La solidarietà dell’olio tunisino ucciderà i prodotti del nostro territorio

11 marzo 2016 | 16:48
di Fausto Borella
Avrei voluto cominciare a raccontare il mondo dell’olio vero e di qualità, dando voce ai dialetti di migliaia di seri olivicoltori sparsi in tutta Italia. Ma le ultime tragiche vicende mi inducono a soffermarmi, ancora una volta, su di un incontrovertibile inizio della fine per il comparto dell’olio di qualità.

Si racconta che per solidarietà nei confronti del popolo tunisino, a causa degli attentati che si sono verificati nei mesi scorsi, il Parlamento europeo, grazie anche ai voti dei nostri Onorevoli, abbia accettato l’invasione di ulteriori 70 milioni di litri di olio in due anni, che vanno ad aggiungersi ai già approvati 56 milioni di litri. Per capire quanti sono questi numeri stratosferici (oltre 126 milioni di litri di olio tunisino), è come se la Monini, che in questi giorni sta pubblicizzando i suoi 250mila pezzi di olio da 1 litro in una nota catena di supermercati, avesse bisogno di 504 promozioni per finire le scorte; quasi due al giorno per tutto l’anno!



Non c’è bisogno che mi difenda sottolineando che la mia non è una presa di posizione sciovinistica al limite dell’islamofobia o del razzismo. Ben venga la commercializzazione dei prodotti dei nostri confinanti, per conoscere e interscambiare i vari gusti e sapori provenienti dai Paesi del Mediterraneo.

Qui si tratta - come dicevano i latini, “mors tua vita mea” - di difendere un prodotto unico al mondo come solo noi italiani abbiamo, con oltre 500 varietà di olive esistenti nel nostro territorio, da un’invasione di un alimento senza filiera e senza tracciabilità, che andrà a invadere e soprattutto a confondere le già poche nozioni che il consumatore possiede riguardo la bontà dell’extravergine.

Questo articolo vuole essere un grido di dolore nel quale tutti i consumatori si devono sentire feriti e mortificati. Continuare a svilire forse il più importante giacimento gastronomico italiano, a scapito dell’ignaro consumatore, non solo è un inganno, ma è ingiusto e immotivato. Girando l’Italia settimanalmente, continuo a trovare bottiglie di olio anonime sulle tavole dei ristoranti in cui “campeggiano” nomi di fantasia per confondere il consumatore e poi per legge, in piccolo, ma molto in piccolo, si legge: “Olio extravergine ottenuto con miscele comunitarie e non”.

Ma come fa la Signora Maria di turno, e ce ne sono milioni in Italia, a comprendere che quello che usa è si un olio extravergine, ma senza profumi, persistenze e soprattutto senza antiossidanti salutari per il nostro corpo; i famosi polifenoli.

Leggete le etichette, scegliete le bottiglie scure con l’annata di produzione inserita sopra, quest’anno troverete “Raccolto 2015”. Cercate la dicitura “prodotto e imbottigliato da...”, che è molto diverso da leggere “prodotto confezionato da...”.

Fatelo per voi, fatelo per i vostri figli, ma prima di ogni altro motivo, spendete il giusto prezzo per qualcosa che profuma, è amaro e piccante e fa bene alla salute. Prometto che dalla prossima volta iniziamo il viaggio nell’Italia meravigliosa dell’olio extravergine.

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Alberto Lupini


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