Se la psicosi colpisce la burocrazia

Tutto chiuso, tutto annullato. Questo è ciò che le istituzioni hanno scelto. Giusto o meno che sia, si tratta di una scelta. Le riunioni tra di loro però, sono tutte “live”, alla faccia degli assembramenti

25 febbraio 2020 | 10:26
di Federico Biffignandi
Nei casi d’emergenza, i nodi vengono al pettine. Il coronavirus che sta contagiando l’Italia, sia da un punto di vista sanitario che - soprattutto - psicologico ha messo in luce tutte le difficoltà tecniche, tecnologiche e burocratiche dell’Italia. Mentre le aziende private - nemmeno tanto sviluppate e nemmeno troppo avanti anni-luce - si sono attrezzate immediatamente per attivare le modalità di smart-working (sempre siano lodate, il numero di quelle che l’hanno fatto dovrebbe essere esponenzialmente più ampio per essere coerenti fino in fondo con il pericolo) le riunioni tecniche dei sindaci, degli amministratori e delle istituzioni si svolgono in un’aula chiusa faccia-a-faccia.


Giuseppe Conte alla riunione con la Protezione Civile

Come la riunione dei sindaci lombardi che si è svolta nella serata di domenica, che avrebbe potuto essere fatta in videoconferenza anche solo per snellire ogni tipo di manovra. E invece no, tutti in aula, come si faceva 100 anni fa. Chiudiamo un occhio per le riunioni più importanti coi vertici, come tutte quelle a cui sta partecipando il Premier Giuseppe Conte ad esempio con la Protezione Civile, ma su tutto il resto andrebbe fatto un passo avanti.

Anche perché in questo modo si genera un paradosso che si può riscontrare in numerose altre situazioni. Le istituzioni corrono ai ripari in maniera drastica (e anche un po’ scriteriata talvolta) con la giustificazione di voler intervenire a gamba tesa sulla diffusione del virus. E quindi stop alle scuole, alle università e chiusura di ogni tipo di attività ricreativa, religiosa, ludica, enogastronomica pubblica e privata (ad eccezione dei ristoranti - se vogliono - e dei bar, dopo le 18. Ma naturalmente) però quando si tratta di organizzare riunioni, ecco l’assembramento di sindaci e amministratori. Mentre quei "fessi" di preti - tanto per dire che si può fare - si organizzano e procedono con le proprie attività pastorali e i percorsi di fede canonici mandano in diretta streaming gli incontri che solitamente si tengono dal vivo così da ovviare all'interruzione di messe e funzioni.

Eppure un rischio così elevato scientificamente approvato e unitamente condiviso ancora non c’è. Ma è meglio mettersi al sicuro a livello di responsabilità burocratica e legale. Succede la stessa cosa con il maltempo: prima i grandi disastri che hanno toccato il nervo scoperto di una sicurezza idrogeologica dell’Italia da terzo mondo e mai realmente curata, poi - una volta accaduti i disastri - ecco le ordinanze da codice rosso piovere come nubifragi al primo rannuvolamento del cielo.

Il sangue freddo non è mai stato di casa sulla nostra Penisola (per fortuna, verrebbe da dire in non pochi casi) ma forse questo momento di crisi può essere un’altra opportunità che la storia ci serve su un piatto d’argento per svoltare, a livello pratico, ma soprattutto psicologico.

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Alberto Lupini


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