Il rilancio del vitigno Catarratto Una storia d'amore con la cucina di mare
Prima accantonato per più conosciuti vitigni internazionali, ma ora nel vivo di un ritorno in auge, il Catarratto siciliano colpisce per un bel colore giallo paglierino e una buona acidità al palato
17 marzo 2019 | 16:22
di Piera Genta
Il declino di questo vino fortificato ha portato al progressivo abbandono della sua coltivazione, preferendo vitigni internazionali commercialmente più conosciuti e remunerativi, pur rimanendo il Catarratto l’uva a bacca bianca più coltivata in Sicilia e seconda in Italia dopo il Trebbiano Toscano. Solo negli ultimi decenni ha lentamente riconquistato un ruolo di primo piano tra i bianchi dell'isola.
È un vitigno vigoroso e produttivo, da qui il suo nome che significa abbondanza. Con due biotipi diversi: il Catarratto comune dal grado zuccherino elevato e il Catarratto lucido con acini più piccoli e più povero di zuccheri. Vinificato in purezza, nel bicchiere si presenta giallo paglierino. Il naso richiama profumi floreali di zagara, erbe aromatiche e frutta bianca. Al palato colpisce la vivace acidità, ben equilibrata declinata nei toni fruttati con un finale leggermente ammandorlato. A tavola trova i migliori abbinamenti con la cucina di mare del territorio; nelle versioni più strutturate si può abbinare anche a carni bianche delicate.
Dal novembre 2018 il ministero delle Politiche agricole ha approvato il cambio di denominazione, quindi i produttori siciliani avranno la possibilità di etichettare con il sinonimo “Lucido” i vini ottenuti dalle varietà Catarratto Bianco Comune e Catarratto Bianco Lucido coltivate nel territorio della Regione Sicilia. Una variante chiesta dal Consorzio di tutela dei vini Doc Sicilia per la difficoltà di pronunciarne il nome nei mercati internazionali.
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Alberto Lupini