Nei piatti di Pietro D’Agostino la semplicità dell’amore per la Sicilia

08 dicembre 2015 | 09:48
di Alberto Lupini
La cucina in Italia oggi non è soltanto tecnica, ma soprattutto recupero e valorizzazione delle materie prime che il territorio offre. Pietro D’Agostino (nella foto), chef de La Capinera a Taormina (una stella Michelin), esalta l’importanza della qualità e della varietà dei prodotti del territorio, di cui la sua regione, la Sicilia, dispone in abbondanza.



«Ho la fortuna di lavorare in una regione - dice D’Agostino - capace di regalare emozioni con una materia prima davvero varia e di ottima qualità, dai pesci alla frutta e verdura di stagione, e considero un vero peccato non valorizzarla ogni qualvolta che se ne avesse la possibilità. Ecco perché, sin da quando ho aperto la mia Capinera, nel lontano 2003, ho scelto di utilizzare prodotti tipici siciliani per l’80/90% dei piatti in menu. Anche se altre proposte sono disponibili su richiesta, la mia carta vuole sempre rappresentare quella che è la Sicilia nella sua interezza».

Sempre in linea con ciò che offre il suo territorio, Pietro D’Agostino ha presentato al Congresso della Federazione italiana cuochi di Firenze una piatto in grado di conciliare tradizione e qualità della sua regione, mediate da attenzione, conoscenza e ricerca.

«Il piatto che ho presentato qui, di fronte alla Federazione italiana cuochi - spiega D’Agostino - è un Filetto di triglia avvolto in un manto di lardo pancettato, disposto sopra una crema di broccoletti e accompagnato da funghi porcini e patate di Giarre. È secondo me un’ottima sintesi della mia terra e della giusta attenzione da porre alle stagionalità degli ingredienti. Da un lato è contrasto tra mare e terra, dall’altro, per la scelta dei prodotti, rivela l’arrivo della stagione fredda, nella quale prevalgono creazioni più saporite rispetto a quelle della stagione estiva. Il piatto deve essere legato alla stagione: a una preparazione di questo genere fra qualche mese potrei ad esempio aggiungere uno spicchio di carciofo».

Il Filetto di triglia è dunque un piatto insomma che si eleva a simbolo di una regione, così come di un pensiero ben preciso, quello del suo ideatore, che afferma di volta in volta con decisione una precisa filosofia culinaria. «Il mio motto in cucina - afferma D’Agostino - è “il lusso della semplicità”. Normalmente uso massimo quattro ingredienti per le mie creazioni, evitando la complessità, proprio per dare un buon risalto alla materia prima, sempre di altissima qualità. Trovare nel piatto prodotti di un livello così alto credo sia un lusso ancora oggi».

«Quando parlo di qualità - continua D’Agostino - mi riferisco ad esempio alla freschezza, a un pomodoro maturo al punto giusto appena raccolto dalla pianta, enormemente diverso da un pomodoro raccolto acerbo e preso da un mercato sempre più ampio e sempre meno attento ai propri prodotti. Per i miei sughi utilizzo ad esempio il nostro Pomodoro Seccagno, presidio Slow Food, la cui particolarità è quella di maturare su di una pianta che non viene irrigata, risultando così in un certo modo “asciugato” al momento della raccolta».



L’attenzione per il prodotto di Pietro D’Agostino è meticolosa, ma non prescinde mai dalla tradizione gastronomica di un luogo ricco di storia e di abitudini, dove la conoscenza è base imprescindibile della buona riuscita di un piatto. «Durante il mio intervento qui al congresso davanti agli altri chef professionisti - dichiara D’Agostino - ho voluto ricordare il nostro passato, quando le nostre nonne, approfittando del clima mite siciliano, tentavano di allungare la stagione estiva rivestendo gli orti di un telo, di modo che le colture non subissero l’effetto delle prime piogge autunnali. Le conoscenze di ieri ci permettono di avere prodotti normalmente fuori stagione disponibili nel nostro orto anche in mesi tradizionalmente più freddi».

Tuttavia d’Agostino è il primo a non dimenticare come la tradizione debba essere conciliata, mediata tra i fornelli da una tecnica innovativa, sempre al passo con i tempi, in grado di garantire sempre nel miglior modo possibile il rispetto delle proprietà e l’esaltazione dei sapori del prodotto che si va a cucinare.

«La tecnica conta molto- conclude D’Agostino - questo è uno dei punti chiave del congresso. Cucinando ad esempio un pesce o una carne in maniera scorretta rischiamo di disperderne gli aromi. Ad esempio, quando decidiamo di cucinare un polpo utilizzando una cottura in acqua, perdiamo il 40% del suo valore nutrizionale; al contrario, cuocendolo con il metodo del calore secco riusciamo a conservare il 90% delle sue proprietà. Una giusta fusione fra tradizione e innovazione garantisce quindi una cucina di alta qualità, qual è la nostra in Italia oggi».


Ristorante La Capinera
Via Nazionale, 177 - 98039  Taormina-mare loc. Spisone (Me)
Tel 0942 626247 - 338 1588013
www.pietrodagostino.it

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