Torna in tavola la “vera” pajata Dall'Ue il via libera definitivo
23 marzo 2016 | 12:43
La vera pajata, che mancava da quindici anni dalle tavole degli italiani per effetto delle restrizioni sanitarie adottate nel luglio 2001 per far fronte all’emergenza mucca pazza (Bse), adesso può essere liberamente preparata e consumata in casa e nei ristoranti. È quanto ha reso noto la Coldiretti a Bari nel corso della manifestazione di migliaia di agricoltori in difesa dell’agricoltura italiana, nell’esprimere soddisfazione per la rimozione dal quadro normativo comunitario del generico obbligo di svuotamento dei visceri disposto nei riguardi dei bovini di tutte le età e quindi anche per quelli dei vitelli.
Pur essendo stato liberalizzato il 5 agosto scorso, con l’entrata in vigore del Regolamento Ue 2015/1162, l’intestino di vitello, infatti doveva essere pulito, svuotato e sbiancato prima di essere messo in commercio. Adesso, a seguito delle nuove disposizioni può essere utilizzato l’intestino medio dei vitelli con il contenuto di chimo (latte), consentendo quindi il ritorno della “vera” pajata.
«È con particolare soddisfazione - ha dichiarato Franois Tomei, direttore di Assocarni - che accogliamo il riconoscimento, concesso dalla Commissione europea all'Italia, della produzione della pagliata secondo il metodo tradizionale italiano che consente il ritorno di un piatto tipico della tradizione sulle tavole degli Italiani. Malgrado il nostro Paese sia stato dichiarato indenne dalla BSE già nel 2013, permaneva nel quadro normativo comunitario un generico obbligo di svuotamento dei visceri disposto nei riguardi dei bovini di tutte le età che, applicandosi anche a quelli dei vitelli contenente chimo (ovvero il latte contenuto nell'intestino medio) di fatto ne impediva la produzione. Con questo riconoscimento la Commissione europea identifica una tipicità del nostro Paese e allo stesso tempo approva il metodo di produzione italiano che ne garantisce l'assoluta innocuità per la salute umana».
Un ritorno che è il risultato di una lunga battaglia culminata con successo con la pubblicazione del provvedimento che ha reso applicabile la modifica alla lista di porzioni di organi e tessuti considerati materiale animale da eliminare, il cosiddetto Materiale specifico a rischio (Msr) che mantiene però l’obbligo di eliminare il cervello fritto di bovino adulto da cui si ottengono le prelibate frittelle impastellate in acqua e farina o in uovo e pan grattato dopo una prima scottata in brodo bollente.
«Si tratta di risultato importante per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - che oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi». La pajata è l'ingrediente principale di uno dei piatti più tipici della cultura gastronomica della capitale italiana: i rigatoni con la pajata, ma in alternativa può essere proposta alla brace, in forma di spiedino.
«Un particolare ringraziamento - conclude Tomei - va al ministero della Salute che, attraverso un articolato dossier scientifico consegnato alla Commissione europea, che l'ha validato, ha contribuito in maniera determinante al ritorno sulle tavole degli italiani di un piatto della tradizione». Le misure della Commissione europea sono una giusta conseguenza del fatto che dal 2009 non si registrano casi di mucca pazza tra bovini in Italia per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto anche con grandi sacrifici dagli allevatori. L’Italia con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all'Oie, che hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio “trascurabile” per la mucca pazza (Bse).
Pur essendo stato liberalizzato il 5 agosto scorso, con l’entrata in vigore del Regolamento Ue 2015/1162, l’intestino di vitello, infatti doveva essere pulito, svuotato e sbiancato prima di essere messo in commercio. Adesso, a seguito delle nuove disposizioni può essere utilizzato l’intestino medio dei vitelli con il contenuto di chimo (latte), consentendo quindi il ritorno della “vera” pajata.
«È con particolare soddisfazione - ha dichiarato Franois Tomei, direttore di Assocarni - che accogliamo il riconoscimento, concesso dalla Commissione europea all'Italia, della produzione della pagliata secondo il metodo tradizionale italiano che consente il ritorno di un piatto tipico della tradizione sulle tavole degli Italiani. Malgrado il nostro Paese sia stato dichiarato indenne dalla BSE già nel 2013, permaneva nel quadro normativo comunitario un generico obbligo di svuotamento dei visceri disposto nei riguardi dei bovini di tutte le età che, applicandosi anche a quelli dei vitelli contenente chimo (ovvero il latte contenuto nell'intestino medio) di fatto ne impediva la produzione. Con questo riconoscimento la Commissione europea identifica una tipicità del nostro Paese e allo stesso tempo approva il metodo di produzione italiano che ne garantisce l'assoluta innocuità per la salute umana».
Un ritorno che è il risultato di una lunga battaglia culminata con successo con la pubblicazione del provvedimento che ha reso applicabile la modifica alla lista di porzioni di organi e tessuti considerati materiale animale da eliminare, il cosiddetto Materiale specifico a rischio (Msr) che mantiene però l’obbligo di eliminare il cervello fritto di bovino adulto da cui si ottengono le prelibate frittelle impastellate in acqua e farina o in uovo e pan grattato dopo una prima scottata in brodo bollente.
«Si tratta di risultato importante per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori - ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - che oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi». La pajata è l'ingrediente principale di uno dei piatti più tipici della cultura gastronomica della capitale italiana: i rigatoni con la pajata, ma in alternativa può essere proposta alla brace, in forma di spiedino.
«Un particolare ringraziamento - conclude Tomei - va al ministero della Salute che, attraverso un articolato dossier scientifico consegnato alla Commissione europea, che l'ha validato, ha contribuito in maniera determinante al ritorno sulle tavole degli italiani di un piatto della tradizione». Le misure della Commissione europea sono una giusta conseguenza del fatto che dal 2009 non si registrano casi di mucca pazza tra bovini in Italia per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto anche con grandi sacrifici dagli allevatori. L’Italia con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all'Oie, che hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio “trascurabile” per la mucca pazza (Bse).
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Alberto Lupini
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