L'allarmismo della politica uccide più del coronavirus

Reponsabilità o eccessivo allarmismo? Difficile dire, ma mentre il coronavirus tappezza i giornali italiani (meno quelli stranieri, come se loro di casi non ne avessero), l'Italia si scava una fossa : isolamento internazionale, crollo delle borse e il turismo piange. Alzano la voce gli esperti: «Poco più di un'influenza!»

25 febbraio 2020 | 16:44
di Marco Di Giovanni
Giorno dopo giorno, anzi, ora dopo ora, l'Italia viene isolata. Parla di isolamento inaccettabile Conte, sia dai Paesi del mondo che, ancor peggio, da quelli vicini e amici dell'Unione europea. «Siamo tutti impegnati nelle relazioni internazionali, sarebbe ingiusto - dice - se arrivassero limitazioni da Stati esteri». E così, dall'Irlanda alla Grecia si invitano i cittadini a non volare in Italia; la Slovenia che minaccia, se necessario, di chiudere i confini... E il caso più eclatante di tutti: la Francia. Ancora si può accettare un "isolamento vivamente consigliato" a chi torni dal nord Italia, ma... Marine Le Pen che parla di misure straordinarie?


Una psicosi tutta italiana

Tutto, in realtà, sarebbe più che giustificato, SE la situazione fosse affrontata in egual modo in tutti i Paesi comunitari, ma così non è. E di fronte a tale situazione non si può certo stare in silenzio. Eloquenti, in merito le parole da poco pronunciate di Walter Ricciardi, membro del comitato esecutivo dell'OMS: «Noi abbiamo fatto 4mila tamponi», la Francia 475. È chiaro che senza controlli, i casi non si trovano. È altrettanto chiaro che la scelta (dichiarata responsabile dal Governo italiano nei confronti della sua popolazione, ma drasticamente infelice per il nostro turismo, la nostra economia e le nostre relazioni internazionali) di fare "tamponi a gogo" ha sì voluto essere tutelante e responsabile, ma ha portato ad un allarmismo di massa che ora deve finire.


Walter Ricciardi

Da una parte non bisogna smettere di sostenere ciò che oggi ha ribadito Alessandro Vespignani, docente di Scienze Computazioni all'Università di Boston: «L'aumento dei casi è dato dal buon lavoro dei controlli». Perché se di controlli non ne vengono fatti, come detto, i casi non si trovano. Si sono espressi in questa maniera diversi scienziati, dal presidente dell'Ordine dei Biologi Vincenzo D'Anna - «Nelle altre nazioni d'Europa non si registrano casi perché non li cercano» - all'infettivologo Massimo Andreoni - «La crescita improvvisa può essere dovuta a diverse cause. Prima tra queste quella di sottoporre al prelievo con tampone tutti i contatti delle persone malate. Questo ha permesso di individuare persone che non sarebbero mai state diagnosticate come positive. Noi abbiamo cercato, gli altri no. Se ci fossimo limitati al controllo dei pazienti con i sintomi, il numero delle infezioni sarebbe stato ridotto» - fino al virologo Giorgio Palù - «In Italia sono stati fatti controlli estensivi e di conseguenza emergono più casi». Non è difficile capire, dunque, quanto sia strettamente correlato il legame del caso positivo con la ricerca dello stesso.


Vincenzo D'Anna, Massimo Andreoni e Giorgio Palù

C'è chiaramente chi, spaventato, può dire: bravo il nostro Stato, attento al diffondersi di questa pandemia. Ma qui sta l'altro errore.

Dall'altra parte un'azione talmente intensiva che, seppur giustificabile, ha portato ad un allarmismo che ha poco motivo d'esistere. La prima a dirlo, già domenica, è stata Maria Rita Gismondo, direttrice responsabile di Macrobiologia clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze del Sacco di Milano: «Il laboratorio ha sfornato esami tutta la notte. A me sembra una follia. Si è scambiata un'infezione appena più seria di un'influenza per una pandemia letale».


Maria Rita Gismondo

E con lei lo stesso Andreoni, «non spaventiamoci, otto volte su dieci si tratta di una malattia banale»; lo stesso D'Anna, che ancor più chiaramente afferma «In Italia mancano scienziati coraggiosi, che dicano che il coronavirus non è più grave di un'influenza». "In fila" dietro questo punto di vista, sempre più convidiso tra gli esperti, si stanno mettendo anche gli stessi politici. Quelli che urlavano "al lupo, al lupo" ai primi casi di contagio, pensando che il lupo fosse il coronavirus, per rendersi conto ad oggi che il vero lupo è il crollo delle borse, l'isolamento internazionale e una politica inevitabilmente sfociata nell'allarmismo perché non controllata, circondata dagli altri Paesi, probabilmente con lo stesso numero di contagiati, che vanno avanti nelle proprie attività, senza arrivare a chiudere fiere, rinviare eventi, blindare intere città.


Giuseppe Conte e Attilio Fontana

E come va avanti finora? Con gli scaffali dei supermercati quasi completamente vuoti (eccezion fatta per le penne lisce, perché gli italiani il senso dell'umorismo non lo perdono mai) e il nuovo motto "Lombardo-veneto is the new appestato". E intanto Giuseppe Conte e Attilio Fontana si distribuiscono le colpe: dovrebbe tranquillizzarci... Quando le istituzioni litigano, significa che sta tornando tutto normale.

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Alberto Lupini


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