Dalla cucina al piatto: l'amore di cinque chef per il Parmigiano Reggiano

Biodiversità e versatilità si intrecciano nel Parmigiano Reggiano che il 27 ottobre celebra il Parmigiano Reggiano Day. Non si tratta di un semplice ingrediente, ma un prodotto che narra un intero territorio e si trasforma in risorsa per la cucina capace di sorprendere come raccontano gli chef Massimo Spigaroli, Matteo Ugolotti, Andrea Incerti Vezzani, Luca Marchini e Alberto Bettini

16 ottobre 2024 | 15:16
di Gabriele Pasca

L'intreccio di biodiversità e versatilità in cucina è un terreno di confronto stimolante, che sconfina spesso nel mondo del Parmigiano Reggiano, vero protagonista di molte delle storie di vita che nascono tra l'Emilia e la Lombardia. E non parliamo solo di un formaggio. Qui si entra in un campo più vasto, quello della biodiversità: un concetto tanto descritto quanto male interpretato, troppo spesso banalizzato in discussioni di facciata. Biodiversità è la linfa vitale di un sistema agricolo che non si limita a coltivare la terra, ma a coltivare la cultura, la storia e la sostenibilità di un intero territorio. Nel caso del Parmigiano Reggiano, tutto parte dal foraggio: erba medica e altri vegetali spontanei, che crescono in un habitat unico e donano alle mucche una dieta perfettamente calibrata. Ma Parmigiano Reggiano è anche solidarietà: in occasione del Parmigiano Reggiano Day, il 27 ottobre, il Consorzio donerà una una forma di formaggio a Food for Soul per ogni 5.000 dollari raccolti durante questa giornata.

Il Parmigiano Reggiano Day e i 90 anni del Consorzio

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato l'ospite d'onore a Parma mercoledì 16 ottobre per celebrare i 90 anni del Consorzio del Parmigiano Reggiano. La cerimonia, intitolata "90 Anni di Futuro", si è tenuto al Teatro Regio, dove sono stati presentati l'Archivio Storico digitale e la nuova Identità Sonora del Parmigiano Reggiano. Successivamente, su invito, si terrà una Cena di Gala presso il Palazzo della Pilotta.

Il 27 ottobre, il Consorzio del Parmigiano Reggiano invita ristoranti e famiglie a creare un piatto a base di Parmigiano Reggiano, proseguendo il gesto di solidarietà lanciato da Massimo Bottura - fondatore di Food for Soul e Ambasciatore di Buona Volontà per il Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente - in seguito al devastante terremoto del 2012. Questo semplice atto di solidarietà ha permesso di sostenere i mezzi di sussistenza e di proteggere l'arte della produzione del Parmigiano in tutta la regione. Quest'anno, Food for Soul celebra questa storia parlando di sostenibilità, biodiversità e protezione del territorio dove nasce questo formaggio. Il Parmigiano Reggiano, grazie alle sue pratiche che rispettano e arricchiscono l'ecosistema, incarna una cultura a zero sprechi. Questi valori sono al centro della nostra missione, perché cucinare è non solo un gesto d'amore, ma anche un invito all'azione.

Le “sfumature” del Parmigiano Reggiano: dalla biodiversità alla tavola

Una biodiversità che si traduce tecnicamente in un prodotto che non è mai uguale a se stesso. Parliamo di migliaia di caseifici sparsi per la zona d'origine, ognuno con la propria identità, il proprio microclima, le proprie tecniche di lavorazione: quando la standardizzazione è sempre più la norma, il Parmigiano Reggiano fa della diversità la sua forza. Ed è proprio qui che entra in gioco la versatilità: non un'abilità qualunque, ma una qualità radicata profondamente nel Dna di questo formaggio.

Il Parmigiano è incredibilmente duttile, non solo per le sue infinite sfumature organolettiche, ma anche per la sua capacità di adattarsi a piatti di ogni genere, senza mai perdere la propria essenza. È giovane e fresco, o stagionato e sapido, protagonista o comparsa: non importa come lo si utilizzi, il risultato è sempre lo stesso, un condensato di sapori che nobilita ogni ricetta.

Parmigiano Reggiano: la versatilità che ispira la creatività degli chef

È proprio questa versatilità che permette agli chef di giocare con il Parmigiano in modi sempre nuovi, inaspettati, a tratti dissacranti. Non è un caso che il Parmigiano Reggiano sia spesso il cuore di piatti dove il confine tra dolce e salato si fa labile, dove il nuovo si mescola all'antico senza complessi di inferiorità. La biodiversità diventa, così, il filo rosso che collega ogni creazione, una fonte di ispirazione continua che non conosce limiti.

E se la biodiversità è il contesto, la versatilità è l'abilità di tradurre questo patrimonio in piatti che sanno essere sorprendenti e al tempo stesso profondamente legati alla terra d'origine. Ogni forma di Parmigiano è il frutto di un processo che rispetta il ritmo della natura, e questa connessione, tra prodotto e territorio, è la chiave di volta che rende unico questo formaggio.

Parmigiano Reggiano: adattabilità in cucina che attraversa il tempo

Ma qual è, dunque, il vero ruolo del Parmigiano Reggiano nella cucina moderna? Se da un lato è il pilastro delle ricette più classiche, dall'altro ha saputo conquistarsi uno spazio anche nei contesti più innovativi. Ecco il paradosso: un prodotto antico, che resiste alle mode e alle tendenze del momento, ma che al contempo sa essere moderno e all'avanguardia. Non esiste un solo chef, tra quelli che abbiamo intervistato, che non abbia riconosciuto nel Parmigiano un ingrediente imprescindibile. Alcuni lo trattano con reverenza, rispettando i metodi tradizionali, altri lo sfruttano come elemento di rottura, reinventandolo in chiave contemporanea. C'è chi lo utilizza per creare un ragù di croste, chi lo accosta a sapori estremi come l'ostrica e la liquirizia. Ma tutti, senza eccezione, concordano su un punto: il Parmigiano Reggiano non è solo un formaggio, è un simbolo, un elemento identitario, capace di trasmettere un messaggio forte, anche in cucina.

La biodiversità, dunque, non è un concetto distante, riservato agli accademici. È il respiro quotidiano del Parmigiano Reggiano, un formaggio che nasce dalla terra, dalle mani di artigiani che rispettano i cicli naturali e dalla capacità di saper interpretare ogni variabile che la natura offre. Ma è anche un formaggio che, proprio grazie a questa biodiversità, si presta a infinite interpretazioni. La versatilità, dal canto suo, è l'arma segreta che permette al Parmigiano di diventare il re indiscusso della tavola, in qualunque contesto lo si metta alla prova. Ed è proprio qui, in questo intreccio fortissimo tra biodiversità e versatilità, che il Parmigiano Reggiano svela la sua essenza più profonda.

Il Parmigiano Reggiano per Massimo Spigaroli: insostituibile

Massimo Spigaroli, chef dell'Antica Corte Pallavicina di Polesine Parmense (Pr) e presidente della Fondazione Parma UNESCO, racconta il Parmigiano Reggiano come parte integrante della sua vita, ma soprattutto come espressione più autentica di un territorio che conosce a menadito. «Il Parmigiano è il formaggio, qui non ci sono dubbi,» spiega con fermezza. «Non è solo un prodotto, è il risultato di un equilibrio perfetto tra ambiente, lavoro dell'uomo e rispetto della terra». Cresciuto in una famiglia di contadini, Spigaroli ricorda come già da piccolo era immerso in questo mondo. «Da bambini sapevamo già come si faceva il formaggio, il profumo del latte appena munto, il contatto con i contadini... era parte della nostra vita».

Spigaroli insiste sul fatto che il Parmigiano Reggiano non sia un formaggio qualsiasi. «È il risultato di un sistema agricolo che, grazie alla biodiversità del territorio, riesce a preservare una qualità unica». Poi aggiunge: «Le mucche qui mangiano foraggi naturali, erba medica, e i pascoli sono gestiti in modo da non sfruttare il suolo. È questo che fa la differenza. Basta fare un giro nei campi per capire che non è una produzione intensiva, ma un ciclo che rispetta i ritmi della natura». 

Quando arriva a parlare della cucina, la passione di Spigaroli emerge senza mezzi termini: «Il Parmigiano lo metto ovunque. Lo usi quando è giovane, lo usi quando è stagionato, ha una versatilità incredibile». E continua: «Può essere il protagonista di un piatto o semplicemente un complemento che esalta gli altri ingredienti. È come una linea invisibile che tiene tutto insieme». Per Spigaroli, è proprio questa capacità di adattarsi che rende il Parmigiano Reggiano così straordinario. «Può finire in un antipasto, in un primo, in un secondo, e persino in un dessert. Io ci faccio di tutto».

Ma c'è un altro aspetto che lo chef sottolinea con forza: il legame indissolubile tra il Parmigiano e il territorio. «Qui, il Parmigiano è nell'aria. Letteralmente. Quando cammini in campagna, respiri quel profumo formaggioso che si mescola con il culatello, con i salumi. Fa parte dell'anima del nostro territorio, è in ogni cosa». E non è solo un'immagine poetica, ma un dato di fatto che Spigaroli osserva da anni: «Il microclima qui è perfetto per far maturare i formaggi. L'umidità, le erbe, tutto concorre a creare quell'equilibrio unico che senti al primo assaggio».

Spigaroli non è mai banale quando parla del Parmigiano Reggiano. «Cosa sarebbe Parma senza il Parmigiano? Nulla,» afferma senza esitazioni. «Non parliamo solo di un prodotto da cucina, ma di un'identità intera, di una cultura». Poi continua: «Ci sono ricette che risalgono all'Ottocento e che lo usano per definire un piatto. Dovunque leggessi “alla parmigiana” - finocchi, melanzane, asparagi - sapevi che c'era Parmigiano, e quel nome rendeva subito speciale la ricetta».

Questa simbiosi tra Parmigiano e territorio, tra prodotto e cultura, emerge chiaramente nelle parole di Spigaroli, che conclude con una dichiarazione emblematica: «Io senza Parmigiano Reggiano non cucino. Semplicemente. È parte di me, della mia cucina, della mia vita».

Il Parmigiano Reggiano per Matteo Ugolotti: immancabile

Matteo Ugolotti, chef de L'Ambasciata di Quistello (Mn), parla del Parmigiano Reggiano come di un compagno costante nel suo percorso.  «Noi parmigiani ce l'abbiamo nel sangue,» esordisce, riflettendo sul legame indissolubile con questo formaggio. «È sempre stato a tavola, lo mettiamo ovunque, anche in modi che farebbero storcere il naso, come sugli spaghetti con il pesce». Un ricordo che lo riporta alla sua infanzia, quando il Parmigiano era una presenza quotidiana, ma che ha acquisito un nuovo significato con la maturità.

La vera svolta per Ugolotti è arrivata più tardi, quando ha avuto l'occasione di esplorare davvero la complessità di questo formaggio. «All'inizio lo usavo senza pensarci troppo, come tanti. Ma poi ho avuto la fortuna di conoscere un distributore che mi ha fatto assaggiare Parmigiani di dieci caseifici diversi. Lì ho capito che ogni forma ha una sua identità, un suo carattere. È stato allora che ho cominciato a studiarlo con attenzione». Questa esperienza ha aperto la porta a una nuova consapevolezza: il Parmigiano cambia in base a dove e come viene prodotto, e per uno chef diventa fondamentale saper scegliere quello giusto per ogni piatto.

Uno degli aspetti più affascinanti del Parmigiano Reggiano per Ugolotti è la sua biodiversità. «Ogni caseificio ha un suo sapore distintivo, influenzato dal tipo di foraggio, dal clima, dalle tecniche usate. È un prodotto vivo, che non è mai lo stesso». Questa variabilità offre a uno chef infinite possibilità di utilizzo in cucina. Ugolotti predilige Parmigiani di media stagionatura, tra i 30 e i 36 mesi. «Non amo le stagionature troppo lunghe, preferisco un Parmigiano che mantenga il suo equilibrio tra sapore e consistenza. Mi permette di utilizzarlo in molti più modi».

La versatilità del Parmigiano è un altro elemento centrale nel lavoro di Ugolotti. «Ci faccio davvero di tutto. Ho fatto mousse di cioccolato con croste di Parmigiano fritte, gelato al Parmigiano... È un formaggio che si presta a tantissime preparazioni, e ogni volta ti sorprende». Per lui, la vera sfida è usare il Parmigiano in modo da esaltare gli altri ingredienti, senza mai coprirli. «È facile usare il Parmigiano per il suo sapore forte, ma io cerco sempre di trovare il giusto equilibrio nei piatti. Deve essere presente, ma mai predominante».

Un punto cruciale, che Ugolotti tiene a sottolineare, è il modo corretto di usare il Parmigiano nelle preparazioni calde. «Non bisogna mai scaldarlo troppo. Quando mantechi un risotto o lo aggiungi a un brodo, devi sempre aspettare che il piatto si raffreddi leggermente. Altrimenti il sapore cambia, diventa troppo cotto, e perde quella freschezza che lo rende speciale». Questo è uno dei piccoli segreti che, secondo lui, fanno la differenza nella qualità finale del piatto.

Quando si parla di alta cucina, Ugolotti è diretto: «Il Parmigiano Reggiano è insostituibile». Per lui, il concetto di umami trova la sua massima espressione proprio in questo formaggio. «Non c'è bisogno di cercare tecniche complesse o ingredienti esotici per ottenere umami quando hai il Parmigiano. Dà sapore, consistenza, e non appesantisce. È un ingrediente che si può usare praticamente ovunque». Nella sua cucina, il Parmigiano non può mancare, e non solo per una questione di tradizione: «In almeno un piatto, il Parmigiano deve esserci. È un sapore che la gente riconosce e apprezza, e quando lo usi bene, fa davvero la differenza».

Ugualmente, Ugolotti riconosce che c'è spazio per la sperimentazione, pur mantenendo il rispetto per la materia prima. «Sono pochi gli chef che riescono a trasformare il Parmigiano in qualcosa di nuovo e straordinario. Non è facile, ma quando ci riescono, è un risultato che lascia il segno». Anche se il suo approccio è più legato alla purezza del prodotto, non manca di sperimentare e di cercare nuovi modi per integrare il Parmigiano nei suoi piatti, mantenendo sempre un occhio alla qualità e all'equilibrio.

Il Parmigiano Reggiano per Andrea Incerti Vezzani: sperimentazione

Andrea Incerti Vezzani, chef del ristorante Ca' Matilde a Rubbianino (Re), una stella Michelin, ha un rapporto unico con il Parmigiano Reggiano. «Collaboro spesso con il Consorzio,» spiega con un sorriso, «non solo per gli eventi, ma perché mi piace scoprire nuovi modi per usarlo». Per lui, il Parmigiano è molto più di un ingrediente da grattugia: è un'opportunità per sperimentare. «Lo usiamo così tanto che a volte ci dimentichiamo quanto sia speciale».

Racconta con ironia le reazioni dei colleghi di altre regioni quando vedono come viene utilizzato in Emilia: «Quando vedono quanto Parmigiano mettiamo nei ripieni, rimangono a bocca aperta. Non è solo una questione di quantità, ma anche di costo. Ci guardano come se fossimo pazzi, ma per noi è normale: siamo cresciuti con quel sapore e lo usiamo senza pensarci». In Emilia, il Parmigiano non è trattato come un lusso, ma come un elemento fondamentale della cucina quotidiana.

Tuttavia, Incerti Vezzani non si accontenta di usarlo nei modi tradizionali. La sua voglia di innovare lo spinge a cercare nuovi usi, anche per le parti del Parmigiano che solitamente vengono scartate. «Abbiamo sviluppato un ragù di croste di Parmigiano,» spiega. «Lo serviamo con un piatto che chiamiamo “bomba di riso”. Le croste, che di solito finiscono nel cestino, diventano protagoniste»Il ragù ha avuto talmente successo che ora lo pastorizzano e lo vendono in barattolo. «Non è stato facile, ma ci siamo riusciti,» afferma con soddisfazione.

Il concetto di versatilità del Parmigiano emerge chiaramente nel suo modo di usarlo. «Il Parmigiano è come lo zucchero: lo scaldi, si scioglie, e poi torna croccante, come il caramello». Questa particolarità lo rende perfetto per molte preparazioni, non solo salate, ma anche dolci. «Puoi usarlo nei dolci e nessuno se lo aspetta,» dice con un tono quasi provocatorio, evidenziando quanto sia eclettico questo formaggio.

Parlando di versatilità, Incerti Vezzani lancia un'idea insolita: usare il Parmigiano giovane in modo diverso. «Immagina un Parmigiano di tre o sei mesi,» suggerisce, «che tecnicamente non potrebbe nemmeno essere chiamato Parmigiano perché fuori dal disciplinare. Potresti usarlo come fosse mozzarella, per esempio sulla pizza» Anche se è solo un'ipotesi, dimostra quanto lo chef sia disposto a sfidare le convenzioni e a giocare con le possibilità offerte dal formaggio in ogni sua forma. «Sarebbe morbido e delicato, e funzionerebbe alla grande».

L'idea di non sprecare nulla e di reinventare ciò che sembra scontato è centrale nella sua cucina. Ogni parte del Parmigiano può essere utilizzata per creare qualcosa di nuovo, sia che si tratti della crosta, sia di forme più giovani e meno stagionate. Il vero talento, per Incerti Vezzani, sta nel vedere oltre l'uso convenzionale del prodotto e trovare sempre nuove applicazioni. «Con il Parmigiano si può fare di tutto,» conclude. «Non dobbiamo limitarci alla mantecatura del risotto o al ripieno della pasta. Basta avere il coraggio di provare» Il Parmigiano, nelle sue mani, diventa un ingrediente con un potenziale infinito, capace di sorprendere anche i palati più esigenti.

Il Parmigiano Reggiano per Luca Marchini: equilibrio

Luca Marchini, chef patron del ristorante L'Erba del Re a Modena, 1 stella Michelin, guida anche la Trattoria Pomposa al Re Gras, tra i Bib Gourmand dalla stessa guida. Di recente ha lanciato la pizzeria Tre a Modena e ha creato il marchio DA RE, una linea di prodotti artigianali che include conserve, pasticceria e grandi lievitati. Il Parmigiano Reggiano ha avuto un ruolo importante nel suo percorso.

«Durante i miei anni di formazione, il Parmigiano Reggiano è sempre stato uno dei prodotti essenziali del territorio modenese,» racconta Marchini. Quando studiavo le ricette locali, che fosse per riprenderle o reinterpretarle, era fondamentale conoscere i prodotti. Ma una volta si tendeva a considerarli solo come elementi della preparazione». Con il tempo, questo approccio è cambiato. «Oggi il Parmigiano non è più solo un ingrediente: cerco di farlo diventare qualcosa di più, un elemento con un ruolo ancora più importante nella ricetta».

Marchini apprezza la versatilità del Parmigiano Reggiano, una qualità che lo rende adatto anche alle cucine più evolute. «È un prodotto con cui si può giocare molto. Si presta a diverse preparazioni e tecniche, anche le più moderne. Riesce sempre a trovare il giusto equilibrio tra dolcezza e sapidità, ed è questo che lo rende così speciale». Tra gli abbinamenti più sorprendenti che ha sperimentato, Marchini cita una combinazione particolare. «Uno degli abbinamenti più inaspettati è stato con l'ostrica e la liquirizia. Alla base del piatto c'era una crème brulè di Parmigiano Reggiano e liquirizia, coperta da un risotto quasi in bianco con ostrica in mantecatura».  Un piatto che dimostra quanto il Parmigiano possa trovare spazio anche in contesti inusuali.

Marchini ha costruito solidi rapporti con alcuni produttori di Parmigiano Reggiano. «Ho sviluppato una grande fiducia con alcuni produttori. Il prodotto che mi forniscono è sempre di altissima qualità e so che è frutto di capacità, determinazione e cura». Riconosce, però, che non sempre è indispensabile conoscere di persona chi produce gli ingredienti. «Dipende dalle situazioni, ma quando si tratta di un prodotto artigianale, la mano dell'uomo fa la differenza. Nel caso del Parmigiano Reggiano è fondamentale l'esperienza del casaro e il luogo di produzione».

Infine, lo chef riflette sull'importanza della biodiversità legata alla produzione del Parmigiano Reggiano. «La biodiversità è una parte integrante del territorio, dove tutto è in equilibrio. Dai foraggi alle razze bovine, tutto è collegato e condiziona il risultato finale. Questo si riflette quotidianamente nel modo in cui cuciniamo e nei sapori che riusciamo a creare». «È parte della quotidianità, di tutto ciò che facciamo» conclude Marchini.

Il Parmigiano Reggiano per Alberto Bettini: ospitalità

Alberto Bettini, chef della Trattoria da Amerigo 1934 a Savigno (Bo), premiata con una stella Michelin, ha un rapporto con il Parmigiano Reggiano che nasce nella sua infanzia e si rafforza con il tempo. «È sempre stato l'unico formaggio che poteva essere messo in tavola,» racconta. Cresciuto vicino ai caseifici, ricorda con affetto quando, da bambino, visitava le caldaie per respirare l'odore del latte e del formaggio appena fatto. «Per me, è sempre stato un ingrediente fondamentale». Questo legame con il Parmigiano è rimasto saldo e si è trasformato in un pilastro della sua cucina. «Nei miei piatti il Parmigiano è presente almeno nel 50% delle volte,» spiega Bettini. Sia come protagonista che come accompagnamento, il Parmigiano è sempre lì, parte integrante del suo lavoro. Tanto che, per lui, è anche il primo simbolo di ospitalità verso gli stranieri. «Quando arrivano ospiti stranieri, la prima cosa che facciamo è regalare loro uno spicchio di Parmigiano». Ma non si limita a questo: «Li porto al caseificio la mattina presto, a vedere la produzione e comprare formaggio da portare a casa».

Far conoscere i produttori è essenziale per lui: «Rendere visitabili i luoghi di produzione è fondamentale per la promozione del territorio.» Questo legame stretto con i casari è, secondo Bettini, un tratto distintivo della filiera del Parmigiano. «Penso che tutti, da Bologna a Piacenza, Da Modena a Parma, abbiano rapporti diretti con i produttori». Quando parla delle qualità del Parmigiano, è chiaro: «Innanzitutto, è più buono». Ma non si ferma qui: «La generosità delle forme in termini di dimensioni lo rende perfetto per la porzionatura. Ha una sapidità e una granulosità che lo rendono un comfort food perfetto». Ogni persona, secondo Bettini, ha un rapporto diverso con il Parmigiano, a seconda della propria esperienza. In cucina, usa il Parmigiano in tutte le sue varianti, dal tosone di un giorno, per un millefoglie con mortadella e olio alle erbe aromatiche, fino a quello stagionato, perfetto per essere grattugiato. «Uso Parmigiano stagionato 18 o 22 mesi per alcuni piatti, mentre altre stagionature si adattano meglio ad altre preparazioni». Anche nei tortelli ripieni di Parmigiano, la fusione durante la cottura crea un risultato unico.

Bettini si spinge anche oltre i piatti salati. «Facciamo un gelato al Parmigiano, servito a zero gradi con aceto balsamico stravecchio su una tigella calda,» racconta. Non manca poi lo zabaione salato col Parmigiano, servito con insalata di ovoli freschi e tartufo bianco. Un altro punto che Bettini sottolinea è la biodiversità legata al Parmigiano. «Ogni forma è una storia a sè, cambia da casaro a casaro e anche da un mese all'altro. È un formaggio vivo, ed è proprio questa diversità che mi piace». Pur legato alla tradizione, Bettini ha delle preferenze precise. «Non amo mettere il Parmigiano sui tortellini in brodo. È già nel ripieno, aggiungerlo nel brodo ne altera la purezza». La sua scelta è un brodo pulito, senza formaggio, per mantenere intatta la purezza dei sapori. «La cucina va avanti,» conclude Bettini. E con lei anche il Parmigiano, che continua a essere la base di nuove sperimentazioni.

Consorzio del Parmigiano Reggiano
Via Kennedy 18 - 42124 Reggio Emilia
Tel 0522 307741

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