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Viticoltori in piazza ad Asti «Se non ci aiutano, le colline muoiono»

Centinaia di viticoltori sono arrivati in piazza Alfieri ad Asti, davanti al palazzo della Provincia e della Prefettura, per dire chiaro al mondo politico che le aziende agricole non ce la fanno più ad andare avanti con i grappoli che sfiorano ribassi da fame e i vini svenduti all’ingrosso

 
03 settembre 2010 | 15:37

Viticoltori in piazza ad Asti «Se non ci aiutano, le colline muoiono»

Centinaia di viticoltori sono arrivati in piazza Alfieri ad Asti, davanti al palazzo della Provincia e della Prefettura, per dire chiaro al mondo politico che le aziende agricole non ce la fanno più ad andare avanti con i grappoli che sfiorano ribassi da fame e i vini svenduti all’ingrosso

03 settembre 2010 | 15:37
 

foto Vittorio Ubertone - www400Asa.itASTI - Distillazione dell'invenduto, ristrutturazione del comparto, avvio di una vera promozione del prodotto e rifiuto di ogni strumentalizzazione politica. Sono le richieste dei vignaioli scesi in piazza ad Asti. Una manifestazione civile, quella del 2 settembre, organizzata dalla Vignaioli Piemontesi insieme ad alcuni Consorzi di tutela, Cia e Confcooperative (astenute Coldiretti e Confagricoltura).

Dunque alle 9 di giovedì mattina centinaia di viticoltori sono arrivati in piazza Alfieri ad Asti, il 'salotto buono” della città del Palio e del concorso enologico Douja d'Or, proprio davanti al palazzo che ospita la Provincia e la Prefettura. Ai lati dell'edificio un paio di camionette di carabinieri e poliziotti in divisa antisommossa.

Una misura dovuta dai protocolli di ordine pubblico che, per fortuna, non è mai venuto meno. I contadini hanno protestato civilmente portando avanti senza trascendere le proprie tesi.

Una sola la parola d'ordine: far sentire il proprio disagio sociale ed economico e dire chiaro al mondo politico che così non si può andare avanti, che le aziende agricole impegnate nella coltivazione delle uve barbera, dolcetto e brachetto non ce la fanno più ad andare avanti con i grappoli che ormai sfiorano ribassi da fame e i vini che sono svenduti all'ingrosso anche a 30 centesimi il litro, salvo poi spuntare sulla tavola dei consumatori a 10, 20 a volte tenta volte tanto.

Insomma una situazione di schizofrenia economica che ha mandato in tilt gli anelli della debole della catena che storicamente sono vignaioli e cantine sociali.

Da qui l'idea di una protesta eclatante, con la gente dei filari in piazza e punti di distribuzione gratuita di vini Dolcetto, Barbera e Brachetto (a fine mattinata ne sono stati distribuiti centinaia di litri), «è stata una provocazione ma senza svergognare il nostro vino – ha spiegato Giulio Porzio, presidente della Vignaioli Piemontesi, associazione che raggruppa vignerons e cantine sociali – Regaliamo il vino – ha aggiunto Porzio – per farlo degustare a far vedere che è buono, che noi lavoriamo non per la distillazione ma per il mercato e che oggi abbiamo bisogno di aiuto perché il mercato rischia di schiacciarci».

Parole accolte dalla piazza affollata da 600 contadini con striscioni e cartelli.

Porzio ha poi concesso a Sdp una videointervista in cui spiega i termini della protesta contadina. Altri contributi in video sono stati quelli di Luigi Scovazzi, sindaco di Quaranti paese agricolo nel Sud dell'Astigiano, Adriano Salvi, giornalista pubblicista esperto di vino e direttore del portale Barbera.it.

foto Vittorio Ubertone - www400Asa.itTutti hanno segnalato il forte disagio di operatori di un settore in gravissima crisi, «Con redditi ben al di sotto della soglia di povertà» ha detto Paolo Ricagno, presidente della cantina sociale Vecchia Alice e Sessame anche a capo del Consorzio di tutela del Brachetto e dei vini d'Acqui. «La manifestazione di oggi - ha precisato ancora Ricagno - non è contro qualcuno, non è una presa di posizione politica. Vuole rimarcare la sofferenza di gente che fatica e non vede risultati del proprio lavoro. Di gente che non va sui tg perché non blocca gli aerei dei vip o non  scrive al Presidente della Repubblica. Ma noi - ha avvertito il presidente del Consorzio del Brachetto - siamo qui e ci mettiamo la faccia perché vogliamo che il mondo politico piemontese si renda conto della situazione grave in cui versa gran parte della viticoltura piemontese».

Sul palco ricavato dal rimorchio trainato da un trattore si sono alternati vari relatori.

Oltre a Porzio e Ricagno, hanno parlato Enzo Gerbi, presidente del Consorzio dei Vini d'Asti e del Monferrato, Mauro Colombo, del Consorzio dei Colli Tortonesi, e una pattuglia di politici composta, in parcondicio, da due esponenti del centrosinistra, il deputato Massimo Fiorio e la consigliera regionale Angela Motta, entrambi astigiani e del Pd; la senatrice Rossana Boldi e il vicepresidente del Consiglio regionale, Riccardo Molinari, alessandrini e eletti per la Lega Nord.

Diciamo subito che da tutti sono giunte parole di solidarietà ai contadini.

Fiorio ha ricordato il valore del vino italiano per la bilancia nazionale in tema di export, 3,5 miliardi di euro e la necessità di sbloccare fondi e risorse a supporto del settore. La senatrice Boldi ha parlato dei 2,1 milioni di euro che l'assessorato regionale all'Agricoltura avrebbe già stanziato a sostegno della viticoltura in crisi e assicurato la sua personale attività a favore del reperimento di altri e più congrui fondi. Angela Motta ha segnalato la necessità di trovare nuovi mercati e di modificare la legge sul tasso alcolemico che «tratta i consumatori di vino come tossicodipendenti». Molinari, infine, ha promesso attenzione continua della Regione a guida leghista, «verso il lavoro dei contadini».

In campo anche Slow Food che, attraverso il vicepresidente nazionale, Silvio Barbero, ha tracciato la linea da seguire per il rilancio dei vini rossi piemontesi secondo il movimento fondato da Carlo Petrini. «Portiamo la solidarietà al contadini ma per rilanciare il vino non servono misure d'emergenza - ha detto Barbero -. La distillazione ha aggiunto è solo un provvedimento tampone che non  risolve». Per Slow Food si devono privilegiare le produzioni autoctone e avviare una battaglia politica e culturale per non produrre troppo per poi buttare o svendere, evitando l'ampliamento delle zone di produzione e la coltivazione di vitigni non indigeni, «che abbassano la qualità e moltiplicano le giacenze. Le viti - ha concluso il vicepresidente nazionale di Slow Food - dovrebbero essere piantate solo nelle zone altamente vocate limitando i nuovi impianti al fine di migliorare la qualità e diminuire le rese».

Anche gli enti locali sono intervenuti con una lettera che tre Comunità collinari (Valtiglione e Dintorni, Tra Langa e Monferrato e Vigne e Vini) hanno inviato a Regione Piemonte, Provincia di Asti, Camere di Commercio, parlamentari piemontesi, consorzi vinicoli, sindacati e Confcooperative.

Nel documento, firmato da sindaci e amministratori pubblici, in sostanza si chiede un piano di rilancio della Barbera, la formazione di un tavolo di studio che elabori strategie economiche, fiscali e di promozione.

A fine manifestazione una delegazione degli organizzatori è stata ricevuta dalla presidente della Provincia di Asti, Maria Teresa Armosino, anche parlamentare del Pdl, che ha assicurato il suo interessamento e quello di tutti i politici astigiani.

A questo proposito sarebbe anche giunta una lettera del sottosegretario Gianni Letta che avrebbe dato la disponibilità del Governo a aprire un tavolo di discussione sul problema della crisi dei vini rossi piemontesi che coinvolge così pesantemente 12 mila famiglie.

«Sono soddisfatto di come sono andate le cose – ha detto a Sdp Giulio Porzio -. Al di là dei boicottaggi che hanno limitato la presenza dei contadini in piazza, l'evento ha avuto una grande eco mediatica e tra i politici locali e nazionali. Era quello a cui puntavamo insieme all'avvio di un itero concreto che ci porti ad un azzeramento della situazione e ad un nuovo capitolo di rilancio del comparto».



Fonte: Sapori del Piemonte Blog

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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