Dicembre nero per il vino italiano Con i dazi l’export crolla del 7%

Vinitaly-Nomisma ha calcolato le perdite a fine 2019 provocate dai dazi aggiuntivi statunitensi. All’Italia è andata ancora bene, considerando che la Francia ha perso il 36% nell’ultimo bimestre . Volano gli altri mercati con la Nuova Zelanda che sale del 40% e la Cina che cresce addirittura del 53%

07 febbraio 2020 | 18:23
I dazi aggiuntivi statunitensi mettono nel caos l’export del vino. E a farne le spese, a dicembre, non sono solo i Paesi penalizzati in dogana ma anche l’Italia. È quanto rilevato dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha elaborato i nuovi dati delle dogane Usa sui 12 mesi del 2019.


Chiusura di 2019 negativa per il vino nostrano

Secondo l’Osservatorio, la guerra commerciale Usa-Ue ha creato negli ultimi mesi una serie di dinamiche negative, e a farne le spese è stata anche l’Italia che a dicembre ha perso il 7% a valore rispetto al pari periodo dello scorso anno, con un -12% per i suoi vini fermi. In questo circuito vizioso i produttori Ue segnano il passo, con la Francia che negli ultimi 2 mesi vede i propri fermi cadere a -36% e la Spagna a -9%. Per contro, volano le forniture da parte del Nuovo Mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che sale a +40% a valore e il Cile, a +53%.

«Assistiamo a un mercato confuso - ha detto il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani - contrassegnato prima da una corsa alle scorte e poi da grandi incertezze. Un clima che certo non giova agli scambi, fin qui molto positivi, e che speriamo possa cambiare il prima possibile. Per questo confidiamo nell’odierna missione negli Usa del commissario al Commercio, Phil Hogan, e nell’ottimismo rappresentato in questi giorni dal commissario all’Economia, Paolo Gentiloni. La speranza è poter arrivare al prossimo Vinitaly in un rinnovato regime di pace commerciale con il nostro storico partner».

Secondo il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Ciò che emerge è uno scenario di forte incertezza sui principali mercati mondiali della domanda di vino, e questo è un fattore chiave da affrontare nell’anno in corso. Gli Stati Uniti ci consegnano un mercato che nel 2019 è aumentato nell’import globale - probabilmente anche più di quanto sia la reale crescita dei consumi - per effetto di aumento scorte a scopo precauzionale. Anche l’Italia chiude in crescita, sebbene continui a mantenere un prezzo medio nei fermi più basso della media, e con un traino forte degli spumanti».

È di 5,55 miliardi di euro il valore complessivo del vino importato dagli Usa nel 2019, in crescita del 5,7% sull’anno precedente grazie alla corsa della domanda di spumanti (+11,1%). Tra i principali fornitori, è sempre testa a testa tra la Francia, a 1,92 miliardi di euro (+7,7%), e l’Italia (+4,2%) a 1,75 miliardi di euro, mentre è ottima la performance della Nuova Zelanda anche nei 12 mesi (+11,9). Tra le tipologie, faticano ancora i fermi&frizzanti italiani, in positivo dell’1,7% mentre sono convincenti una volta di più gli sparkling tricolori, anche lo scorso anno in doppia cifra a +13,7%.

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Alberto Lupini


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