Il riso italiano sfida il covid e l'Asia Il settore sostiene 10mila famiglie

Sono 228mila gli ettari coltivati quest’anno sul territorio nazionale e 4mila le aziende che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate di risone all’anno. Boom dei consumi: 16% nei primi sei mesi

25 settembre 2020 | 10:32
Scatta in Italia la prima raccolta di riso al tempo della pandemia con il via alle prime trebbiature su tutto il territorio nazionale e i consumi che fanno registrare un aumento record del 16% nei primi sei mesi del 2020 (analisi Coldiretti sulla base dei dati Ismea). Nel mentre preoccupa, però, il boom di arrivi di prodotto dai paesi asiatici, con una vera e propria invasione che ha saturato il mercato facendo concorrenza sleale ai coltivatori Made in Italy.


Dalle risaie Made in Italy nascono opportunità di lavoro per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori

Il cereale più consumato al mondo è stato oggetto di una vera e propria guerra commerciale con l’inizio della pandemia con accaparramenti, controlli sui raccolti e limiti alle esportazioni da parte dei principali paesi produttori per garantire le forniture alimentari ai propri cittadini.

Un momento dunque importante per l’Italia che si conferma primo produttore europeo di riso, con 228mila ettari coltivati quest’anno e 4mila aziende agricole che raccolgono 1,50 milioni di tonnellate di risone all’anno, pari a circa il 50% dell’intera produzione Ue e con una gamma varietale unica e fra le migliori del mondo.

Si prevede una buona produzione di qualità, nonostante i danni causati dal maltempo in alcune regioni del Nord, con un aumento secondo la Coldiretti del 4% degli ettari coltivati che salgono a 228mila, di cui quasi l’80% concentrati in tre province del Piemonte e della Lombardia (Vercelli, Pavia e Novara) ma la coltivazione è presente anche in Veneto, Emilia, Toscana, Sicilia e Sardegna.

Dalle risaie Made in Italy nascono opportunità di lavoro per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera, senza dimenticare lo straordinario impatto sul paesaggio, sull’ambiente e sulla biodiversità con 200 varietà, iscritte nel registro nazionale, dal vero Carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’Arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al Vialone Nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come Indicazione geografica protetta, passando per il Roma e il Baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.

A preoccupare è però, il boom di arrivi di prodotto dai paesi asiatici, con una vera e propria invasione che ha saturato il mercato facendo concorrenza sleale ai coltivatori Made in Italy. Lo dimostra il caso del Myanmar (la ex Birmania) che nel 2020 ha aumentato del 44% le esportazioni di riso di varietà Japonica in Italia, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi sei mesi dell’anno, e continua a godere delle esenzioni tariffarie che erano state, invece, sospese per la varietà Indica con la decisione di applicare la clausola di salvaguardia.

Oltre a fare concorrenza sleale ai produttori italiani sul paese pesa l’accusa di violazione dei diritti umani e addirittura di “genocidio intenzionale” per i crimini commessi contro la minoranza musulmana dei Rohingya ed è quindi necessario attivare al più presto la sospensione totale del regime Eba (tutto tranne le armi) attivando al tempo stesso un monitoraggio quotidiano e coordinato a livello europeo delle importazioni di riso Japonica.

Ma anche le importazioni dal Vietnam sono cresciute del 17% e sono destinate ad aumentare ulteriormente grazie all’entrata in vigore nell’agosto scorso dell’accordo di libero scambio con la Ue che comporta l’ingresso a dazio zero di 80mila tonnellate di riso lavorato, semilavorato e aromatico.

Nell’ambito dei negoziati internazionali per gli accordi di libero scambio il riso deve essere considerato un prodotto “sensibile” dalla Commissione Ue, evitando nuove concessioni all’import e rendendo obbligatoria a livello europeo in etichetta l’indicazione del Paese di origine in modo da indirizzare gli investimenti dei fondi comunitari per la promozione solo verso il riso coltivato nell’Unione.

Per la sicurezza dei consumatori è poi necessario eliminare le soglie di tolleranza per le sostanze vietate all’interno dell’Ue con il divieto all’importazione di prodotti agricoli contenenti sostanze attive non approvate nell’Ue con reciprocità nelle regole sull’uso degli agrofarmaci tra i produttori Ue e tra questi e quelli dei paesi terzi.

«È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori», ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nel sottolineare che «che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore».

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Alberto Lupini


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