L'inflazione accelera: a febbraio +4,6% sugli alimentari
L'Istat certifica che rispetto al mese precedente i prezzi sono saliti di un punto percentuale. Nella top ten c'è l'olio di semi (+19%), la verdura (+17%) e la pasta (+12%)
L’inflazione accelera, raggiungendo un livello (+5,7%) che non si registrava da novembre 1995, registra l'Istat. E sono sono i prezzi dei beni energetici a spingere in alto la crescita. Ma le tensioni inflazionistiche coinvolgono anche i beni alimentari i cui prezzi accelerano, trascinando al 4,6% la crescita dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa”. Coldiretti rilancia l'allarme legato alla filiera dell'agroalimentare che colpisce gli agricoltori e gli allevatori. Al primo posto nella classifica legata all'aumento dei bani alimentari c'è l'olio di girasole (+19%).
L'inflazione accelera e gli agricoltori sono sempre più in crisi
L'inflazione continua a mordere e i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori non riescono neanche a coprire i costi di produzione legati al balzo dei beni energetici. L’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari è dovuta sia a quelli lavorati (+3,1%) e sia ai non lavorati (+6,9%) con le tensioni inflazionistiche che si propagano al cosiddetto “carrello della spesa”. Coldiretti rileva che in testa alla top ten dei prodotti alimentari che hanno fatto segnare il maggior incremento di prezzi con un balzo del 19% c’è - l’olio di semi come il girasole importato dall’Ucraina che ha dovuto interrompere le spedizioni e si registrano accaparramenti e scaffali vuoti. A seguire sul podio forti rincari fa registrare con un +17% la verdura fresca anche per gli alti costi di riscaldamento delle serre e la pasta (+12%) con la corsa agli acquisti nei supermercati per fare scorte. Aumenti dei prezzi significativi fanno segnare nell’ordine burro (+12%), frutti di mare (+10%), farina (+9%), margarina (+7%), frutta fresca (+7%), pesce fresco (+6%) e carne di pollo (+6%).
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Coldiretti: «Le imprese agricole sono sempre più in difficoltà»
A lanciare l'allarme sullo stato legato alla filiera dell'agroalimentare è ancora una volta l'associazione di categoria Coldiretti. «Le imprese agricole sono costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera - sottolinea l'associazione - L’agricoltura deve pagare una bolletta aggiuntiva di almeno 8 miliardi su base annua, rispetto all’anno precedente, che mette a rischio coltivazioni e allevamenti. In un Paese come l’Italia dove l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada l’aumento dei prezzi di benzina e gasolio ha un effetto valanga sui costi delle imprese e sulla spesa di consumatori con il rischio di alimentare psicosi, accaparramenti e speculazioni. L’aumento dei costi si estende- precisa la Coldiretti – all’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione ed occorre intervenire nell’immediato per contenerli e non far chiudere le attività produttive e distributive essenziali al Paese.
Ettore prandini: «Servono incentivi per aiutare le aziende a rilanciarsi»
«Bisogna agire subito», ha dichiarato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Bisogna fare di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevamenti sopravvissuti incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso l’Ismea, prevedendo nuovi sostegni urgenti per filiere più in crisi a causa del conflitto e del caro energia e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali. E poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità, contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le NBT a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici».
Confcommercio è pessimista: «L'inflazione nel 2022 arriverà al 5%»
Per Confcommercio non c'è nessuna buona nuova dalla conferma dell'Istat sull'inflazione di febbraio. «A questo punto, anche in assenza di peggioramenti sui fronti geopolitico ed energetico, un tasso d'inflazione medio per il 2022 superiore al 5% è ampiamente prevedibile. Le conseguenze negative per la dinamica dei consumi, e quindi del Prodotto interno lordo, sono già tangibili», ha commentato l'associazione.
Per Confimprese i livelli pre pandemici sono ancora ben lontani
I dati dell’Osservatorio permanente Confimprese-Ey, che analizza l’andamento dei consumi di mercato di febbraio 2022 su febbraio 2020 nei settori abbigliamento e accessori, food&beverage (ristorazione servita, quick service e bar) e non food (retail cosmetica, arredamento, servizi, cultura) evidenziano che a febbraio 2022 è stato ridotto lievemente il gap che aveva il mese precedente. Ma la percentuale è ancora in negativo, ovvero è pari al -14,7% rispetto a febbraio di due anni, ovvero a prima che iniziasse l'emergenza pandemica.
Continua inoltre la discesa di abbigliamento-accessori con una chiusura mese a -24,9% rispetto a febbraio 2020. Trend meno negativi per la ristorazione a -9,2%. Il retail non food conferma il riallineamento ai livelli pre-pandemia con un mese di febbraio a -2%. In leggero recupero i centri commerciali -19,5%. La prossimità conferma le mutate abitudini d’acquisto dei consumatori con una flessione contenuta a -5,7%. L’Abruzzo con -8% è la Regione che ha avuto le migliori performance rispetto alle altre altre regioni. Le Marche precipitano a -25,7%, mentre tra le città Napoli resiste a -9%. Torino giù al -25%
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Alberto Lupini
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