 6,1% degli occupati della regione. Gli esercizi alberghieri sono 920 (2,7% dell’Italia), con 108.490 posti letto (4,8% dell’Italia).

Bastano questi pochi dati, impietosamente presentati ai convegnisti, per indicare come il settore turistico stia vivendo un periodo di difficoltà in Sardegna a causa della crisi economica, ma cui si aggiungono anche altre problematiche. La domanda turistica espressa in termini di arrivi presenta un tasso di crescita che passa dal 15,5% nel 2007 al -14,5% nel 2012. Ma è anche una domanda in grande trasformazione, che attrae per fortuna sempre più la clientela estera: il peso degli arrivi turistici stranieri passa dal 24% del 2000, al 35% nel 2007 e al 43% nel 2012, raggiungendo un livello superiore al dato del Meridione (30%), contesto con il quale si confronta maggiormente per tipologia di vacanza e percezione da parte dei turisti, ma comunque ancora inferiore al livello nazionale (48%).

Ciò nonostante la Sardegna mantiene alcune individualità importanti:
  • è la regione meridionale con la più alta intensità turistica: 6.692 presenze per 1000 abitanti, superiore anche al valore nazionale (6.410 notti per 1000 abitanti);
  • è la seconda regione meridionale per tasso di utilizzazione netta degli esercizi alberghieri (36,0%, dato nazionale 38,2%), dopo la Campania (37,5%) e ottava a livello nazionale;
  • è la seconda regione meridionale per concentrazione degli arrivi e delle presenze negli esercizi complementari (arrivi 21,6% e presenze 27,5%; al primo posto c’è la Puglia), decisamente superiore al dato meridionale (rispettivamente 16,4% e 26,5%);
  • è la seconda regione meridionale anche per peso arrivi turistici stranieri, salita al 43% nel 2012 dal 24% del 2000;
  • è la terza regione meridionale per spesa turistica straniera: 605 milioni di euro nel 2012 (14,8% del Mezzogiorno e 1,9% dell’Italia);
  • i turisti stranieri della Sardegna spendono in media più di quelli stranieri del Mezzogiorno e dell’Italia: 98,8 euro contro 70,3 e 92,2 €: in tutti i casi la spesa media turistica straniera è superiore alla spesa media domestica.

Stagione balneare
La Sardegna si caratterizza per una domanda di prodotto prevalentemente balneare, che raccoglie il 43,5% degli arrivi complessivi della regione (peso sul Mezzogiorno del 17% e sull’Italia del 5,0%), concentrazione superiore rispetto a quella nazionale (21,7% e meridionale (34,3%). Va osservata la forte crescita delle aree non turistiche interne, limitrofe a quelle costiere e verosimilmente meno costose, che hanno raggiunto il 53%. .

La forte dipendenza dal fattore balneare fa sì che le strutture alberghiere soffrano di una forte stagionalità, come del resto succede in Italia. Le province principalmente scelte dai turisti sono Olbia-Tempio con la Gallura e la Costa Smeralda (quota del mercato regionale pari al 33,4% per gli arrivi e al 39,8% per le presenze), Cagliari (27,3% per gli arrivi e al 24,1% per le presenze) e Sassari (15,8% per gli arrivi e a 13,3% per le presenze).

La domanda turistica confluisce nel sistema alberghiero per il 78% degli arrivi (80% Italia, 84% Mezzogiorno) e per il 72% delle presenze (67% Italia, 73% Mezzogiorno). Si tratta di una domanda di qualità, che si concentra principalmente nelle strutture alberghiere a 4 e 5 stelle.



L’offerta ricettiva della Sardegna risponde alle esigenze, puntando sulla qualità degli alberghi. Infatti, la regione presenta una concentrazione di alberghi di lusso è maggiore del Mezzogiorno e dell’Italia intera: nel 2011, quasi il 60% dei posti letto appartengono agli alberghi di 4/5 stelle e lusso (46% nel Mezzogiorno e 35% in Italia), che rappresentano a loro volta il 30% dell’offerta alberghiera totale della regione (27% nel Mezzogiorno e 17% in Italia). Anche l’offerta ricettiva complementare risulta importante, come i B&B (2.002 pari al 21% del Mezzogiorno) e gli alloggi agro-turistici (620 pari a 18% del Mezzogiorno), tipologie del settore ricettivo complementare maggiormente diffuse. L’incidenza di tali strutture sulla relativa offerta complementare è maggiore di quella sia meridionale, sia nazionale.

Dall’analisi delle attività dei Tour Operator internazionali, presenti al convegno, si rileva che la Sardegna è all’11° posto in classifica nazionale come meta italiana più promossa (9,9%) ed è al 3° nella classifica meridionale, dopo la Campania (37,9%) e la Sicilia (29,2%). Per il 2013 si prevede un lieve incremento, arrivando al 10,3%.

Rispetto ai temi di visita, la Sardegna è ovviamente tra le destinazioni italiane a forte prevalenza balneare più vendute dai tour operator internazionali. Tuttavia i risultati premiano maggiormente le regioni che possono offrire cultura ed un turismo multiprodotto. Ottengono maggiore attenzione e vengono maggiormente valorizzate dai tour operator regioni come Lazio, Toscana, Veneto, che grazie alle città d’arte sono le prime tre nella graduatoria nazionale per presenza nei pacchetti turistici venduti, nonché Campania e Sicilia, in cui al prodotto-mare si uniscono ad esempio cultura e enogastronomia.

La ricetta anche per la Sardegna sembra dunque chiara: per rilanciare il turismo nell’isola bisogna sfruttare di più le potenzialità inespresse e riposizionare l’offerta, non limitandosi all’unico tematismo balneare stagionalizzato e localizzato, ma puntando su altre attività ed interessi che il territorio sardo è in grado di soddisfare: turismo naturalistico, congressuale, paesaggistico, culturale, artigianale, folkloristico, nautico/sportivo, enogastronomico. Un binomio sicuramente vincente potrebbe essere quello tra turismo e agroalimentare, che ha generato in Italia, nel 2011, il 5,4% dei flussi turistici complessivi.

La Sardegna ha 178 prodotti agroalimentari tradizionali, pari all’11% del Mezzogiorno e si contraddistingue per la loro grande qualità: i prodotti DOP e IGP certificati sono 7, mentre i vini DOP sono 18, di cui 1 DOCG, e quelli IGP sono 15. La Sardegna è inoltre la regione meridionale, dopo la Campania, con la maggiore presenza di aziende agrituristiche: ben 800, pari al 19,4% del Mezzogiorno ed al 4% dell’Italia.
Impatto economico sul territorio

L’incidenza diretta del settore turistico in Sardegna sul totale del valore aggiunto è maggiore della media meridionale e nazionale (7,4% contro il 5,4% del Mezzogiorno e il 6% dell’Italia). Il valore aggiunto turistico della Sardegna è di 2,3 miliardi di euro e pesa il 13,2% sul valore aggiunto turistico meridionale (17.453 milioni di euro) e il 2,8% su quello nazionale (82.833 milioni di euro). Per ogni presenza aggiuntiva, nuovo arrivo o prolungamento di presenza, si generano 63,8 euro di valore aggiunto, un valore inferiore sia al dato medio meridionale (70,8 €) che a quello italiano (103,4 €). Pertanto, in Sardegna il ruolo, il peso e il “valore economico” del turismo hanno evidenti margini di crescita. Sfruttando le sinergie tra turismo e filiera agroalimentare, l’impatto economico di una singola presenza aggiuntiva passerebbe a 73,8 €. Se si attuassero pienamente le sinergie organizzative e produttive tra la ricchezza del settore agroalimentare ed enogastronomico e il sistema turistico integrato (balneare, culturale, folkloristico) aumenterebbe, quindi, nel medio periodo, la capacità endogena di creazione di ricchezza della Sardegna in relazione all’aumento di presenze turistiche.

Secondo Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, nonostante le difficoltà legate alla crisi, la Sardegna continua a godere di un buon posizionamento complessivo rispetto al resto del Mezzogiorno: è la prima regione meridionale per intensità turistica, addirittura superiore alla media italiana, e la seconda per tasso di utilizzazione netta degli esercizi alberghieri e per concentrazione delle presenze negli esercizi complementari. Esistono però ampi margini di crescita. Il turismo è un settore trasversale, in grado di attivare ricchezza in ambiti collaterali: un incremento delle presenze pari al 20% produrrebbe nuovo valore aggiunto per 836 milioni di euro, di cui 460 milioni per effetti diretti e 376 da ricondurre a contributi indiretti, cioè maggiori acquisti da fornitori e maggiori investimenti.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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