Istinto e ricerca guidano l’alta cucina Gaetano Trovato svela i suoi segreti
04 dicembre 2015 | 16:32
di Alberto Lupini
L’abilità del cuoco oggi consiste nel sapere conciliare la qualità della materia prima con le nuove tecniche di cottura e di trasformazione degli alimenti. Una capacità questa che secondo Gaetano Trovato se non viene applicata con grande precisione e conoscenza rischia di nuocere al piatto.
«Nella nuova ristorazione - continua Trovato - la voglia di stupire il cliente è tanta e lo si fa in tante maniere: a partire dalla food texture fino a particolari accostamenti tra sapori dolci e amari, o attraverso la presenza di diverse consistenze in un solo piatto. I cuochi della “nuova scuola” vogliono trasmettere nelle loro creazioni un senso di suggestione, e al tempo stesso la nuova clientela richiede di essere stupita. Creare qualcosa di nuovo è giusto ma per farlo nella maniera corretta è necessario dare importanza alle dosi degli ingredienti e alle tecniche di cottura, come il sottovuoto, la bassa temperatura o in olio. Sperimentando queste modalità di preparazione e assemblando gli ingredienti con sapienza, è possibile creare piatti che suscitano emozioni».
In questo senso i piatti di Gaetano Trovato sanno emozionare. Lo fa soprattutto una delle sue specialità, il piccione, che ha veniva cucinato già nel passato ma con cotture e abbinamenti diversi, più tradizionali. Il piccione rispecchia lo stile culinario di Trovato, sinteticamente è parte integrante del suo Dna, il piatto che più di tutti lo ha reso celebre, conferendogli una meritata visibilità lungo tutto il territorio nazionale.
«Il piccione da sempre in Toscana è il principe degli arrosti - afferma Trovato - a cominciare dal colombaccio nel periodo dei Medici. Ricordo mia madre e il suo piccione lardellato, non ancora disossato, ma mantenuto morbido per mezzo di una cottura sicuramente più tradizionale rispetto a quelle utilizzate oggi. Durante tutta la mia carriera, l’ho suddiviso stagione per stagione e l’ho abbinato con il caffè per esempio, perché la carne di piccione ricorda leggermente l’amaro, o alle castagne. In certi casi uso anche la bassa temperatura per cucinare il piccione, la considero un ottimo espediente per lavorare sui numeri, perché non consente errori».
«Ricordo ancora svariati congressi - conclude Trovato - in cui ho proposto il piccione in rappresentanza della mia cucina per un centinaio di persone. A Taormina ad esempio in molti aspettavano proprio questo mio piatto che mi ha reso negli anni tanto celebre, alcuni addirittura venivano in cucina, osservandomi mentre lo preparavo. Tuttavia tanta attenzione non mi ha scoraggiato nel continuare a cercare nuove soluzioni, nuovi abbinamenti e nuove ricette per stupire e conquistare. Una ricerca continua, che io considero fondamentale per offrire il meglio a un mercato sempre più esigente».
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Alberto Lupini