Gli 'early warnings”, ovvero i cosiddetti segnali deboli. Non facili da percepire ma che, allorquando percepiti, ben delineano lo stato futuro. E di questi tempi, percepire uno stato futuro che sia desiderato piuttosto che temuto è di per sé elemento gioioso. Ecco, lo stato desiderato futuro di cui abbiamo captato gli early warnings, è quello della pizza napoletana a Napoli e dintorni. Le condizioni a contorno non sono tra le migliori se solo pensiamo allo stato della città, da poco uscita dall'emergenza rifiuti ma sempre attanagliata da problemi gravosi.
E nello specifico del mondo della pizza poco chiara è la situazione sia per quanto attiene la Stg, vissuta con scarsa attenzione dai pizzaioli (è un capitolato a cui è arduo attenersi, evidentemente!), sia per proclami che sovente trasudano demagogia da parte di arrancanti associazioni. Tutto ciò posto in premessa, si assiste con ammirato stupore a questo rinascimento della pizza napoletana grazie all'operato quotidiano, fattivo e laborioso, ovvero fatti concreti e chiacchiere soltanto come il sale, ovvero q.b. (quanto basta), ovvero poche!
Un team permeato da schietti sentimenti di colleganza, e giammai di concorrenza, da bella amicizia e dal dichiarato e palese intento comune sintetizzabile in due chiari e semplici assunti:
- fare la pizza è arte più che mestiere e senza passione vera nulla si può;
- l'artista pizzaiolo, splendido artigiano, si prende cura di tutti gli anelli a monte della pizza 'impiattata”; e ciò va dalla costruzione del forno, alla scelta della farina, dell'olio extravergine d'oliva, dei pomodori e insomma all'eccellenza qualitativa di tutti gli ingredienti che poggiano sul disco di pasta.
Il team leader, per storia personale, per magma carismatico, per abilità indubbia, per propensione all'insegnamento ed alle relazioni è senza dubbio alcuno il Maestro Pizzaiolo Enzo Coccia con la sua bina pizzeria (vecchia e nuova sede, con la vecchia appena rinnovata) in via Caravaggio a Napoli: La Notizia. Ne abbiamo già scritto, ancora ne scriveremo.
Nel centro storico, crocevia di flussi turistici e di quotidiano viavai di napoletani indaffarati che mai, neanche a pranzo, cederebbero all'insulsa idea di un panino veloce in piedi, il prode Gino Sorbillo con eponima pizzeria 'Sorbillo”.
Nel popolare quartiere della Pignasecca, bretella che collega la centralissima Via Toledo ai quartieri alti ed agli snodi di cumana e funicolare, nonché mercato perenne, il prode Attilio Bachetti con la sua eponima pizzeria 'Attilio”, presenza storica della Pignasecca. Ne scriveremo a breve.
Questo il tris d'assi stracittadino che assolutamente non vuol dire, ci mancherebbe, che si sia esaurito il numero (e i nomi soprattutto) delle eccellenze delle pizzerie napoletane. Ce ne sono, sì che ce ne sono!
Due gemme '
extra moenia”, se così possiamo definirle. A San Giorgio a Cremano, appena fuori Napoli alle falde del Vesuvio, Salvatore Salvo che insieme con i fratelli conduce la storica pizzeria 'da Salvo tre generazioni” di cui abbiamo scritto di recente. A Caiazzo, sugli eponimi colli caiatini (qui è il vitigno pallagrello), in provincia di Caserta, la Pizzeria Pepe di cui è anima Franco Pepe, entusiasta della sua arte.
Impasto fatto a mano tutti i giorni con il criscito, ovvero con il lievito madre. Splendide pizze della tradizione, nei fine settimana la fila fuori in paziente attesa. Fulgida oasi di eccellenza in territorio che altrimenti vivrebbe, per quanto attiene le pizzerie, di mediocrità. Ne scriveremo a breve.
Se di tris d'assi si è parlato per gli stracittadini, allora per Salvo e Pepe parliamo di coppia di re. Ecco, la pizza napoletana a Napoli e dintorni tutela la sua essenza, si valorizza con serena serietà, non si lascia indurre in errori comportamentali da improvvide sirene suggeriti e guarda avanti con idee chiare e lodevoli intenti grazie a questo 'full”. Gliene rendiamo ampio merito.