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Bufala Campana
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Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

L'ultima scoperta degli archeologi è stato un panificio-prigione, dove sono in corso scavi nell'ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l'area ancora non indagata della città antica. Ma non è il primo ritrovamento che porta dritti alla cucina di Pompei. A raccontarci di più è Paolo Gramaglia, chef stellato e patron del ristorante President di Pompei

di Luca Bassi
16 dicembre 2023 | 05:00
Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia
Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

L'ultima scoperta degli archeologi è stato un panificio-prigione, dove sono in corso scavi nell'ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l'area ancora non indagata della città antica. Ma non è il primo ritrovamento che porta dritti alla cucina di Pompei. A raccontarci di più è Paolo Gramaglia, chef stellato e patron del ristorante President di Pompei

di Luca Bassi
16 dicembre 2023 | 05:00
 

L'ambiente angusto e con pochissima luce, con piccole finestre sbarrate dalle grate in ferro per impedire a chiunque di fuggire e, al tempo stesso, per far passare qualche raggio di sole. Il pavimento caratterizzato da grossi intagli che venivano utilizzati per coordinare il movimento degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati. È questo il panificio-prigione che è stato ritrovato nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi nell'ambito di un più ampio progetto di messa in sicurezza e manutenzione dei fronti che perimetrano l'area ancora non indagata della città antica di Pompei.

Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

L'ultimo ritrovamento a Pompei: un panificio-prigione (credits: Artribune)

In questo locale sinistro e particolare persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi e sfruttati per macinare il grano necessario a produrre il pane.

La pizza di Pompei

Non è il primo ritrovamento che porta dritti alla cucina di Pompei: nel corso degli anni, infatti, sono state tante le scoperte che ci hanno fatto capire - qualcuna più, qualcuna meno - usanze, costumi e tradizioni della tavola di quei tempi, in quella specifica zona d'Italia.

È del giugno scorso il ritrovamento di un dipinto che sembrerebbe raffigurare quella che, se confermata, sarebbe la prima pizza ante litteram. Nel quadro si vedono chiaramente un calice di vino, posato su un vassoio d'argento, e una focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari. Tutto fa pensare che possa essere una pizza. Anche in quel caso il ritrovamento è stato fatto nell'ambito dei nuovi scavi nell'insula 10 della Regio IX a Pompei, e ci sembra dire che la pizza potrebbe avere 2mila anni. Certo non una pizza come la conosciamo noi dal momento che a Pompei 2mila anni fa non c'erano sicuramente pomodori e mozzarella, ma pur sempre sua antenata. Del resto, la pizza è un concetto.

Come si mangiava a Pompei?

«Le abitudini alimentari erano diverse e dipendevano fondamentalmente dalle condizioni economiche delle famiglie - ci spiega Paolo Gramaglia, chef e patron del ristorante President di Pompei, una stella Michelin, e membro di Euro Toques Italia. Le famiglie patrizie potevano permettersi apposite sale dove consumare i propri pasti, disponendo, inoltre, di una grande varietà di cibi, mentre i plebei mangiavano lungo le strade o nelle taverne con poche cose e, spesso, saltavano lo jentaculum (colazione) o il prantium (pranzo). Lo jentaculum corrispondeva alla nostra prima colazione ed era sempre anticipato dall'assunzione di un bicchiere d'acqua. I patrizi consumavano pane, formaggio, frutta secca, miele, latte e vino; mentre i plebei mangiavano pane inzuppato nel latte o nel vino. Il prantium veniva consumato poco prima di mezzogiorno ed era molto  semplice a base di pesce, carne fredda, verdure, pane e frutta. Solitamente si svolgeva velocemente ed in piedi. Potremmo, quasi, affermare che a Pompei sono nati i primi fast food».

Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

Un ristorante di strada a Pompei: è nato qui lo street food?

Dopo lo jentaculum e il prantium veniva, anche a Pompei, l'ora della cena: «Quella dei poveri era molto veloce, i plebei consumavano semplici pasti a base di farina, legumi, verdure, cipolla ed aglio. La cena dei patrizi, invece, cominciava verso le 17 e, spesso, terminava all'alba - spiega ancora Gramaglia. Non esisteva la forchetta e il coltello non veniva utilizzato come strumento da tavola, poiché i servi tagliavano tutte le pietanze della grandezza di un boccone. Si mangiava, quindi, con le mani, ad eccezione dei cibi liquidi che venivano serviti con una specie di piatto fondo, chiamato patina, e raccolti con cucchiai».

Pompei, la farina raffinata che arrivava via mare

Negli anni sono stati trovati numerosi affreschi che testimoniano l'esistenza di panifici più o meno grandi e la vendita di pani. «Per citare solo i più famosi: il panificio di Podipio Prisco era gestito da un libero, il panificio di Modesto, o Casa del Forno, era, invece, il più grande della città, mentre il panificio di Soterico aveva un locale a parte dedicato all'impastatura del pane - spiega lo chef campano -. A Pompei doveva esserci una produzione di pani di qualità se il loro consumo era raccomandato perfino sui muri cittadini».

Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

Paolo Gramaglia, chef e patron del ristorante President di Pompei

Diverse erano anche le qualità di farina: dalle farine bianche e più raffinate, costose e pregiate, che arrivavano via mare a Pompei dall'Oriente ed erano destinate alla produzione di pane per le famiglie patrizie; alle farine più integrali, cosiddette di scarto, che erano invece destinate ai plebei per realizzare i loro pani. Ovviamente non mancavano i lieviti: «Erano sempre utilizzati ed erano sempre scadenti - spiega Gramaglia -. Consistevano nella poltiglia che derivava dalla fermentazione delle vinacce, preparati una volta all'anno, al tempo della vendemmia, con mosto d'uva e pasta di pane. Potremmo definire i lieviti pompeiani una sorta di antenato del nostro lievito madre».

Vita, cucina e curiosità su Pompei raccontate da chef Paolo Gramaglia

I pani di Pompei

Esistevano, tuttavia, numerosi tipi e formati di pane, a seconda dei differenti usi, impasti e metodi di cottura. A partire dal modo in cui veniva setacciata la farina, si avevano: pane cibarius, pane secondarius, pane plebeius e pane rusticus. Il pane, comunque, si divideva, essenzialmente, in tre qualità principali: il pane nero, plebeius, di farina setacciata rada, che veniva consumato principalmente dai poveri; il pane bianco, secundarius, che era migliore del precedente, più bianco, ma non finissimo. E il pane di lusso, panis candidus, mundus, realizzato con farina finissima, che veniva consumato principalmente dai patrizi.

La a “Cassata Oplontis”, la ricetta dello chef Gramaglia

Nel suo ristorante President di Pompei lo chef Gramaglia ha riprodotto più volte piatti tipici della storia della sua zona. Come la “Cassata Oplontis”, un dolce raffigurato sulle mura della villa di Poppea, ad Oplonti, l'attuale Torre Annunziata: per la ricerca esatta degli ingredienti il cuoco campano si è avvalso anche degli studi del “De Re Coquinaria” di Apicio.

Ingredienti per 8 persone:

  • 300 g di ricotta di pecora
  • 80 g di canditi tagliati a cubettini piccoli
  • 4 gherigli di noce
  • una mandorla bianca tritata
  • 50 g di miele
  • 50 g di zucchero
  • 2.5 g di colla di pesce
  • 8 pallini di frutta di ribes

Per la salsa di fragola di bosco

  • 300 di fragole
  • 150 di zucchero
  • 100 di acqua

Preparazione

Per la cassata Oplontis:

  • Amalgamare alla ricotta il miele e lo zucchero, setacciare e aggiungere la colla di pesce ammorbidita, i canditi, le noci, la mandorla; con questo impasto  riempire degli stampini di silicone a forma di cilindro di diametro 5 cm. e altezza 3 cm.
  • Congelare in abbattitore per poi sformarli e conservarli in frigo facendoli decongelare lentamente.

Per la salsa di fragola di bosco:

  • Frullare le fragole, in un pentolino aggiungere alle fragole lo zucchero e l'acqua fino a quando lo zucchero sarà completamente sciolto; setacciare la salsa e raffreddarla.

Composizione del piatto:

  • In un piatto piano bianco lucido piano adagiare  due cucchiai di salsa di fragola in modo da creare un cerchio al centro di questo cerchio inserire la cassata Oplontis e al centro di questa il pallino di frutto di ribes.  

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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