Boom di bollicine dopo il lockdown Ma al ristorante il vino piange
A maggio, con la fine dell'isolamento, le vendite sono cresciute del 20%, tuttavia il comparto del vino fatica ancora a riprendere quota all'interno dei locali, dov'è consumato il 35% della produzione
22 giugno 2020 | 18:49
Gli italiani hanno festeggiato la fine del confinamento stappando bollicine. E lo hanno fatto in modo consistente: +20% nella settimana tra l’11 e il 17 maggio rispetto allo stesso periodo del 2019. Un dato confortante che emerge da una analisi Coldiretti sulla base dei dati Ismea. Il rovescio delle medaglia è che questa impennata dei consumi è stata solo tra le mura domestiche. La spesa alimentare è infatti la principale voce del budget delle famiglie dopo l’abitazione con un importo complessivo di 244 miliardi.
L’aumento degli acquisti casalinghi di prodotti alimentari su base annua viene stimato pari al 6%. Un incremento che non può però compensare il crollo del 66% a maggio (dati Confcommercio) del fatturato di alberghi, bar e ristoranti, che ha avuto un effetto valanga anche sulla vendita di molte specialità Made in Italy che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
In alcuni settori, come quello vitivinicolo, la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione con oltre la metà del fatturato.
In questo periodo le aziende italiane del vino hanno perso in media il 40% del loro fatturato. La stima era stata fatta recentemente da Confagricoltura, che ha evidenziato come il 35% del vino sia consumato nel canale Horeca, che assorbe il 55% del valore del comparto. Nei mesi di emergenza il mondo del vino ha provato a salvarsi con le vendite nella Grande distribuzione: nei primi 3 mesi e mezzo dell’anno le vendite nella Distribuzione moderna (iper, super, libero servizio piccolo, discount) hanno registrato una crescita a volume del 7,9% (+ 6,9% a valore) rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel dettaglio i vini Doc e Docg sono cresciuti del 6,8% (+ 7,6% a valore), i vini Igp e Igt del 10,5% (+7,7% a valore), i vini comuni del 7,2% (+4,1% a valore) e le bollicine dell’1,2% (+1,6% a valore).
«Il taglio dell’Iva sul vino e sui principali prodotti alimentari sarebbe importante per spingere i consumi con effetti positivi sui redditi delle famiglie più bisognose e sulla produzione Made in Italy – ha dichiarato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - Una misura importante per aiutare il numero crescente di cittadini che si trovano in difficoltà anche per l’acquisto di beni essenziali ma anche per risollevare settori particolarmente colpiti dall’emergenza Covid».
Sul fronte export relativo sempre al vino, un'analisi dell'Osservatorio Vinitaly - Nomisma Wine Monitor è entrata nel dettaglio e ha messo in luce una differenza tra i primi due bimestri del 2020. Il primo da record, il secondo da dimenticare (con un aprile in pieno lockdown tra i peggiori di sempre). L’Italia ha segnato a sorpresa, nel primo bimestre, +5,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente, grazie all’ottima prestazione negli Stati Uniti (+10,8%, nei primi 2 mesi il dato era a +40%) e in Canada (+7,1%). Il crinale, già sconnesso a marzo, si è fatto però quasi proibitivo ad aprile, dove per i fermi imbottigliati italiani si sono registrati pesanti cali in tutti i mercati considerati a eccezione di Canada, Russia e Corea del Sud. Si è andati dal 5,2% (a valori) del Giappone al -12,5% degli Usa (+6,8% gli sparkling), dal -26% della Svizzera al -48% della Cina, per un deficit complessivo sull’anno precedente del 7,2%.
Sulla tavola domestica si è comunque registrata una svolta patriottica, con le importazioni di cibi e bevande stranieri che sono crollate del 16%, mentre hanno tenuto sostanzialmente le esportazioni alimentari made in Italy, che hanno segnato un calo di appena l’1%. Questo è quanto emerso da un'analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel mese di aprile 2020.
L’emergenza ha spinto infatti l’82% dei consumatori a privilegiare nel carrello prodotti tricolori così da sostenere l’occupazione e l’economia nazionale. Non è un caso che il mercato dei nostri cibi in grande espansione abbia raggiunto il valore record di 7,1 miliardi e interessi ormai il 25% di tutti gli alimenti sugli scaffali dei supermercati con bandiere, simboli, scritte e denominazioni che richiamano l’Italia.
Secondo un’analisi Coldiretti sul valore delle importazioni a marzo 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’attenzione alla provenienza nazionale ha portato a ridurre la presenza di molti prodotti stranieri che negli ultimi anni si sono affermati sulle tavole degli italiani, dalla carne di manzo inglese (-38%) allo Champagne (-24%), fino alla frutta esotica come il mango (-40%).
«La nuova tendenza degli italiani a prediligere prodotti di origine nazionale è un fenomeno importante per il rilancio del mercato interno che va sostenuto mettendo finalmente in trasparenza l’origine di tutti i prodotti in commercio - ha sottolineato Ettore Prandini - Occorre però sostenere anche le esportazioni sui mercati esteri con un piano straordinario di internazionalizzazione con la creazione di nuovi canali e una massiccia campagna di comunicazione per le produzioni 100% made in Italy e per l’Italia a partire da quei Paesi dai quali i flussi di arrivo sono storicamente più consistenti».
Nei mesi di emergenza il mondo del vino ha trovato nella Grande distribuzione un importante alleato
L’aumento degli acquisti casalinghi di prodotti alimentari su base annua viene stimato pari al 6%. Un incremento che non può però compensare il crollo del 66% a maggio (dati Confcommercio) del fatturato di alberghi, bar e ristoranti, che ha avuto un effetto valanga anche sulla vendita di molte specialità Made in Italy che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.
In alcuni settori, come quello vitivinicolo, la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione con oltre la metà del fatturato.
In questo periodo le aziende italiane del vino hanno perso in media il 40% del loro fatturato. La stima era stata fatta recentemente da Confagricoltura, che ha evidenziato come il 35% del vino sia consumato nel canale Horeca, che assorbe il 55% del valore del comparto. Nei mesi di emergenza il mondo del vino ha provato a salvarsi con le vendite nella Grande distribuzione: nei primi 3 mesi e mezzo dell’anno le vendite nella Distribuzione moderna (iper, super, libero servizio piccolo, discount) hanno registrato una crescita a volume del 7,9% (+ 6,9% a valore) rispetto allo stesso periodo del 2019. Nel dettaglio i vini Doc e Docg sono cresciuti del 6,8% (+ 7,6% a valore), i vini Igp e Igt del 10,5% (+7,7% a valore), i vini comuni del 7,2% (+4,1% a valore) e le bollicine dell’1,2% (+1,6% a valore).
La nuova tendenza degli italiani a prediligere prodotti di origine nazionale è un fenomeno importante
«Il taglio dell’Iva sul vino e sui principali prodotti alimentari sarebbe importante per spingere i consumi con effetti positivi sui redditi delle famiglie più bisognose e sulla produzione Made in Italy – ha dichiarato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini - Una misura importante per aiutare il numero crescente di cittadini che si trovano in difficoltà anche per l’acquisto di beni essenziali ma anche per risollevare settori particolarmente colpiti dall’emergenza Covid».
Sul fronte export relativo sempre al vino, un'analisi dell'Osservatorio Vinitaly - Nomisma Wine Monitor è entrata nel dettaglio e ha messo in luce una differenza tra i primi due bimestri del 2020. Il primo da record, il secondo da dimenticare (con un aprile in pieno lockdown tra i peggiori di sempre). L’Italia ha segnato a sorpresa, nel primo bimestre, +5,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente, grazie all’ottima prestazione negli Stati Uniti (+10,8%, nei primi 2 mesi il dato era a +40%) e in Canada (+7,1%). Il crinale, già sconnesso a marzo, si è fatto però quasi proibitivo ad aprile, dove per i fermi imbottigliati italiani si sono registrati pesanti cali in tutti i mercati considerati a eccezione di Canada, Russia e Corea del Sud. Si è andati dal 5,2% (a valori) del Giappone al -12,5% degli Usa (+6,8% gli sparkling), dal -26% della Svizzera al -48% della Cina, per un deficit complessivo sull’anno precedente del 7,2%.
Sulla tavola domestica si è comunque registrata una svolta patriottica, con le importazioni di cibi e bevande stranieri che sono crollate del 16%, mentre hanno tenuto sostanzialmente le esportazioni alimentari made in Italy, che hanno segnato un calo di appena l’1%. Questo è quanto emerso da un'analisi di Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel mese di aprile 2020.
L’emergenza ha spinto infatti l’82% dei consumatori a privilegiare nel carrello prodotti tricolori così da sostenere l’occupazione e l’economia nazionale. Non è un caso che il mercato dei nostri cibi in grande espansione abbia raggiunto il valore record di 7,1 miliardi e interessi ormai il 25% di tutti gli alimenti sugli scaffali dei supermercati con bandiere, simboli, scritte e denominazioni che richiamano l’Italia.
Secondo un’analisi Coldiretti sul valore delle importazioni a marzo 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, l’attenzione alla provenienza nazionale ha portato a ridurre la presenza di molti prodotti stranieri che negli ultimi anni si sono affermati sulle tavole degli italiani, dalla carne di manzo inglese (-38%) allo Champagne (-24%), fino alla frutta esotica come il mango (-40%).
«La nuova tendenza degli italiani a prediligere prodotti di origine nazionale è un fenomeno importante per il rilancio del mercato interno che va sostenuto mettendo finalmente in trasparenza l’origine di tutti i prodotti in commercio - ha sottolineato Ettore Prandini - Occorre però sostenere anche le esportazioni sui mercati esteri con un piano straordinario di internazionalizzazione con la creazione di nuovi canali e una massiccia campagna di comunicazione per le produzioni 100% made in Italy e per l’Italia a partire da quei Paesi dai quali i flussi di arrivo sono storicamente più consistenti».
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Alberto Lupini
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