Latte in polvere e antieuropeismo che puzza più del formaggio avariato
06 luglio 2015 | 11:23
di Alberto Lupini
Ma procediamo con ordine. In primis bisognerebbe capire qual è la logica che sta dietro la lettera con cui la Commissione Ue - in nome della libera concorrenza - ha richiamato l’Italia a correggere la legge n.138 del 1974, che vieta l’utilizzo del latte in polvere nel nostro Paese per la produzione di prodotti caseari come formaggio, yogurt e latte alimentare. Attenzione, è vietata la produzione, non la commercializzazione. I vincoli europei ci impongono infatti di mettere in vendita tutti i prodotti realizzati in Europa, e quindi sugli scaffali dei supermercati si trovano latte, yogurt e formaggio che sono prodotti con latte in polvere o concentrato. Si tratta di cibo “non italiano” ma la cui provenienza, e composizione, non è sempre chiara in etichetta.
In nome di parità di comportamenti la Commissione ha chiesto di eliminare una norma che in realtà non è in contraddizione coi trattati, nella misura in cui regolarizza la produzione interna ma non blocca la commercializzazione di formaggi fatti altrove.
La legge italiana era stata varata con lo scopo di tenere alta la qualità delle produzioni casearie italiane salvaguardando le aspettative dei consumatori per quanto concerne l’autenticità e la qualità dei prodotti italiani mediante la qualità delle materie prime. Da qui la conquista di un primato internazionale per la qualità dei nostri formaggi, che hanno superato anche quelli francesi, al punto che da Parigi si “tifa” in fondo per ridurre la qualità dei nostri... Una legge, va ricordato, che si aggiunge peraltro alle norme che regolano la produzione dei Dop per i quali il latte in polvere non può essere utilizzato comunque. Grana padano, mozzarella di bufala, parmigiano, pecorino, asiago, provolone, gorgonzola e tutte le altre decine di formaggi Dop made in Italy non sarebbero in ogni caso toccati da un’eventuale eliminazione della legge italiana. Sono queste le produzioni che utilizzano circa il 50% dei 9 milioni di litri di latte prodotto in Italia (contro gli 11 importati).
Questa situazione sta però un po’ stretta ad alcuni industriali italiani (per formaggi non Dop) perché si sentono svantaggiati rispetto ai concorrenti europei che possono usare latte in polvere o condensato (meno costoso, anche solo per il trasporto). Su queste basi l’eurodeputato Oreste Rossi eletto con la Lega Nord (e già Presidente del Consiglio regionale del Piemonte sotto la guida di Roberto Cota), il 17 gennaio 2013 aveva invitato la Ue, con un’interrogazione scritta, ad intervenire per eliminare la legge di tutela italiana che crea disparità per alcune industrie italiane.
Se in Italia saltasse la legge attuale, si farebbe formaggio con latte in polvere, meno costoso di quello attuale, ma anche meno buono. Ci sarebbero rischi però per le Dop (mozzarella in primis) per le quali i produttori italiani sono impegnati a garantire uno standard di qualità che ovviamente ha costi più elevati. Il rischio è che, consentendo l’uso di latte in polvere, diminuirebbe la qualità dei formaggi non Dop, con danni anche per i consumatori, causando danni ai produttori di Dop. Ma anche un grave danno d’immagine per il Made in Italy che subirebbe un inevitabile adeguamento “al ribasso” con lo standard europeo. Ma di questi rischi non accusiamo l’Europa, bensì i soliti furbetti di quartiere.
Una petizione per dire “no” al latte in polvere
Italia a Tavola sostiene la petizione, su change.org, diretta al ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina e lanciata da Mauro Pili per dire “no” alle imposizioni europee sul latte in polvere per i formaggi sardi. Per aderire alla petizione CLICCA QUI.
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Alberto Lupini