L’argomento appare e dispare, affiora e sprofonda come un fiume carsico: Milano è sempre più pericolosa. Punto interrogativo? O lo possiamo affermare con certezza? E nella percezione dell’aumentato pericolo, che ruolo avrebbe la movida selvaggia? Leggere i titoli dei giornali, ultimamente, è poco rassicurante: da settembre scorso ad oggi è tutto un “Ragazza aggredita e colpita con una bottiglia” (25/02), “Milano: le offre aiuto e la violenta” (04/04), “Ancora un’aggressione sessuale a Milano in zona Duomo” (02/05), “Calciatore svizzero rapinato in corso Como” (08/05), “Aggressione in zona movida” (15/05) e via strombazzando. A costo di apparire pedanti, ricordiamo che le prime pagine urlate dai media non sono mai la migliore metodologia d’analisi; è noto quel fenomeno strano ma studiatissimo per cui se un pitbull azzanna un ragazzino e la relativa notizia “funziona” (acchiappa click o fa vendere copie), durante i successivi trenta giorni di rassegna stampa spunteranno magicamente pitbull inferociti da ogni pertugio.
Ma qui c’è qualche altro indizio: è recentissima la dichiarazione del vicepresidente Epam (affiliata a Confcommercio), Michele Berteramo, che denuncia i problemi di sicurezza nelle zone più affollate di Milano, problemi che rischiano di scoraggiare i turisti che tornano a riversarsi in riva al Naviglio nell’era post-Covid. Ed è pure sotto gli occhi di tutto il rimpallo di cifre e responsabilità tra il sindaco Beppe Sala e il ministero dell’Interno, in tema di malamovida o di puro e semplice incremento dei reati. Senza la pretesa di dire l’ultima parola, cerchiamo di capirci qualcosa con l’aiuto degli imprenditori che si giocano il fatturato e l’incolumità, nel bel mezzo della tempesta di denunce che fioccano e di aggressioni che (a quanto pare) si moltiplicano. Perché è chiaro che in questo conflitto, spesso armato, la ristorazione è in prima linea.
Movida Milano, Lattuca (Terramare): «La sera si ha spesso paura di subire scippi o aggressioni»
Cominciamo dal quartiere Brera: fascinoso, umbratile, percorso da schiere di turisti, cittadini alla ricerca di atmosfere schiettamente meneghine, frotte di giovani e giovinastri. Giusto alle porte di Brera troviamo “Terrammare”, ritrovo gastronomico di classe che riesce a far convivere tradizione siciliana e orientamento cosmopolita, creativo, sensibile al nuovo che avanza: ci risponde Stefania Lattuca, titolare di “Terrammare”. «Milano in mano alla piccola delinquenza? Qui in via Sacchi io non avverto tutta questa insicurezza, il posto è tranquillo. Diverso il racconto dei miei collaboratori: quando tornano a casa, a tarda sera, spesso hanno paura di subire scippi o aggressioni, perché sono stati testimoni oculari di simili disavventure o magari gli è capitato personalmente. I clienti ancora non mi hanno riferito nulla di simile, ma è chiaro che con i collaboratori si parla di più e a cuore aperto».
Dato che lei abita proprio a Milano, non lontano dal suo ristorante, ha talvolta l’impressione che la situazione sia in peggioramento?
Un po’ sì, a essere sinceri, e la cosa vale in qualsiasi orario; se sei al bar o al bistrot e lasci la borsa incustodita devi aspettarti delle sorprese, ho assistito io stessa a qualche brutta scena. Facciamo però un distinguo: io vivo in pieno centro e definirei accettabile, tutto sommato, la somma dei rischi che si corrono; nelle zone periferiche, invece, è fin troppo facile vedere in giro disperati e brutti ceffi, che ti danno l’idea che possa accadere qualcosa da un momento all’altro. Se a questo si aggiunge la mancanza assoluta di sorveglianza, c’è poco da stare allegri.
Movida Milano, Piacentini (Cocciuto): «La sicurezza è al minimo storico»
Mancanza assoluta, ha enfatizzato Stefania Lattuca, e su questa impressione così netta magari dovremo ritornare. Andiamo ora ad ascoltare l’opinione di Paolo Piacentini, cofondatore del gruppo “Cocciuto” (quattro ristoranti funzionanti a Milano) assieme a Michela Reginato: possiamo aspettarci una risposta a largo raggio, visto che le sue sentinelle si trovano in Porta Venezia, Chinatown, Alzaia Naviglio Grande e Porta Romana.
Piacentini, anzitutto che tipo di clientela frequenta i ristoranti “Cocciuto”?
Tutti coloro che amano la pizza genuina, di alta qualità, e allo stesso tempo non si accontentano solo di quella: offriamo la nostra selezione di piatti internazionali, tapas, yakitori, bao asiatici, ma anche tradizionali italiani, come brasato e spaghetti alla gricia. Il filo conduttore tra tutte queste proposte così distanti fra loro? La qualità delle materie prime, che curiamo senza compromessi.
E adesso il tema del giorno: Milano fa paura. Si esagera?
Non è il momento migliore per discuterne: stanotte hanno rubato la cassa, nel ristorante vicino al Naviglio. Abbastanza sventati, questi ladri: ignorano il fatto che nessuno più lascia i contanti in cassa, al giorno d’oggi. Hanno fatto danni, più che altro. E invece la settimana scorsa hanno rubato in quello di Porta Romana. Non penso di essere influenzato da questi episodi se affermo che attualmente la sicurezza è al minimo storico. Gliene dico ancora una: l’altra sera i miei dipendenti si sono fermati a fare due chiacchiere, nel locale di Porta Venezia, e hanno dovuto affrontare un gruppo di extracomunitari armati che gli hanno rapinato quelle quattro cose che avevano in tasca. I reati sono aumentati nel corso degli ultimi anni, su questo non ho dubbi, e posso dire anzi che l’ho vissuto in prima persona. I nostri clienti confermano il peggioramento nel volgere di un anno o poco più, perché anche loro subiscono scippi e furti, a volte perfino all’interno dei nostri locali, nonostante le telecamere accese.
Visto che vi siete installati in quattro zone diverse, ha individuato quella più critica?
Porta Venezia, senz’altro. Di media c’è più gente in giro, e chi voglia borseggiare o rapinare ha più occasioni di lavoro, chiamiamolo così.
Movida Milano, Trottolini (Testone): «I segnali negativi aumentano»
Da Porta Venezia alla Darsena c’è un’oretta di strada a piedi: l’ambientazione è diversa ma la situazione non cambia. L’imprenditore consultato si chiama Lorenzo Trottolini e gestisce “Testone” a via Vigevano, potremmo dire in piena movida. Dal 2018 “Testone” cerca di condividere a Milano le proposte della cucina umbra, quella verace e genuina: la torta al testo (specie di piadina umbra, da farcire), affettati, carne alla brace, cotiche e fagioli, pasta casereccia. «La cucina della casa della nonna, la cucina popolare umbra, mettiamola così», puntualizza Lorenzo Trottolini. «Un’offerta ad ampio raggio, pensata per una clientela molto eterogenea: famiglie, giovani, turisti, un po’ di tutto ecco. I prezzi sono convenienti e l’atmosfera è quella della tipica osteria regionale, che la gente comune apprezza molto».
E invece sui Navigli l’atmosfera com’è? Ci si sente al sicuro o no?
Direi di no, e i segnali negativi aumentano, purtroppo. A tarda sera si vedono in giro troppe persone un po’ brille, che cercano lo scontro fisico, rovesciano i cestini, prendono a calci le vetrine. Gang di sbandati, insomma. È inaccettabile, in un quartiere dove i ristoranti, i pub, i bar sono quasi l’unica attività commerciale.
E le forze dell’ordine cosa fanno?
Servirebbero dei presidi che non ci sono, o almeno io non li vedo. Specialmente nei giorni più a rischio, che sono il venerdì e il sabato sera.
Come si esce da questa situazione?
Impegnandosi di più e pattugliando il territorio, perché quel che le autorità hanno fatto finora non basta. Si ha l’impressione che i bulli e i delinquenti veri e propri non vengano mai presi, e quella volta che capita non ricevano sanzioni adeguate. Sono inutili le misure preventive spicciole, come proibire la vendita degli alcolici a partire da un’ora prestabilita: chi vuole scatenarsi se li compra prima. Ci sarebbe da fare molto di più per inculcare il rispetto delle regole, l’educazione civica, ma qui andiamo sul difficile. E non si ottengono risultati da un giorno all’altro.
Movida Milano, una studentessa universitaria: «Servono più controlli»
Per avere un quadro meno sfocato bisogna guardare il fenomeno da altri punti di vista, ad esempio quello dei giovani: anche perché sono loro i protagonisti della movida e qualche volta anche degli episodi spiacevoli, disgraziatamente. Abbiamo contattato una studentessa universitaria che per motivi di privacy chiameremo Miriam.
La parola ai ventenni, ventiquattrenni nel tuo caso: dov’è che a Milano si fa serata?
All’ora dell’aperitivo in zona Citylife-Tre Torri c’è parecchio movimento. Nel dopocena Corso Como, Moscova e dintorni si affollano tantissimo, specie nel fine settimana. Qualcosa si vede anche in zona Isola, ma è un pubblico di nicchia, e poi ovviamente c’è Chinatown, in particolare via Paolo Sarpi. Questi i posti che frequento col mio gruppo, ma di certo esistono altre vie della movida.”
I problemi di ordine pubblico sono reali o presunti?
Ci sono eccome, specie per le ragazze: quando il gruppo è piccolo la sensazione è davvero spiacevole. Mi è capitato di trovarmi con tre amiche, verso mezzanotte, nella condizione di non sapere come tornare a casa. Pochi mezzi pubblici disponibili, taxi introvabili, malintenzionati che si avvicinano per importunarti… c’è davvero da aver paura. Divise in giro se ne vedono fino a una certa ora, dopodiché spariscono; ma in orario serale e pomeridiano risultano comunque insufficienti.
I possibili rimedi?
Più controlli sicuramente. Polizia, carabinieri, qualcuno che faccia capire che lo Stato è presente e interviene quando è necessario.
E di sballati da controllare e portare in caserma ce ne sono in giro fin troppi, aggiungiamo noi: perché serve agire prima che scoppi la gazzarra, quando è in corso è ormai tardi. In conclusione, è possibile davvero che l’insicurezza sia qualcosa di più di una sensazione, a Milano. Difficile, però, quantificare e generalizzare: le periferie stanno messe peggio delle zone centrali, ci sono orari a rischio e zone da evitare, e comunque l’impatto sulle attività economiche è rilevante: gli imprenditori devono investire in vigilanza privata e telecamere, i consumatori sciamano altrove se non si sentono al sicuro. La formula magica per trasformare Milano in un’oasi di pace non ce l’ha nessuno, e tutti invocano la pattuglia in mezzo ai Navigli e a piazza Duomo, o magari un po’ più di rigore quando si puniscono i colpevoli… appunto, quando mai si puniscono i colpevoli? Bisognerebbe prima acchiapparli. Quel che non si può fare proprio è rimanere indifferenti aspettando che i problemi si risolvano da soli, perché Milano non se lo merita: e non vale solo per le forze dell’ordine, ma anche per il cittadino che non denuncia, il genitore che non interviene, il ristoratore che getta la spugna, l’associazione che non propone, il politico che pensa ad altro.
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Alberto Lupini
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