La Brexit senza regole fa paura «A rischio il 30% del Made in Italy»

Domani l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea sarà effettiva, ma mancano gli accordi bilaterali. C’è preoccupazione per la mancanza di tutela giuridica dei marchi dell’eccellenza italiana, come Dop e Igp . L’allarme di Coldiretti: «Così la Gran Bretagna rischia di diventare il porto franco dei falsi prodotti in Europa»

30 gennaio 2020 | 10:50
Domani è il giorno che presto sarà ricordato anche nelle scuole come il giorno dell’addio del Regno Unito all’Unione Europea. Un divorzio al buio, senza accordi tra le parti, che preoccupa non poco tanti settori dell’eccellenza nostrana. Da domani in Gran Bretagna salterà la tutela giuridica dei marchi dei prodotti italiani a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che rappresentano circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare tricolore.

Un terzo dell'export italiano a rischio con la Brexit

Non solo: il premier britannico Boris Johnson sarebbe pronto ad accettare controlli alle frontiere pur di non accettare l'imposizione dei regolamenti e gli standard europei sulle merci, come richiesto dalla Ue. Da qui l’allarme lanciato dalla Coldiretti: «Il Made in Italy resterebbe senza protezione europea e subirebbe la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione realizzati oltreoceano e nei Paesi extracomunitari come dimostrano - si legge in una nota - le vertenze del passato nei confronti della Gran Bretagna con i casi della vendita di falso prosecco alla spina o in lattina fino ai kit per produrre in casa finti Barolo e Valpolicella o addirittura Parmigiano Reggiano».
 
Con l’uscita dall’Unione Europea inizierà per il Regno Unito la seconda fase del processo, ossia i negoziati sulle future relazioni con l’Unione. «Il rischio è che - continua la Coldiretti - si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane come ad esempio l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti che si sta diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che boccia ingiustamente gran parte del Made in Italy a denominazione di origine (Dop), compresi prodotti simbolo del Made in Italy dall’extravergine di oliva al prosciutto di Parma, dal Grana Padano al Parmigiano Reggiano».
 
A pesare sui rapporti commerciali è anche la minaccia di ostacoli amministrativi alle esportazioni, che scatterebbero con il nuovo status di Paese Terzo rispetto all’Unione Europea, dopo che le forniture agroalimentari Made in Italy stimate nel 2019 sono state pari a circa 3,4 miliardi di euro e classificano la Gran Bretagna al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese nel settore preceduta da Germania, Francia e Stati Uniti.
 
Dopo il vino che complessivamente fattura sul mercato inglese circa 800 milioni di euro nel 2019 secondo le proiezioni di Coldiretti (spinto dal boom del Prosecco Dop con circa 350 milioni), al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna c’è proprio l’ortofrutta fresca e trasformata come i derivati del pomodoro con 250 milioni di euro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi e dell’olio d’oliva. Importante anche il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano per un valore che supera i 100 milioni di euro nel 2019 secondo proiezioni Coldiretti. Nel complesso la Gran Bretagna importa dall’Unione Europea quasi 1/3 del cibo consumato.

Ettore Prandini

«Sulla Brexit l’Italia e l’Europa rischiano di finire in mezzo a una tempesta perfetta sotto il peso dei dazi di Trump e dell’embargo russo che è già costato ai produttori italiani un miliardo di euro negli ultimi cinque anni» ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «gli agricoltori e l’intera filiera agroalimentare non possono pagare le conseguenze di una Brexit affrettata, è quindi importante che prevalga il buon senso e che si arrivi a un accordo che tuteli le denominazioni geografiche Made in Italy, la qualità dei prodotti italiani e la sicurezza dei consumatori».

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Alberto Lupini


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