Cena stellata a otto mani al Vistamare di Latina
Nel ristorante dell'hotel Il Fogliano del Lido di Latina, ospiti di Giovanni D'Ecclesiis, cuoco del Vistamare, i colleghi dei locali stellati del territorio Gino Pesce, Simone Nardoni e Fabio Verrelli D'Amico
Notte stellata al Vistamare, il ristorante gourmet dell’Hotel Il Fogliano al lido di Latina che ha ospitato una esclusiva “cena a otto mani”. Protagonista assoluta l’eccellenza pontina, declinata attraverso l’osservatorio privilegiato dei tre chef stellati del territorio, Gino Pesce (ristorante Acqua Pazza di Ponza), Simone Nardoni (ristorante Essenza di Terracina), Fabio Verrelli D’Amico (ristorante Materia Prima di Pontinia) cui si è affiancato, giocando in casa Giovanni D’Ecclesiis, de Il Vistamare di Latina. Un poker d’assi che ha deliziato il pubblico, il quale ha risposto con un sold out, con proposte che si sono alternate fra tradizione e ricerca. Comune denominatore e fil rouge, l’eccellenza delle materie prime locali. Un punto nodale per la filosofia dei quattro cuochi su cui nessuno transige.
La cena a otto mani del Vistamare
Nella serata delle eccellenze pontine i quattro chef hanno proposto alcuni tra i piatti iconici del proprio repertorio. Da un anno alla guida della brigata de Il Vistamare e pugliese di origine, Giovanni D’Ecclesiis ha realizzato un inno alla terra situata tra l’agro pontino e i Monti Lepini: San Pietro, limone Trombolotto di Sermoneta, carciofi di Sezze e prosciutto di Bassiano accompagnato dal Kjius Brut Carpineti.
Gino Pesce insieme a sua moglie Patrizia Ronca, invece, ha ideato un antipasto che è un’esplosione di mare, sapore iodato e rincorrersi di note dolci e salmastre nel Dentice marinato, alghe e ricci in pairing con il Collesanti di Carpineti.
Pesce protagonista assoluto nel primo piatto affidato a Simone Nardoni del ristorante Essenza. È stato presentato un omaggio alla produzione ittica naturale di uno dei quattro laghi costieri del parco del Circeo: Tortello di patata affumicata, sconcigli alla bourguignonne e spuma d’ostrica del lago di Paola esaltato dal Kjius Pas Dosè Carpineti. Un piatto davvero ben riuscito che si deposita nella memoria grazie a un dialogo di varie conistenze, dal morbido ripieno alla callosità dello sconciglio, per finire alla sofficità della spuma di ostriche dove lo iodio va ad avvolgere la persistente nota affumicata della patata in un rincorrersi di profumi.
Si muove tra la terra e il lago la proposta di Fabio Verrelli D’Amico. Anguilla alla brace, pecora cruda e misticanza di lago, un piatto deciso, forte, che trova il suo giusto connubio con il Nzù Bellone di Carpineti.Gran finale con il dolce affidato allo chef resident D’Ecclesiis e alle gustose Fragole Favetta servite con Moscato di Terracina e pinoli.
I commenti dei cuochi
«La mia è una cucina essenziale e pulita, nel gusto e anche a livello di valori nutrizionali. Voglio che la gente a fine pasto si alzi soddisfatta ma all’insegna della leggerezza – spiega Giovanni D’Ecclesiis – Una materia prima di livello superiore è ampiamente determinante nella esecuzione di un piatto. Noto con piacere che la cucina contemporanea sta tornando alle vecchie e sane tradizioni. Stiamo lavorando come degli scultori che sono maestri nell’arte del levare. Si toglie l’eccesso più che aggiungervi il superfluo».
Gli fa eco Simone Nardoni: «Mi concentro sul territorio e sul prodotto fin dove mi è possibile. Per me la materia prima, quando è di alto livello conta al 90%, il rimanente 10% è pura tecnica. D’altronde quest’ ultimo elemento viene percepito e apprezzato soltanto da una fetta molto ristretta di clientela, mentre il buono di ogni sapore è compreso da tutti. Dal mio punto di vista sto osservando che da dodici anni a questa parte le nuove generazioni sono sempre più ferrate ed esigenti in materia di buona cucina. È cambiato proprio l’approccio con il cibo, ne cercano di meno a livello quantitativo ma sempre più entusiasmante ed emozionante sul piano qualitativo. E per rispondere a questa esigenza il modo migliore per noi chef è strutturare un menu degustazione ben organizzato che rappresenta un vero e proprio biglietto da visita. Tra una settimana è Pasqua, una festività che amo e e che a livello gastronomico è sintetizzata dall’agnello. Personalmente scelgo un ovino delle Dolomiti Lucane. Ha una ottima pezzatura e grazie ad una sana alimentazione ha una carne profumatissima. Lo marino e lo arrostisco con delle erbe, cerco di lasciare il sapore più nitido e pulito possibile seguendo la filosofia bene esemplificata dal nome del mio ristorante, Essenza. Come vino consiglio un Cesanese altrimenti una bollicina italiana metodo classico, un uvaggio con una bella percentuale di Pinot Nero».
Anche per Fabio Verrelli D’amico non ci sono dubbi: «La materia prima, peraltro così si chiama il mio locale, rappresenta il 100% della riuscita di un piatto. La tecnica è assolutamente al suo servizio. Il nostro dovere etico è applicare al massimo le nostre competenze affinchè quella materia prima, selezionata all’insegna dell’eccellenza possa essere portata a tavola nel miglior modo possibile. Ritengo che negli ultimi anni sia stato fatto un passo importante nella scoperta e divulgazione della cucina pontina, ma il percorso è ancora lungo. La prova è che anche noi cuochi siamo continuamente sorpresi dai tesori enogastronomici portati alla luce dai produttori del territorio».
Sul menu di Pasqua tradizione assoluta anche per D’Amico: «Oltre a un lievitato del basso Lazio, rivisitazione di un panettone povero con olio evo e semi di finocchio, servito sia a colazione che a fine pasto, la ricorrenza non può esimersi dall’agnello che ho proposto a cena crudo con l’anguilla. Per me è una carne più elegante di quanto la maggioranza della gente non pensi. Io utilizzo un agnello laziale, allevato a 20km del mio ristorante, pascolo selvatico e filiera controllata. L’ideale per preparare costolette fritte panate e passate nel burro chiarificato, da servire con le celebri puntarelle con le acciughe o imperdibili nella lasagna con il ragu bianco di agnello e carciofi. Da innaffiare con una buona bottiglia di Cesanese».
Una serata che ha davvero segnato la scena enogastronomica pontina e che conferma la bontà delle scelte imprenditoriali di Gianluca Boldreghini, proprietario del ristorante Vistamare e dell’Hotel Il Fogliano: «Ci siamo innamorati a prima vista di questo luogo e lo abbiamo acquistato il 20 febbraio 2020 alle soglie della pandemia. Un posto che non è sul mare ma nel mare, un plus incredibile che ci emoziona ogni volta. Guardare questo paesaggio, questo orizzonte ha un valore taumaturgico e cancella la stanchezza della giornata appagando lo spirito. Abbiamo voluto offrire al pubblico locale e alla clientela che viene da Roma e Frosinone, un luogo dalle molte anime. Si va dal bistrot con una formula veloce per le persone che magari fanno una passeggiata informale, al Vistamare riservato all’eccellenza gourmet passando per la terrazza improntata sulla fusion. Un’offerta che a luglio si arricchirà di un nuovo ristorante, The jungle, direttamente sulla spiaggia. Abbiamo tanta voglia di crescere e di migliorare. L’entusiasmo non ci manca e contagia tutte le oltre sessanta persone impiegate nella nostra struttura».
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Alberto Lupini