Vino, ristoranti ancora fermi al palo. Nel 2021 export, Gdo e online al top

Secondo il Wine Monitor di Nomisma, nei primi tre mesi del 2021 il mercato del vino segue gli stessi trend del 2020. In attesa della piena ripresa dell'Horeca, gli italiani si "consolano" con e-Commerce e supermercato

11 giugno 2021 | 13:18

Il 2020 è ormai alle spalle, ma l'anno della pandemia non smette di influenzare i nostri giorni. Soprattutto a livello di abitudini di acquisto e consumo. E il vino, in questo senso, è una delle referenze che maggiormente hanno visto modificarsi logiche di mercato che sembravano assodate finché bar e ristoranti non hanno chiuso, il delivery ha fatto boom e la Gdo è rimasta l'unico canale di vendita attivo durante le fasi di lockdown. Eventi che hanno dato vita a una "nuova normalità" che Nomisma fotogfrafa nell'Osservatorio Wine Monitor. La ricerca, a uso e consumo dei player del settore alle prese con la ripartenza delle attività economiche, traccia il profilo dei trend che caratterizzano le richieste del consumatore affinché le aziende se ne possano avvantaggiare per intercettare una ripresa quanto mai necessaria.




e-Commerce e supermercati i vicitori del 2020

Come abbiamo ormai imparato, nel 2020 gli italiani non hanno rinunciato a consumare vino. Anzi, al contrario, hanno usufruito dei canali ai quali potevano accedere nonostante le limitazioni, determinandone una crescita imprevista e significativa. Sono cresciute le vendite nel canale e-Commerce - con un +105% di valore vendite di vino online - e nella grande distribuzione organizzata, dove si è osservata una crescita del 7% a valori e del 5,7% a volumi. Hanno invece subito un contraccolpo sia i consumi legati ai ristoranti, bar e destinazioni turistiche, sia alcune tipologie di vino, come ad esempio gli spumanti, il cui consumo è legato prevalentemente a momenti di festa e convivialità. Per quanto riguarda le importazioni nei primi 10 mercati mondiali, il Covid ha lasciato un segno tangibile: hanno chiuso infatti in positivo solo Svizzera (+0,5%), Svezia (+5,3%) e Danimarca (+5,2%), a fronte di cali rilevanti soprattutto nei mercati extraeuropei.




Nel 2021 si confermano i trend esplosi con la pandemia in attesa del recupero dell'Horeca

Detto ciò, l'analisi di Nomisma offre uno spaccato sulle prime fasi della ripresa. Analizzando le performance del primo trimestre 2021 del mercato del vino, al netto di alcuni sensibili recuperi, permangono delle criticità determinate da un contesto in cui i canali di distribuzione tradizionali, a partire dall'Horeca, non sono ancora a pieno regime. Tanto che sul fronte delle vendite in Gdo, i primi tre mesi del 2021 sono stati caratterizzati da un’ulteriore crescita delle vendite di vino (+23% a valori), trainate in particolare dagli spumanti e dai loro acquisti per una Pasqua che, rispetto al 2020, si è potuta festeggiare. Ecco perché, a fronte di un aumento complessivo delle vendite del 72,2% a valori, la tipologia che è cresciuta di più è stata quella degli spumanti metodo classico (+123%). Continua a correre anche l'e-Commerce. Secondo dati Nielsen, le vendite online di vino - considerando quelle delle catene retail a cui si aggiune il colosso Amazon - hanno registrato un +144,5% per i vini fermi e frizzanti e +198,6% per gli spumanti. Un dato che dimostra il forte impatto del commercio digitale sul panorama distributivo.


Export in controtendenza, l'Italia recupera

Nel 2020 l’unico tra i top paesi esportatori che aveva chiuso in positivo era stata la Nuova Zelanda, con un +4,5% a valore rispetto all’anno precedente. L’Italia, dal canto suo, aveva limitato le perdite a un -2,4%. Dato, quest'ultimo, che nel primo trimestre del 2021 ha vissuto una decisa fase di controtendenza rispetto alla media. Assistiamo a un recupero in paesi come la Cina, con una variazione delle importazioni a valori sullo stesso periodo 2020 dell’8,8% a fronte di un -17,9% per il resto del mondo, e in Russia (+17,4% contro il 7,3% del resto del mondo). Uno dei mercati più dinamici sembra essere la Corea del Sud, con una crescita delle importazioni di vino dall’Italia del 99%. In generale, sebbene la diminuzione delle importazioni di vino italiano nei primi 12 mercati mondiali per il primo trimestre 2021 sia più elevata per l’Italia (-6,4% contro -4,7% a livello totale), occorre sottolineare come questa diminuzione sia sostanzialmente determinata dal calo intervenuto in Canada (-6%) e Norvegia (-5%), per i quali il trend generale di mercato risulta invece positivo. Stesso andamento negativo invece per le importazioni negli Stati Uniti, UK e Giappone, dove l’Italia non fa altro che seguire l’andamento complessivo.




L'andamento nei mercati del vino fermo

A tale proposito, focalizzando l’attenzione sui primi quattro mercati mondiali per import di vino fermo (Usa, UK, Germania e Cina), si evincono trend differenti per paese fornitore. In particolare, se nel caso degli Usa il calo appare trasversale, per la Gran Bretagna non sembra interessare la Spagna che invece si fa strada mettendo a segno una crescita a valori vicina al +15%. In Germania, la trasversalità è all’opposto positiva per i top fornitori - Italia compresa - mentre in Cina risulta evidente l’impatto determinato dai dazi imposti da novembre 2020 ai vini australiani (superiori al 200%).

«Dopo averli agevolati per anni con un accordo di libero scambio che li esentava dai dazi all’import, la Cina ha deciso di colpire i vini australiani con una gabella superiore al 200%, nell’ambito di una controversia dalla forte impronta politica che ha praticamente azzerato l’export di tali vini nel mercato cinese», sottolinea Denis Pantini, responsabile Wine Monitor.

Tolto di mezzo il leader di mercato, lo spazio lasciato libero è stato occupato subito dai francesi (+35% nel primo trimestre di quest’anno) che, fino al 2019, rappresentavano il principale fornitore di vini in Cina.

«Con la messa al bando dei vini australiani, anche l’Italia potrebbe aumentare la propria quota di mercato e i dati del primo trimestre sembrano confermare tale tendenza. È però velleitario pensare che questo possa accadere mantenendo lo stesso approccio commerciale degli anni passati: se per oltre dieci anni la nostra incidenza sull’import in Cina non è andata oltre il 6%, un motivo ci sarà stato», ha ulteriormente evidenziato Pantini.


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Alberto Lupini


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