VERONA - Pane fresco o conservato? Gli italiani preferiscono quello fresco artigianale, ma fanno fatica a riconoscerlo al momento dell'acquisto. Un consumatore su quattro infatti - secondo i dati dell'indagine Swg per la Federazione italiana panificatori diffusi al Siab nella giornata nazionale del pane fresco - dichiara di non sapersi districare nei meandri della variegata offerta presente soprattutto nella Gdo.
Pane conservato, precongelato, pane in cassetta, baguette ingannatrici appena sfornate, ma non per questo fresche e artigianali, rappresentano motivo di confusione per i consumatori che ora chiedono maggior trasparenze e certificazioni sulla qualità. Non solo: secondo l'indagine, i consumatori sarebbero pronti a spendere di più pur di riconoscere con certezza il pane fresco artigianale al momento dell'acquisto. Nove su dieci infatti giudicano importante l'introduzione di un marchio che permetta di distinguere la qualità, al punto di essere disposti a spendere il 5,6% in più del budget per l'acquisto di pane artigianale certificato.
Numeri che secondo la Federazione italiana panificatori evidenziano una situazione insostenibile per il consumatore che tutt'oggi continua a non avere elementi per riconoscere che genere di pane compra nella Gdo. Un pane, quello della grande distribuzione organizzata, che solo nel 10% dei casi è fresco e che potrebbe essere facilmente confuso con quello artigianale perché è stato 'appena sfornato”, ma in molti casi può essere surgelato o prodotto altrove, anche fuori dall'Ue.
Una situazione inaccettabile, anche sul fronte della tracciabilità: «Attualmente l'etichetta di definizione indica solamente dove è stato terminato di cuocere il pane, ma non dove è stato preparato e da chi né quanto tempo ha impiegato per farlo - ha dichiarato il presidente della Fippa, Luca Vecchiato -. Solo il fornaio invece può garantire la qualità dei prodotti freschi e genuini mettendo il nome e la propria faccia sul pane che prepara ogni notte».
Ecco perché da anni la federazione si sta battendo per far applicare per il pane quanto accade già per il latte, denominando pane fresco il prodotto che non ha subito congelazione o altri metodi di conservazione e pane conservato gli altri tipi di pane, riportando in etichetta anche il metodo di produzione e le modalità di conservazione e consumo. Una distinzione che doveva essere applicata già dal 2007 dopo le liberalizzazioni del Decreto Bersani, ma il regolamento attuativo previsto dalla Legge n. 248 del 2006, non è stato mai emanato.
Per questo la federazione si è impegnata in prima persona a tutelare la domanda e l'offerta attraverso il Bollino bianco, il marchio dei panificatori artigianali che indica con certezza dove poter comprare il pane fresco artigianale nei 25mila forni del Paese. Un'autocertificazione dove i panificatori mettono nome e faccia, conosciuta secondo l'indagine Swg dal 38% degli italiani e ritenuta utile da nove italiani su dieci.