Vino e spirits a caccia della ripresa grazie a export e nuove abitudini

Secondo l'Area studi di Mediobanca, il biennio 2021-22 segnerà l'inizio del recupero dalla pandemia del comparto wine&spirits tricolore. A trainare le performance, l'export e i consumi via e-Commerce . A livello produttivo, Veneto regione leader mentre Cantine Riunite-Giv primeggia con fatturato a 581 milioni di euro

08 luglio 2021 | 12:13

Dopo aver superato le chiusure dell’Horeca, il mondo del vino italiano fa i conti con un anno e mezzo difficile eppure foriero di nuove sfide che, se affrontate nel modo giusto, possono trasformarsi in possibilità per una veloce ripresa. A scattare la fotografia del settore in fase di transizione è l’Area studi Mediobanca che, insieme all’Ufficio studi di Sace e Ipsos, ha pubblicato il primo report congiunto sul settore wine&spirits.



L'anno della pandemia e gli effetti sul mercato di vini e liquori in Italia

Il 2020 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un calo di fatturato del 4,1% (-6,3% il mercato interno; -1,9% l’estero). L’ebit margin ha riportato una lieve contrazione arretrando al 5,8%, rispetto al 6,2% del 2019. L’incidenza del risultato netto sul fatturato ha performato bene, con una leggera variazione dal 4,2% al 4,1%. I vini frizzanti hanno perso più terreno (-6,7%) dei vini fermi (-3,5%). Le cooperative hanno contenuto la flessione al 2%. Il canale Gdo ha visto la propria incidenza salire al 38% rispetto al 35,3% del 2019 (a valore è cresciuto del +2,3%), quello Horeca si contrae dal 17,9% al 13,4% (-32,7%), mentre wine bar ed enoteche passano dal 7% al 6,7% (-21,5%).

L’online è esploso durante la pandemia: +74,9% le vendite sui portali web di proprietà, +435% per le piattaforme online specializzate, +747% i marketplace generalisti. Il tutto frutto di investimenti nel digitale che sono aumentati del +55,8%, a fronte di un calo del -14,3% degli investimenti complessivi e del -13,4% della spesa pubblicitaria.

 

 

Il vino base salva le imprese che puntano anche sulle nicchie bio e vegan

Le imprese con fatturato 2020 in aumento hanno venduto vino base (meno di 5 euro) per il 70,8% del loro fatturato; quota che scende al 52,6% all’interno del gruppo di imprese con vendite in calo. Ma lo spostamento verso segmenti più alti appare solo rinviato a quando si assesteranno gli stili di consumo post pandemici. Sugli scudi il bio, con vendite 2020 in aumento del 10,8%, per una quota di mercato del 2,3%. Tiene il vino vegano (+0,5%, anch’esso al 2,3% del totale). Non fanno ancora presa, invece, i vini biodinamici: in caduta del 21,9% e confinati allo 0,1% del mercato. Infine, il 2020 ha portato uno sviluppo del 5,8% per i vini confezionati in contenitori alternativi al vetro (brick, lattine, bag in box), leggeri, ecosostenibili, adatti all’online e in linea con l’interesse per le novità delle giovani generazioni.

La pandemia ha bloccato l'export ma la ripresa si attende già per il 2021-22

Al capitolo export va ricordato che le vendite di vini e spirits all'estero valgono il 30% delle vendite food&beverage italiane all’estero per un totale di 7,8 miliardi di euro di valore (nel 2020). E, dopo la frenata della pandemia (che ha interrotto una crescita costante del +6,3% medio annuo per i vini e +9,7% per gli spirits), tentano il recupero. Il 2020 ha consegnato variazioni differenziate: le nostre vendite sono in flessione negli Stati Uniti (-5,6%) e in Uk (-6,4%), mentre si è mossa in controtendenza la Germania (+3,9%). La pandemia ha colpito pesantemente gli spumanti (-6,9%). Più modesto l’export italiano generato dal comparto degli spirits, che vale 1,5 miliardi di euro e ha nell’Europa la destinazione privilegiata (60,4% del totale) e due mercati di sbocco preferenziali, Stati Uniti e Germania, che fanno il 40% del totale. Nel 2020 lo sviluppo del mercato statunitense (+21,5%) ne ha fatto il primo approdo per le vendite oltreconfine di spirits italiane, scalzando dal primo gradino del podio la Germania (+3,5%).

Per quanto riguarda le prospettive, nel biennio 2021-22 si attende un aumento dei consumi di vino del +3,8% l’anno per molti tra i principali mercati, in particolare Usa (+2% grazie anche all’accordo sui dazi) e Germania (+3,1%). In Svizzera, invece, consumi del vino italiano stabili. Mentre un discorso a parte lo merita la Gran Bretagna che, dopo tassi di crescita del 2,4% medio annuo, vede complicarsi gli scenari a causa della Brexit. Maggiori opportunità per l’industry italiana potrebbero arrivare da Canada e Giappone con un’attesa di consumi in aumento del +5,9% all’anno anche se è la Cina il vero Eldorado delle produzioni vinicole: +6,3% atteso nel biennio 2021-22. Infine, da segnalare le prestazioni attese per il Vietnamche, nonostante le ridotte dimensioni, punta a crescere del +9,6% in forza degli accordi commerciali sottoscritti con l’Ue a favore della tutela delle indicazioni geografiche.




Veneto in testa alle classifiche, ma all'estero premiano Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Piemonte

Nel 2019 il Veneto detiene il primato di vino prodotto, sia a volume che a valore, con il 20% del totale nazionale. Segue la Puglia con il 19,6% a volume e il 13,3% a valore. Toscana e Piemonte hanno il 5% circa dei volumi, ma raddoppiano il peso se si guarda al valore. Le caratteristiche regionali si notano anche nelle dinamiche di esportazione. La principale regione esportatrice, nel 2020, di vini è il Veneto con il 35,5% del totale delle vendite oltreconfine, più del doppio della seconda, il Piemonte con il 17,2%. La Toscana, terza regione, rappresenta il 15,5% dell’export nazionale di vino. Nell’anno della pandemia il Veneto ha subìto un calo dell’export del 3,3%, ma sono diminuite le vendite all’estero anche dei vini di Toscana e Lombardia. Fra le altre regioni il calo più consistente è dell’Umbria (-24,2%), seguita dalla Valle d’Aosta (-21,9%), dalla Sardegna (-18,8%) e dalle Marche (-14,5%). In controtendenza i vini del Trentino-Alto Adige, dell’Emilia-Romagna e del Piemonte con aumento delle vendite al di fuori del territorio nazionale. Anche sui conti delle aziende i tratti regionali lasciano la propria impronta. Il maggior Roi (return of investments) tocca agli abruzzesi (9,7%), piemontesi (8,6%) e veneti (7,8%). Best in class per solidità finanziaria i produttori toscani, con debiti finanziari pari ad appena il 26,8% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (66,9%) e toscani (61,7%) che superano il 60% di export sul fatturato.

Le cantine con la performance migliore: Cantine Riunite-Giv in vetta alle vendite

La leadership di vendite nel 2020 è appannaggio del gruppo Cantine Riunite-Giv, con fatturato a 581 milioni di euro (-4,4% sul 2019), nettamente distanziato dalla seconda posizione ricoperta da un’altra cooperativa, la romagnola Caviro, il cui fatturato è cresciuto del 10%, avvicinandosi ai 362 milioni di euro. Completa il podio la veneta Casa Vinicola Botter (230 milioni, +6,4%). Seguono altre cinque aziende con ricavi superiori a 200 milioni di euro: la toscana Antinori, il cui fatturato 2020 pari a 215 milioni di euro ha subìto un calo del 12,5%, la trentina Cavit (fatturato 2020 pari a 210 milioni di euro, +9,6% sul 2019), le piemontesi Fratelli Martini (208 milioni di euro, +1,1% sul 2019), Iwb (204 milioni, +29,7%) e la veneta Enoitalia che ha realizzato una crescita del +0,8%, portandosi a 201 milioni di euro.

In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2020, Iwb domina la scena con un +29,7% che la colloca davanti alla Contri Spumanti con un +13,8%, a Caviro e Mondodelvino, appaiate a +10%, a Cavit (+9,6%) e La Marca (+8,7%), per chiudere con il +6,4% di Botter e il +5,7% di Schenk Italia. Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2020 vede in testa le società toscane e venete: Antinori (26%), Frescobaldi (24,5%) e Santa Margherita (24,2%). La recente acquisizione di Iwb su Enoitalia forma un player da circa 405 milioni di euro che sarebbe secondo in Italia nel 2020. Le attività del fondo Clessidra (Botter e Mondodelvino) ammontano a circa 353 milioni e ne farebbero il quarto produttore italiano nel 2020, dietro Caviro.

Come sono cambiate le abitudini di acquisto e consumo

La pandemia ha inciso su alcune abitudini di consumo, anche in maniera sorprendente. La propensione dei consumatori ad acquistare bottiglie di vino nei supermercati è calata di 6 punti: il 58% degli italiani che in epoca pre-Covid si approvvigionava nella Gdo si è ridotto al 52%. La grande distribuzione rimane il canale preferito per l’acquisto di vino, ma mostra dinamiche in evoluzione con una sempre maggiore ricerca di qualità, specificità e unicità. Un trend confermato dalla percentuale di persone che ha iniziato a frequentare enoteche, cantine e negozi specializzati. Gli italiani che non si sono mai rivolti a un’enoteca per comprare una bottiglia di vino è in calo dal 48% prepandemico, al 42% attuale. L’aumento degli acquisti in enoteca ha coinvolto, in primis, l’universo femminile (con un decremento dei non frequentatori dell’8% (dal 52% ante Covid al 44% del 2021), ma ha toccato tutti i segmenti della società, con riduzioni del 5% tra i Millennials, del 6% nella Generazione X e tra i Baby Boomers. Sono in aumento anche gli acquirenti di vino nelle cantine dei produttori: nel periodo pre-Covid gli italiani che non si erano mai recati in una cantina di un produttore erano il 46%, oggi scesi al 39%. L’acquisto online è la stella dell’ultimo anno. L’e-commerce di proprietà consente alle persone di accedere direttamente al viticoltore: prima del lockdown il 71% degli italiani non aveva mai fatto un acquisto online dai siti di una cantina, oggi la quota è scesa di sette punti (64%). Inoltre, la percentuale di persone che prima del Covid non aveva mai fatto ricorso al sito e-commerce o all’offerta online di una enoteca era del 74%, oggi la percentuale è scesa al 69%.





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Alberto Lupini


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