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Le cause degli incidenti stradali: percezione versus realtà

Secondo la ricerca dell'istituto Piepoli le roghe e alcol incidono soltanto per il 3,8% negli incidenti stradali sulle strade italiane. Le statistiche indicano che la responsabilità degli incidenti stradali sia da attribuirsi per il 90-95% a dinamiche che registrano il contributo dell’errore umano

 
01 dicembre 2009 | 17:01

Le cause degli incidenti stradali: percezione versus realtà

Secondo la ricerca dell'istituto Piepoli le roghe e alcol incidono soltanto per il 3,8% negli incidenti stradali sulle strade italiane. Le statistiche indicano che la responsabilità degli incidenti stradali sia da attribuirsi per il 90-95% a dinamiche che registrano il contributo dell’errore umano

01 dicembre 2009 | 17:01
 

Uno dei temi che più colpiscono oggi l'opinione pubblica è quello dell'incidentistica stradale, che spesso coinvolge in modo grave, con feriti e morti, giovani da poco entrati nell'età adulta. Gli incidenti stradali, in Italia, rappresentano la prima causa di morte nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni e sono determinati da fattori legati al guidatore, al mezzo e alle condizioni stradali, che tra di loro interagiscono.

Tra questi, i fattori legati al guidatore assumono certamente un ruolo predominante. Le statistiche indicano che la responsabilità degli incidenti stradali sia da attribuirsi per il 90-95% a dinamiche che registrano il contributo dell'errore umano. Ci sono diverse scuole di pensiero a tal proposito: c'è chi pensa che il consumo di alcol e droghe sia la causa principale, chi la velocità, la distrazione o la spavalderia. Ma cosa avviene veramente?

Abbiamo confrontato  la percezione degli italiani con i dati ufficiali e quello che emerge è una vera e propria distorsione percettiva: erroneamente l'alcol, che è una delle cause minoritarie degli incidenti, è percepito come la causa principale. Nel rapporto che segue ci chiediamo quali soluzioni adottate abbiano finora ottenuto una ricaduta positiva e quali azioni invece risultano inefficaci. Inoltre  lo studio raccoglie spunti e suggerimenti concreti per contenere gli incidenti.

La percezione del fenomeno
La problematica degli incidenti stradali, soprattutto quelli mortali, è fra quelle più sentite in assoluto dall'opinione pubblica. Nella realtà gli incidenti stradali mortali, come vedremo più avanti,  sono diminuiti sensibilmente , ma l'opinione pubblica sembra non accorgersene, colpita dalle notizie drammatiche che i media continuano a riportare. Registriamo  in tutte le fasce d'età  un elevato livello di preoccupazione per il fenomeno, che interessa particolarmente i giovani (vedi allegato, tav. 1). Proprio i giovani italiani con maggiore frequenza mettono in atto comportamenti  a rischio incorrendo in un maggior numero di multe e, sfortunatamente, anche di incidenti stradali (tav. 2).

A livello spontaneo la ricerca evidenzia come parlando di incidenti stradali gli italiani pensino soprattutto alle condizioni psico-fisiche alterate del conducente . Paradossalmente l'abbinata: 'incidenti mortali = alcol + droga”, che di fatto rappresenta solo una piccola minoranza delle cause degli incidenti, agli occhi dell'opinione pubblica si ingigantisce (tav. 3). Tra le varie bevande alcoliche, sono soprattutto i superalcolici (79%) seguiti dai cocktail (29%) ad essere indicati come maggiormente responsabili degli incidenti (tav. 4). Ambivalente la valutazione di birra e mix già pronti: entrambi leggeri, poco costosi ma che proprio per questo si prestano all'abuso da parte di consumatori immaturi.

Oltre a cause esterne ci si riferisce a condizioni che non riguardano la persona: lo stato della strada e della segnaletica eventualmente aggravato dalle condizioni meteorologiche Per qualcuno condizioni personali inadeguate: l'incapacità alla guida e questo vale per le persone che hanno preso da poco la patente e/o persone molto anziane con scarsa capacità di reazione

La realtà
L'analisi della serie storica della mortalità per incidente stradale permette di cogliere alcune relazioni forti tra la dinamica del fenomeno e l'adozione di interventi legislativi e amministrativi.

Tra il 1997 ed il 2007 il numero dei morti è calato di circa ventiquattro punti percentuali ad un tasso medio annuo del 2,1% (tav.5). Il punto di svolta nel trend della mortalità si registra nel 2003 quando nel mese di luglio viene introdotta la patente a punti insieme ad un generalizzato inasprimento delle sanzioni.

La relazione di causa-effetto appare diretta in considerazione del fatto che fino al 2002, o meglio fino a giugno del 2003, il numero dei morti causati da incidenti stradali risultava costantemente crescente. La riduzione della mortalità ha interessato ogni mese dell'anno, ogni giorno della settimana, ogni ora del giorno.

La circostanza secondo la quale circa il 90% degli incidenti sono causati dall'inosservanza delle regole della circolazione rende ancora più evidente l'effetto delle misure assunte sulla riduzione dell'incidentalità.

Nell'ottobre del 2007 è stato emanato un provvedimento che vieta la somministrazione di bevande alcoliche dopo le due di notte negli esercizi di intrattenimento.

Dobbiamo legittimamente chiederci 'Il divieto di somministrazione ha prodotto un valore aggiunto in termini di accelerazione della riduzione della mortalità?” I dati a tutto il 2008 (tav. 6) indicano nel 7,8% la riduzione della mortalità rispetto all'anno precedente. Un valore inferiore a quello registrato in diversi anni in cui il provvedimento non era in vigore. Ne deriva che la sua efficacia diretta sulla mortalità stradale è quantomeno discutibile.

Il provvedimento è stato accompagnato da un ulteriore inasprimento delle sanzioni che, alla stregua della patente a punti, dovrebbe aver sortito effetti di deterrenza sul comportamento di guida degli automobilisti. Come dato oggettivo, nel corso del 2008 è cresciuto esponenzialmente il numero dei controlli effettuati sulle strade fino ad arrivare a quota un milione. In definitiva, dai dati sull'incidentalità stradale emerge con chiarezza la forza dissuasiva della sanzione soprattutto nei riguardi di quei comportamenti che non è facile dissimulare in occasione dei controlli, ossia delle alterazioni dello stato psico-fisico dovuto all'assunzione di alcol e droga.

Occorre ricordare che soltanto il 3,8% degli incidenti viene attribuito a cause collegate ad anormale stato psico-fisico del conducente (tav. 7). Secondo uno studio condotto dall'istituto francese di sondaggi Bva e citato sul sito dell'Asaps, il 26% dei ragazzi italiani beve e poi si mette alla guida. Questa percentuale pone i nostri giovani al primo posto tra otto Paesi europei coinvolti nel sondaggio.

L'indagine ha coinvolto più di cinquemila guidatori con un'età compresa tra i diciotto e i venticinque anni residenti in Germania, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Gran Bretagna e Svizzera. Gli svedesi sono risultati i più rispettosi delle regole con un 2% che ha ammesso di aver bevuto e di aver poi guidato, contro un 98% che, all'ultima uscita serale, o non ha bevuto e se lo ha fatto, non ha guidato.

Le percentuali, però, si capovolgono se si considera la quantità di alcol che i giovani europei consumano quando escono la sera: in questo caso gli italiani risultano in assoluto i più morigerati, con il 42% che ha bevuto tre o più bicchieri, mentre in cima alla classifica si posizionano gli svedesi, con l'88%.

Porre questi comportamenti in relazione alle differenze sostanziali che esistono tra l'Italia e la Svezia in termini di sanzioni e di controlli appare senz'altro ragionevole anche alla luce delle differenti propensioni al consumo di bevande alcoliche.

Sanzioni pesanti e controlli capillari sono i fattori che hanno consentito sia nel Regno Unito che in Francia di pervenire ad una drastica riduzione sia del numero degli incidenti che di quello dei decessi.

Anche nel nostro Paese, come dimostrano i dati precedentemente citati, l'azione combinata dell'inasprimento delle sanzioni e dell'aumento dei controlli,  peraltro ancora lontani dai livelli raggiunti negli altri Paesi, ha comunque contribuito ad una costante riduzione della mortalità.

Tornando al campione intervistato, le risposte fornite ci dicono che non si considerano particolarmente efficaci i provvedimenti presi dai singoli sindaci, come il divieto di acquisto di bottiglie da asporto o la sospensione della vendita di alcol nei locali pubblici dopo una certa ora, considerati rimedi fittizi che non riescono a generare un reale comportamento responsabile alla guida (tav. 8).

Conclusioni
Gli incidenti stradali sono, dunque,  un tema caldo rispetto al quale i media incidono in modo importante nella costruzione dell'opinione. Nonostante i dati oggettivi ci dicano che il trend degli incidenti stradali mortali sia diminuito drasticamente dal 2003, essi costituiscono un elemento di grave preoccupazione per gli italiani: rimandano massicciamente, sulla scia delle campagne mediatiche, alla popolazione giovanile e ai suoi eccessi combinando la preoccupazione per i rischi di sicurezza a quelli morali per l'equilibrio dei ragazzi.

Il primo riferimento degli intervistati va all'alcol e alle droghe, alle 'stragi del sabato sera” e solo dopo un momento di riflessione si arrivano a considerare altre situazioni (le distrazioni, l'alta velocità, il traffico). In tal senso, nella rilevazione quantitativa, parlando a livello spontaneo di incidenti stradali gravi, la forte associazione con le condizioni psico-fisiche alterate del conducente è evidente .

Ciò crea in un certo senso una percezione distorta della realtà: una delle cause di gran lunga minoritarie degli incidenti diviene agli occhi dell'opinione pubblica la principale.

Rimane vero che gli incidenti commessi da giovani sotto l'effetto di alcol e droghe sono anche quelli dalle conseguenze più drammatiche.

La preoccupazione è molto alta, così come la condanna di comportamenti a rischio. L'incoscienza, il menefreghismo, il desiderio di trasgressione dei giovani, sono un problema che deve essere arginato da interventi educativi per la loro responsabilizzazione.

L'impiego dei controlli per la prevenzione dagli incidenti stradali viene ritenuta utile dalla quasi totalità degli intervistati (93%; tav. 9), ma nel 63% dei casi (tav. 10) la  loro frequenza viene ritenuta insufficiente. Anche a livello qualitativo emerge chiaramente un'attesa di maggiori controlli sulla strada e maggiori sanzioni pecuniarie, ritenute irrisorie per alcuni strati sociali.

Le varie ordinanze dei sindaci per la chiusura dei locali o l'interruzione alla vendita di alcolici sono invece considerate poco efficaci. Nella rilevazione qualitativa emerge una valutazione molto negativa rispetto a queste iniziative (non credibilità, irritazione, ipocrisia). Anche i dati oggettivi, d'altronde confermano che le politiche proibizioniste sono poco incisive sulla diminuzione degli incidenti.

L'intervento di Lino Stoppani, presidente Fipe
Lino StoppanDa alcuni anni i pubblici esercizi si sono trovati davanti a un problema già noto per la categoria, ma con una percezione da parte della collettività modificata di molto rispetto alla realtà.

Le pagine di cronaca nera dei mass-media hanno cominciato a raccontare di stati di ebbrezza dei conducenti di autovetture coinvolte negli incidenti stradali.

Mettiamo subito in chiaro un concetto: non si sta cercando di dare la colpa ai giornalisti che nello svolgere correttamente il loro lavoro riferivano dettagli reali. La notizia delle morti sulle strade non legate all'alcol è però rimasta poco valutata.

Si è così alimentata la percezione da parte dei cittadini che l'alcol fosse (se non proprio l'unica) la principale causa degli incidenti mortali,  innescando il circolo vizioso che ha portato i legislatori a cimentarsi in provvedimenti, ordinanze e regolamenti volti a limitare la vendita e la somministrazione di alcolici.

La prima categoria ad essere stata additata è stata – ovviamente – quella dei locali notturni. Mentre i nostri colleghi esercenti già da anni si erano attivati organizzando iniziative di sensibilizzazione e di educazione ad un uso corretto di alcolici, alcuni parlamentari si cimentavano in accuse ingiustificate e bizzarri provvedimenti.

Il manifesto del bere consapevole; i poster grafici affissi alle uscite delle discoteche con l'invito a rispettare le leggi già esistenti sull'alcol; il guidatore designato; la distribuzione dei precursori per i livelli alcolemici sono state alcune delle misure già adottate dagli esercenti fortemente preoccupati che una fascia ampia di giovani potesse lasciarsi trascinare dalle facili tentazioni della moda.

Così, mentre gli esercenti impedivano che il ballo si tramutasse in sballo, una fascia contenuta di giovani si dirigeva verso altri divertimenti non controllati come i rave party e le feste private.

Alcol a fiumi, droga e sostanze stupefacenti di ogni genere e forma consumati in questi contesti facevano ricadere erroneamente la responsabilità di comportamenti deviati di una gioventù abbandonata da noi genitori sui lavoratori onesti di una categoria che prima delle altre riesce ad intercettare i malesseri della società.

Fipe  rappresenta l'orgogliosa bandiera di tutto il 'Fuoricasa” in cui rientra a pieno titolo la somministrazione dell'alcol. Abbiamo fatto dell'etica professionale e della responsabilità sociale la nostra bandiera. Anche per questo siamo stati i primi ad isolare e prendere le distanze da chi operava nel settore senza rispettare questi principi.

Il ruolo dell'Associazione è anche quello di migliorare il rispetto delle Leggi da parte degli associati, salvo poi intervenire per proporre, correggere e migliorare i provvedimenti in sede legislativa.

Per questo abbiamo sempre manifestato il nostro dissenso rispetto a leggi inefficaci volte solo a screditare la categoria senza correggere i comportamenti deviati. Adesso si sente parlare di obbligatorietà dei precursori per i tassi alcomeci anche nei ristoranti. è la riprova che alcuni legislatori non abbiano ancora ben compreso il contesto dell'abuso di alcol e degli incidenti stradali.

Ci siamo chiesti quale fosse la ragione di un proibizionismo legato ad una singola categoria, nel momento in cui altre categorie – quelle di un'offerta parallela non sempre individuabile dal cittadino – rimanevano esenti da ogni forma di controllo.

Vietare la vendita di alcol dopo le due di notte e lasciare il mercato in mano agli artigiani, agli ambulanti e ahimé – ancor più gravemente – in mano agli abusivi non risolve alcunché.

E ai mancati risultati del contrasto di alcol, invece che cercare le giuste cause e i giusti rimedi, i nostri legislatori continuano ad accanirsi contro la stessa categoria, cioè i pubblici esercizi in possesso di una formazione professionale specifica e adeguata a gestire il fenomeno dell'alcol.

In assenza di una riqualificazione del mercato trova spazio un'offerta parallela che disorienta il consumatore e porta al proliferare di una movida sregolata con una vendita incontrollata di cibi e soprattutto di bevande.

Gli effetti della dequalificazione si incominciano a vedere in molti contesti urbani dove spesso nascono ordinanze 'creative” da parte dei Sindaci nel tentativo (comprensibile da parte loro) di controllare il territorio, ma tutte accomunate da una stessa filosofia di base: affidare ai soggetti in possesso di requisiti morali e di etica professionale la responsabilità sociale del controllo del territorio nei momenti più delicati.

L'esempio del provvedimento del questore di Firenze durante la partita di champions, Fiorentina-Liverpool, ha dimostrato che solo gli esercenti, per la loro professionalità, possono gestire la somministrazione e vendita di alcol anche nei momenti più 'caldi”.  La rimozione del divieto di alcol prevsita dal questore per i pubblici esercizi durante l'incontro di calcio, con le strade piene dei temutissimi hooligan, non ha prodotto i temuti disordini ed ha tramutato questa esperienza in un 'caso Firenze” positivo e da imitare.

Si tratta allora di rivedere la filosofia di base di un mercato libero volto alla libera concorrenza dell'offerta gastronomica se non si vuole avere una situazione ingestibile se non vogliamo che i pubblici esercizi paghino un conto insostenibile per il settore.

Il ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, grintosamente difende i prodotti italiani in tutti i modi e vede nei pubblici esercizi un importante sbocco commerciale ed elemento di valorizzazione di molte piccole produzioni locali.

Anche il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ci assegna un ruolo importante nelle integrazioni degli immigrati e nella collaborazione per interventi di attenzione ai fenomeni sociali di devianza sull'alcol e sulle droghe.

Non chiediamo privilegi, ma di fare, insieme, percorsi di apertura verso un mercato e un consumatore che cambia, che ha altre esigenze e anche altre possibilità economiche, intervenendo però con provvedimenti non improvvisati o imposti, perché altrimenti si rischia di fare danni e di non ottenere i risultati attesi.

Chiediamo solo una politica circoscritta al fenomeno. è inutile avanzare divieti che riguardano l'intera società se il bersaglio da colpire è solo quello di una particolare fascia della popolazione. Per questo è necessario rimuovere il divieto di alcol dopo le due di notte, a patto di aumentare i controlli sulle strade e, soprattutto, la certezza della pena: chi sbaglia deve essere punito in maniera esemplare.

Esistono molte soluzioni più efficaci dei divieti. Molte di queste sono anche già allo studio, ma non sono prese in considerazione. Le case automobilistiche, per esempio, hanno progettato dispositivi elettronici capaci di bloccare automaticamente il motore nel caso in cui il guidatore abbia un tasso alcolemico fuori dagli standard. Non è fantascienza. è realtà. Anche se il nome della casa automobilistica, per ovvii motivi, non può essere citata.

L'alcol è un fenomeno sociale vero e grave, che va affrontato con responsabilità, perché tocca soprattutto la parte più importante della Società, rappresentata dai giovani, patrimonio del nostro futuro.

La nostra posizione contraria ai divieti è sempre e solo tradotta come espressione di un interesse di parte.

I divieti non servono! Lo diciamo noi, ma anche altri più autorevoli e neutrali esponenti della società civile (scienziati, medici, psicologi, magistrati, etc.), che invitano a percorrere le strade di approfondimento dei veri motivi del disagio giovanile, che non nasce al bar, ma cresce nelle famiglie, nell'educazione, nei cattivi esempi che arrivano dalla TV, nel modo di vivere la parte più bella della vita, con una gioventù spesso impigrita e appiattita nel benessere, senza ideali, passioni, obiettivi e vere relazioni sociali.

Incominciamo ad educare i giovani, responsabilizzandoli da subito, coinvolgendo tutti i protagonisti del problema (famiglie, scuola, educatori, istituzioni pubbliche, anche noi), rafforzando il sistema dei controlli e solo allora, valutati i risultati, interveniamo anche con i divieti, che solo allora avrebbero un significato.

L'argomento gestito solo con i divieti, invece, dà l'impressione di molta improvvisazione, di disimpegno su un problema vero e l'individuazione di un facile bersaglio nel nostro settore. Abbiamo una grande responsabilità che sta nel mandato che abbiamo volontariamente accettato, da onorare  con tutte le migliori energie e da non deludere nelle attese. Non è facile, non dipende solo da noi, ma questa Federazione sa come e cosa fare.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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