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Molino Paolo Mariani
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Guerra fredda tra Consorzi Per il Branzi la Dop resta lontana

La produzione totale è di oltre 120mila forme, per un valore che si aggira sui 15 milioni di euro. La polemica verte sulla zona di produzione che la val Brembana non vuole estendere alle valli Cavallina e Seriana. Intanto la Dop si allontana e il formaggio non è protetto da marchio internazionale

29 luglio 2011 | 09:36

Guerra fredda tra Consorzi Per il Branzi la Dop resta lontana

La produzione totale è di oltre 120mila forme, per un valore che si aggira sui 15 milioni di euro. La polemica verte sulla zona di produzione che la val Brembana non vuole estendere alle valli Cavallina e Seriana. Intanto la Dop si allontana e il formaggio non è protetto da marchio internazionale

29 luglio 2011 | 09:36

è tregua o addirittura disinteresse? è calato il silenzio da oltre tre anni sulla possibilità di arrivare a richiedere e ottenere la Dop (Denominazione d'origine protetta) per il Branzi, uno dei formaggi più tipici e conosciuti della provincia di Bergamo. Tregua, impossibilità di raggiungere un accordo o disinteresse da parte dei due Consorzi (il "Consorzio tutela Formaggio Branzi" e il "Consorzio dei produttori del formaggio Branzi") che a suo tempo hanno avanzato in Regione Lombardia, ognuno per conto proprio, la richiesta di Dop? Le due pratiche sono sempre ferme in Regione, in attesa che i due consorzi si parlino e arrivino a formulare una proposta unica.



Solo una proposta unica può infatti arrivare con buone prospettive prima a Roma e poi a Bruxelles, dove ottenere la Denominazione di Origine Protetta. Il pasticcio solleva non poche perplessità: il buon senso vorrebbe che il Branzi - un formaggio che ha oltre tre secoli di storia alle spalle - avesse un unico consorzio e soprattutto un unico marchio di identità e di protezione.

Il "Consorzio Tutela Formaggio Branzi" è stato costituito nel 2005 ed è formato oggi da tre produttori (Casera Monaci di Almenno San Salvatore, Caseificio Paleni di Casazza, Caseificio Fratelli Paleni di Gromo) che insieme arrivano a produrre 250 forme al giorno, vale a dire circa 65 mila forme l'anno. C'è poi il "Consorzio dei produttori del formaggio Branzi", a cui fanno capo la Latteria sociale casearia di Branzi (una ottantina di conferitori di latte) e la Cooperativa agricola sociale Sant'Antonio di Vedeseta. Insieme arrivano a produrre 38 mila forme l'anno. C'è infine l'azienda Monaci di San Giovanni Bianco, che per ora non aderisce a nessuno dei due consorzi, e che produce circa 20 mila forme l'anno, portando il totale della produzione del Branzi a oltre 120 mila forme. Si tratta di 1.300 tonnellate di prodotto (ogni forma pesa mediamente 11 chili) con un valore commerciale di partenza dai caseifici che si aggira sugli 8-9 milioni di euro e che al dettaglio di vendita arriva a valere 13-15 milioni di euro.

Il Branzi: una realtà economica non piccola, come si può vedere, ma che - spiace scriverlo - non è unita nella denominazione e nella promozione. Soprattutto, questa divisione impedisce di arrivare alla Dop, marchio europeo che tutela il prodotto da imitazioni o contraffazioni. Sin che non c'è la Dop, il Formaggio di Branzi potrebbe essere prodotto anche fuori della zona attuale di produzione. Ma quale dovrebbe essere la zona di produzione vincolata? E' proprio questo l'oggetto della 'guerra” tra i due consorzi, polemica che ha fatto arenare la pratica in Regione a Milano.

Francesco MaroniFrancesco Maroni (nella foto) è direttore della Latteria sociale di Branzi e segretario del "Consorzio dei produttori del formaggio di Branzi":«Se crediamo nelle parole tipico e tradizionale - afferma - dobbiamo circoscrivere la zona di produzione alle montagne e alle vallate che da secoli producono questo tipo di formaggio. Non possiamo far entrare nella Dop zone di collina dove si produce il nostro stesso formaggio da soli 20 o 30 anni. Il formaggio ha una sua connotazione, oltre che un suo territorio, che va necessariamente ristretto alla Val Brembana, alla Val Serina e alla Valle Imagna, oltre ad Aviatico, Oneta e Selvino, da sempre luoghi di produzione del latte che usiamo. Non si può arrivare fino a tutta la Val Seriana e alla Val Cavallina, altrimenti si snatura il prodotto tipico. Il Branzi va fatto con latte della zona, prodotto da bovine di razza bruno alpina alimentate con foraggio della zona; e va lavorato e stagionato in loco. Cosa che noi facciamo a Branzi e a Vedeseta».

«La stessa Camera di Commercio - prosegue Maroni - ci dà ragione perché nel disciplinare del Branzi, inserito tra i prodotti a marchio camerale "Bergamo città dei Mille…sapori", si legge letteralmente: La zona di produzione del Branzi è rappresentata dall'intero territorio delle Comunità montane della Valle Brembana e della Valle Imagna, oltre ai Comuni di Aviatico e Oneta della Comunità montana della Val Seriana, tutti ubicati in provincia di Bergamo».

«Come noi non produciamo prodotti tipici di altre zone - aggiunge il segretario del Consorzio dei produttori del formaggio di Branzi - ad esempio la formaggella della Valle Seriana o di Bossico, così gli altri dovrebbero rispettare la nostra tradizione secolare. Siamo aperti al dialogo ma ci sono dei punti fermi sui quali non possiamo transigere. Il nostro obiettivo è tutelare il prodotto e garantire la provenienza del latte, favorendo il lavoro degli allevatori, ai quali diamo una giusta remunerazione. Non vogliamo fare discorsi da business che guardano solo a interessi aziendali. Abbiamo una storia e una qualità da difendere e quindi procediamo per la nostra strada. Non vogliamo fare come i nostri colleghi valtellinesi, che hanno allargato la zona di produzione del Bitto per poi ritrovarsi che la zona storica fa marcia indietro e si stacca dagli altri produttori».

Di tutt'altro parere, ovviamente, Claudio Paleni, titolare del caseificio di Casazza e presidente del Consorzio Tutela Formaggio Branzi: «Non si può costruire un prodotto a Dop sulla base del proprio tornaconto e basta. Selvino, ad esempio, cosa c'entra in tutto questo? Solo perché attualmente ci sono conferitori di latte anche lassù, ma non mi si dica che è zona storica per il Branzi. La mia azienda conta 55 anni di produzione e 25 anni di marchio depositato. Rispettiamo in pieno lo stesso disciplinare che viene rispettato a Branzi. Il latte è reperito nelle valli bergamasche. Sulla qualità del prodotto non abbiamo dubbi. Il consumatore però è un po' confuso di fronte a marchi commerciali diversi. Pensiamo che sarebbe nell'interesse di tutti raggiungere un accordo che ci permetta di arrivare alla Dop, il che significherebbe chiarezza per tutti. Noi siamo disponibili a ogni soluzione, anche a distinguere tra Branzi di montagna e Branzi di valle, daremmo pure la sede e la presidenza a Branzi, ma non è possibile lasciar fuori dalla Dop la maggior parte della produzione attuale, più di 65 mila forme».

«Il paragone con quanto successo per il Bitto - continua Paleni - non regge, perché in Valtellina si è allargata la zona produttiva a territori che non avevano la tradizione e la produzione che noi invece abbiamo da decenni. Quanto al disciplinare della Camera di Commercio devo precisare che la zona è stata circoscritta in questo modo su intervento della Cooperativa di Branzi che è arrivata prima di noi, ma siamo certi che il disciplinare si possa correggere sulla base della documentazione che porteremo. Quel disciplinare non ha comunque alcun valore vincolante. C'è anche un Bollettino ufficiale della Regione Lombardia del 21 aprile 2000 che a proposito del territorio di produzione del formaggio Branzi scrive chiaramente Valle Brembana e Valle Cavallina. Chissà perché poi la Valle Cavallina è sparita. Ricordo infine che nel 1999 Valle Cavallina e Valle Brembana avevano lavorato insieme alla Regione per arrivare alla Dop. Poi tutto si è fermato e, per ragioni campanilistiche, il dialogo si è interrotto. Noi comunque abbiamo continuato a lavorare bene e a contribuire alla conoscenza e alla diffusione del Branzi sul mercato locale e nazionale».



Le divisioni, intanto, disorientano il consumatore che, a questo punto, può legittimamente chiedersi: ma qual è il vero Branzi? E qual è il consorzio che offre le maggiori garanzie sulla genuinità del prodotto? I due enti vanno per la propria strada, lo stanno facendo da anni e ognuno rimane convinto delle sue buone ragioni. Tuttavia, sia l'uno che l'altro consorzio evitano di entrare in palese conflitto, a parte qualche colpetto basso nelle parole e nei fatti (vedi concorrenza di mercato e di prezzo). Nonostante le diverse posizioni - che, su alcuni punti, non collimano per nulla - tengono un profilo basso. Segno che, in qualche modo, la strada del dialogo non è chiusa e può essere ripresa. Non è da escludere - anche se per ora sembra molto difficile - che un domani si arrivi al chiarimento tra le parti, nell'interesse di tutti.


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