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Quote latte: che cosa sono?

Il termine “quota latte” ne sostituisce uno più tecnico e meno comune, il prelievo supplementare, ovvero uno strumento di politica agraria. Questo provvedimento è stato introdotto nel 1984 nel regolamento comunitario per evitare surplus agricoli, ovvero produzioni non necessarie di un bene agricolo

 
12 luglio 2010 | 15:02

Quote latte: che cosa sono?

Il termine “quota latte” ne sostituisce uno più tecnico e meno comune, il prelievo supplementare, ovvero uno strumento di politica agraria. Questo provvedimento è stato introdotto nel 1984 nel regolamento comunitario per evitare surplus agricoli, ovvero produzioni non necessarie di un bene agricolo

12 luglio 2010 | 15:02
 

Introdotto dal regolamento comunitario 856/1984 del 31 marzo 1984 (sostituito poi dal regolamento 3950/92 del 28 dicembre 1992 e infine dal regolamento 1788/2003 del 29 settembre 2003), la 'quota latte” si riferisce al regime comunitario (Ue) del 'prelievo supplementare”. Il regime del prelievo supplementare è uno strumento di Politica agraria comunitaria (Pac) che impone agli allevatori europei un prelievo finanziario per ogni chilogrammo di latte prodotto oltre un limite stabilito (quota latte). Gli acquirenti di latte (latterie, caseifici, ecc.) fungono in pratica da sostituti di imposta: essi devono tenere monitorate le consegne di latte dei produttori conferenti e nel momento in cui questi ultimi superano la quota latte devono trattenere - dall'importo che periodicamente liquidano ad essi come pagamento per il latte acquistato - il prelievo stabilito dalle norme comunitarie.

Le quote latte, dunque, si configurano come un regime di contingentamento della produzione; una misura ascrivibile al gruppo degli strumenti volti a regolare l'offerta. Si tratta di una misura che interviene sulle decisioni dell'imprenditore, disincentivando fortemente la produzione di un bene oltre certi limiti. La quota è dunque semmai 'una sorta di autorizzazione amministrativa a commercializzare il latte senza pagare penale” (prima Relazione della Commissione governativa d'indagine sulle quote latte); una definizione efficace, anche se alla parola 'penale” si potrebbe preferire 'tributo”.

In realtà in Italia nel 1983 la produzione era stata sottostimata a causa della forte frammentazione dell'attività produttiva, una statistica che verrà pagata molto cara negli anni: vennero denunciati 9 milioni di tonnellate l'anno, quando la media nazionale era di 11,5 milioni di tonnellate. Negli anni successivi, quando ormai le quote erano state fissate ma la produzione eccedeva continuamente, l'Italia si trovò a dover fronteggiare una multa per compensare l'eccesso di produzione, che sarebbe poi ricaduta sui conti delle singole aziende. Infuriò una battaglia diplomatica fino al 1992, con numerose proteste anche da parte degli agricoltori, quando l'Italia vinse contestando l'ulteriore taglio delle quote di ogni stato membro, al nostro paese era stata assegnata la quota di 9 milioni di tonnellate nel 1989. Vennero presi provvedimenti a livello nazionale atti a monitorare l'attività delle singole aziende, stimare le quantità di latte effettivamente prodotto e individuare eventuali comportamenti fraudolenti, nel frattempo l'Italia si oppose al pagamento di una multa da 5.600 miliardi delle vecchie lire, secondo le fonti più pessimistiche, che riteneva iniqua. La commissione dell'agricoltura ritenne giusta la posizione del nostro paese in merito, la quota italiana tornò ad essere di 9,9 miliardi di tonnellate, la multa venne abbassata considerando retroattivo questo valore fino al 1989. La produzione eccedeva comunque, quindi la multa doveva esserci, ma stavolta ridotta a 2,5 mila miliardi. Naturalmente vi erano alcuni stati membri che si opposero a questo provvedimento, chiedendo di non considerare la retroattività della legge e di far pagare la multa per intero.

Successivamente le proteste degli agricoltori si focalizzarono sul far pagare la multa solo ai responsabili dell'eccedenza, ovvero le aziende che non avevano dichiarato la quota in base alla reale produzione, ma solo secondo la scarsa produzione dell'anno di riferimento. In questo modo giustizia sarebbe stata fatta, mediando per un pagamento rateale di oltre 30 anni della multa da parte di quelle aziende che operarono fuori dalla legalità.

Ad oggi, secondo il ministero dell'Agricoltura, la battaglia diplomatica è stata vinta: l'Italia ha ottenuto un trattamento di favore nel calcolo futuro delle quote, mentre per gli altri paesi è previsto un aumento dell'1% per 5 anni, l'Italia ha ottenuto il 5% a partire dal 1 aprile 2009, si parla di 620mila tonnellate di latte, pari a un valore di mercato annuo di circa 240 milioni di euro, cifre che consentono di gestire i quantitativi in esubero a livello nazionale. Il ministro ha precisato che non ci saranno sanatorie per i cosiddetti ‘splafonatori', un neologismo di dubbio gusto per riferirsi a coloro che negli anni hanno dichiarato di meno di quanto producevano. Le quote verranno ripartite anche a loro: «Si tratta - ha dichiarato il Ministro - di riportare alla legalità coloro i quali, in virtù di un sistema iniquo, sono stati costretti a lavorare al di fuori della legalità». Naturalmente anche queste dichiarazioni hanno suscitato diverse polemiche: secondo gli agricoltori, infatti, il decreto serve a proteggere proprio chi ha ecceduto nella produzione, invece di aiutare chi ha vissuto nella legalità.

Sono stati 24 anni di trattative e di proteste, durante i quali molte aziende agricole che commerciavano soprattutto latte sono state costrette a chiudere. Non siamo usciti certo senza cicatrici, soprattutto per un paese come il nostro dove il settore primario è quello fondamentale. Questa, sicuramente, è la prima cosa da tenere presente: senza agricoltura ed allevamento non si mangia. Preservare questo settore senza conflitti è la cosa principale, specialmente guardando al futuro incerto che ci attende.

Di seguito il quadro sintetico elaborato da Confagricoltura, organizzazione agricola italiana che rappresenta e tutela le imprese associate nei confronti delle istituzioni e fornisce informazioni e servizi.

Da chi sono state pagate le multe per le quote latte?
Quelle non saldate dai produttori sono costate a tutti. Professionisti, dirigenti, impiegati, operai, artigiani... La storia infinita delle quote latte la paghiamo tutti attraverso le nostre tasse, denaro usato per compensare l'arrogante scorrettezza di alcuni, invece di contribuire alle spese per le pensioni, per gli invalidi, per la sanità, per l'istruzione o la ricerca. Tutti scontiamo l'operato di chi non ha voluto rispettare le regole.

Quanto?
Finora le multe per aver superato i limiti di produzione sono costate all'Italia e ai cittadini 2,168 miliardi di euro, solo negli ultimi anni.

Cosa sono le quote latte?
Sono una sorta di autorizzazione amministrativa a commercializzare il latte entro un determinato quantitativo, senza pagare penale. Si tratta di limiti alla produzione introdotti, nel 1984, paese per paese, per far fronte alle eccedenze del latte e dei suoi derivati dall'Unione Europea.

Chi supera i limiti è fuorilegge?
No, ogni produttore può regolarsi come crede, ma se supera i limiti è tenuto a pagare un extra, il prelievo supplementare. In pratica ogni allevatore deve attenersi al proprio quantitativo di riferimento, se produce di più (sfora) e deve pagare.

Le multe
Le multe fino al ‘95 sono state pagate dallo Stato. Nel 1996, la determinazione, per la prima volta, di sanzioni ai produttori responsabili delle multe, scatena le proteste degli allevatori. Negli anni successivi i tetti continuano ad essere superati sempre dagli stessi produttori. Il problema assume grande rilevanza mediatica: i Governi insediano apposite commissioni d'indagine, da cui risulta che la maggior parte degli allevatori è stato alle regole, mentre una minoranza, sempre la stessa, ha prodotto di più senza pagare le multe.

Il decreto Zaia
Nel marzo 2009 Confagricoltura manifestò ad Arcore e a Gemonio, davanti alle case di Silvio Berlusconi e di Umberto Bossi, per protestare contro il decreto Zaia che definiva le modalità d'assegnazione delle quote appena ricevute dall'Unione europea.

Cosa pensa Confagricoltura?
Confagricoltura è per le regole e la legalità: un settore così importante per l'agroalimentare italiano non può essere oggetto di continui attacchi mediatici e giurisdizionali da parte sempre dello stesso manipolo di produttori di latte. Le regole ci sono e non è possibile sostenere una minoranza di allevatori che, certi dell'impunita', sforano le quote e non pagano le multe. Confagricoltura crede che la legge deve essere uguale per tutti e questa basilare certezza non può essere cambiata. La legge 33/2009, nelle intenzioni del proponente, avrebbe dovuto consentire al settore lattiero di mettersi definitivamente alle spalle il lungo periodo di 'anarchia” che tanti danni ha creato all'erario e che così negativamente ha influenzato l'andamento delle quotazioni del latte. Ora gli allevatori di Confagricoltura vogliono tornare alla normalità, a un sistema credibile basato su leggi che vanno rispettate: chi ha sbagliato deve pagare, subito, ciò che è dovuto.

Situazione ricorsi dal 1995/1996 al 2008/2009

n Imputazioni dal '95 al 2009

59.090

Importo a debito euro

2.250.000.000

totale ricorsi n

29.679

totale imputazione ricorsi euro

1.610.000.000

totale ricorsi risolti n

7.699

totale imputazione ricorsi risolti euro

620.000.000

imputazioni sospese per ricorsi n

21.980

importi imputazioni sospese per ricorso euro

990.000.000


Legge 119/2003 - situazione al al 07/07/2010
Sesta Rata Scaduta al 31 /12 /2009 e non piu prorogabile

n° aziende che hanno rateizzato

importi attesi euro

n° aziende che hanno versato

Importi Versati euro

Differenza versamenti euro

Differenza aziende

11.489

24.457.059

10.779

21.559.157

-2.897.902

-710



n Imputazioni dal '95 al 200959.090
Importo a debito euro2.250.000.000
totale ricorsi n29.679
totale imputazione ricorsi euro1.610.000.000
totale ricorsi risolti n7.699
totale imputazione ricorsi risolti euro620.000.000
imputazioni sospese per ricorsi n21.980
importi imputazioni sospese per ricorso euro990.000.000

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