Olio Evo italiano in ginocchio Produzione ai minimi storici

L’olio extravergine d’oliva italiano tocca uno dei limiti più bassi della storia. Complice il drastico cambiamento climatico che ha danneggiato 25 milioni di ulivi, la produzione quest’anno diminuisce del 50% . Il raccolto dovrebbe attestarsi sui 200 milioni di chili mettendo in ginocchio i produttori e la Dieta mediterranea

08 gennaio 2019 | 10:40
A rilevarlo lo studio “Salvaolio” della Coldiretti presentato in occasione della manifestazione degli agricoltori scesi in piazza a Roma per denunciare gli errori regionali e l’assenza nella manovra approvata delle misure necessarie a garantire adeguate risorse al Fondo di solidarietà nazionale per far fronte alle pesanti calamità che hanno colpito importanti aree del Paese. A partire dalla Puglia dove si realizza la maggioranza dell’olio italiano e si contano 90mila ettari di uliveti senza produzione, un taglio di circa 2/3 del raccolto e un equivalente di 1 milione di giornate lavorative perse.



L’Italia viene surclassata dalla Spagna che stima una produzione da 1,6 miliardi di chili e rischia di essere sopravanzata anche da Grecia e Marocco. Nel 2018 gli arrivi di olio dalla Tunisia sono tra l’altro raddoppiati (+100%) e potrebbero crescere ulteriormente se l’Unione Europea rinnoverà l’accordo per l’ingresso di contingenti d’esportazione di olio d’oliva a dazio zero verso l’Ue per 35mila tonnellate all’anno scaduto il 31 dicembre 2017, oltre alle 56.700 tonnellate previste dall’accordo di associazione Ue-Tunisia (in vigore dal 1998).

«Per affrontare l’emergenza - ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - serve la dichiarazione di calamità naturale con lo stanziamento di risorse adeguate per consentire ai produttori duramente colpiti di ripartire in situazioni drammatiche come quella pugliese dove si è verificato un drastico calo del 65% dei raccolti. Chiediamo un adeguato coordinamento istituzionale tra il livello regionale e quello nazionale».

Sul piano strutturale, ha continuato Prandini, vanno affrontate le molteplici criticità, dalla inarrestabile strage provocata dalla Xylella alle contraffazioni, dall’invasione di olio straniero a dazio zero al falso Made in Italy per salvare un settore strategico per la salute dei cittadini, il presidio del territorio, l'economia e l’occupazione. In questo scenario per rimanere competitivi e non essere condannati all’irrilevanza in un settore fondamentale per il Made in Italy deve partire al più presto il Piano olivicolo nazionale 2.0 per rilanciare il settore con una strategia nazionale e investimenti adeguati, anche per realizzare nuovi impianti, così come è stato fatto da altri Paesi nostri concorrenti.

Un’esigenza per recuperare il pesante deficit italiano potenziando una filiera che coinvolge oltre 400mila aziende agricole specializzate in Italia e che può contare sul maggior numero di olio extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

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Alberto Lupini


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