Vino italiano tutelato negli Usa Il virus non ne intacca l'immagine
Giuseppe Rosati, Vinitaly international ambassador, racconta a Italia a Tavola come gli americani vedono l'Italia vinicola in tempi di coronavirus. Non mancano le propagande positive ma gli eventi sono fermi. L’importazione del vino italiano negli Usa rappresenta circa 6 miliardi di dollari con una crescita del 5% annua
06 marzo 2020 | 15:33
Affari a forte rischio per i viticoltori italiani per quanto riguarda il mercato interno e per quello estero. Il coronavirus sta mettendo in ginocchio anche questo settore che risentirà non poco anche del rinvio del Vinitaly a giugno. Sulla questione è intervenuto a Italia a Tavola anche Giuseppe Rosati, Vinitaly international ambassador che ha analizzato la situazione da un punto di vista “americano”.
Gli scetticismi che serpeggiano tra gli addetti ai lavori a stelle e strisce sono gli stessi che circolano in Italia: «Già alla notizia del rinvio di Prowine - prosegue Rosati - molti importatori e distributori americani hanno sollevato il dubbio sulla necessità di fare il Vinitaly a distanza di poche settimane dal Prowine. Alcuni importatori hanno iniziato a scoraggiare la presenza a Vinitaly e di conseguenza la possibilità di portare propri dipendenti e relativi buyer che, come si sa, approfittano del Vinitaly per visitare non solo la fiera ma le aziende vitivinicole rimanendo in Italia per alcuni giorni a seguito o prima della fiera».
Va ricordato che l’importazione del vino italiano rappresenta circa 6 miliardi di dollari con una crescita del 5% annua. Non certo briciole. Per le aziende sono molteplici le problematiche che si scaturiscono a cascata: «Ciò che sta inoltre succedendo - osserva Rosati - è la cancellazione di tutte le attività sul territorio americano da parte dei produttori italiani impossibilitati a venire negli States. Attività che vengono programmate con mesi in anticipo, work with (affiancamenti), presentazioni, wine dinner e molto altro. Tutte attività cancellate e rinviate a data da destinarsi e che danneggiano ulteriormente l’immagine e la promozione del vino italiano. Aziende leader nel settore dell’importazione stanno facendo attività di propaganda positiva e di salvaguarda dell’immagine dell’Italia in generale».
Propaganda positiva per proteggere le etichette italiane
«Avevamo appena scampato il pericolo dei dazi paventato da Trump (solo rinviato) - esordisce - che un nuovo pericolo si è abbattuto sul vino italiano. L’espansione del coronavirus e del suo incontrollato e pericoloso contagio ha messo all’angolo molte manifestazioni del mondo del vino e dell’ospitalità». Gli scetticismi che serpeggiano tra gli addetti ai lavori a stelle e strisce sono gli stessi che circolano in Italia: «Già alla notizia del rinvio di Prowine - prosegue Rosati - molti importatori e distributori americani hanno sollevato il dubbio sulla necessità di fare il Vinitaly a distanza di poche settimane dal Prowine. Alcuni importatori hanno iniziato a scoraggiare la presenza a Vinitaly e di conseguenza la possibilità di portare propri dipendenti e relativi buyer che, come si sa, approfittano del Vinitaly per visitare non solo la fiera ma le aziende vitivinicole rimanendo in Italia per alcuni giorni a seguito o prima della fiera».
Giuseppe Rosati
Sulla scelta di rimandare il Vinitaly, nessuna obiezione: «La preoccupazione più grande - dice l’ambassador - viene dal fatto che l’eventuale rientro negli Stati Uniti sia soggetto a controlli o addirittura quarantene. La notizia dello spostamento della data è stata vista come necessaria e giusta per quello che è la salvaguarda della salute e per l’immagine dello stesso Vinitaly che ricordiamo è la più importante manifestazione del vino italiano e non solo. L’idea di avere una fiera scarsamente popolata con stand vuoti e relative immagini negative ed i rischi relativi al raggruppamento delle persone ha fatto sì che la decisione di spostare la data venisse presa e rinviata». Va ricordato che l’importazione del vino italiano rappresenta circa 6 miliardi di dollari con una crescita del 5% annua. Non certo briciole. Per le aziende sono molteplici le problematiche che si scaturiscono a cascata: «Ciò che sta inoltre succedendo - osserva Rosati - è la cancellazione di tutte le attività sul territorio americano da parte dei produttori italiani impossibilitati a venire negli States. Attività che vengono programmate con mesi in anticipo, work with (affiancamenti), presentazioni, wine dinner e molto altro. Tutte attività cancellate e rinviate a data da destinarsi e che danneggiano ulteriormente l’immagine e la promozione del vino italiano. Aziende leader nel settore dell’importazione stanno facendo attività di propaganda positiva e di salvaguarda dell’immagine dell’Italia in generale».
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Alberto Lupini
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