Il vino dopo i lockdown tra sommelier virtuali e prospettive per i ristoratori

Nel mondo del vino, spinti dalla pandemia, abbiamo assistito a grandi cambiamenti e ora, grazie anche all'utilizzo dell'intelligenza artificiale i consumatori, a partire dai Millennials, sono sempre più competenti

13 novembre 2021 | 11:29
di Vincenzo D’Antonio

Il lockdown ha generato un’onda lunga le cui conseguenze sono già percepibili agli osservatori attenti. Costoro sono in grado, proprio grazie al funzionamento dei cosiddetti early warnings (segnali precoci), di interpretare tempestivamente le nuove tendenze nei comportamenti e nei consumi e rapportarsi di conseguenza, onde salvaguardare e incrementare il loro core business. Il mutamento comportamentale a cui qui si fa riferimento, e che il lockdown ha catalizzato al punto tale da renderlo elemento importante nel novero dei canali di acquisto, è inerente al mondo del vino.


Il vino non si vende, si compra

Primo assunto: il vino non si vende; il vino si compra. E mica è mutazione di poco conto. Lo scenario indica una proattività del buyer end user (il compratore che la bottiglia se la beve lui, non che la compra per poi rivenderla) che, lo si ribadisce, il lockdown ha catalizzato grazie a due aspetti che sono emersi:

  1. ho il tempo di andare a fare la spesa nella Gdo e nel dettaglio specializzato (enoteche)
  2. ho il tempo e la grande curiosità di fruire delle piattaforme di e-commerce e quindi acquistare il vino online con recapito a casa mia delle bottiglie individuate.


Cosa sottende tutto ciò? Un innalzamento considerevole della soglia cognitiva concernente il mondo del vino, fino a spingersi, tra gli appassionati, ad acquisire vera (e non millantata) competenza, con due conseguenze che immediatamente impattano sulla ristorazione:

  1. conosco il vino e so valutare gli abbinamenti giusti
  2. conosco il prezzo del vino a scaffale e in rete e so valutare quanto esosi e fuori logica (almeno la logica post pandemia) siano i ricarichi che tu ristoratore pratichi!


Il ruolo del sommelier virtuale

Il passaggio dalla soglia di conoscenza, già di per sé ragguardevole, al percorso della competenza, in rete è facilitato dalla presenza del sommelier virtuale. Il sommelier virtuale è quell’entità che a differenza del sommelier in persona, non ha lo scopo di mostrare agli altri quanto sia bravo e competente, bensì di mettersi al servizio dell’utente in ciò attingendo alla sua competenza. La competenza come strumento al servizio dell’utente e non come lustrino da sovraesporre.

 


Un diligente ed innovativo esemplare di sommelier virtuale, abilitato dalla realtà aumentata (Ar), è fornito da Dotfarm, azienda milanese attiva nel digitale.


La realtà aumentata abilita un'esperienza immersiva in forma virtuale, direttamente dal proprio smartphone.
Diamo un’idea del fenomeno Ar ricorrendo alla forza del numero: oggi si contano più di un miliardo di utenti che utilizzano strumenti di realtà aumentata.


Diventa chiave il ruolo del buyer

Per il mondo del vino, così articolato di per sé, se solo si riflette sul fatto che nasce in un luogo denominato vigneto e giunge a compimento in luogo altro denominato cantina, la realtà aumentata è sistema atto a fornire ulteriore appealing al vino al cui acquisto ci si sta predisponendo. Il sommelier virtuale è lo storyteller della situazione: racconta e lascia che l’ascoltatore/spettatore del racconto aspiri (pull) e metabolizzi atmosfera e notizie in modalità pull, piuttosto che spingere (push) un atto di selling fine a sé stesso.


È la prova palese che siamo nell’economia pull, dove la proattività è del buyer e non più nell’economia push dove la proattività fu del seller.


L’acquisto online sempre tra meditazione ed emozione

L'acquisto online di quella bottiglia è meditato, sebbene sia sospinto da emozioni. L’interazione con il sommelier virtuale è vocale, così come si è oramai adusi, soprattutto i Millennials, ad interagire con Alexa.
Alexa, o chi per essa, sarà naturalmente anche lo strumento che consentirà al cliente del ristorante di effettuare la sua comanda.


Atteso dunque, che sempre più, soprattutto tra i Millennials, il vino si compra e non si vende e ribadendo le riflessioni circa le nuove skills del cliente al cospetto della carta dei vini, qual è il comportamento virtuoso e pressoché obbligato che il ristoratore, in sintonia con il produttore di vino, dovrebbe saggiamente e tempestivamente attuare?


Lavorare per attuare il conto vendita

In sintonia con il produttore, mostrando coraggio e neofilia, si tratta di sconvolgere il paradigma consolidato secondo il quale il trasferimento di vino dalla cantina del produttore alla cantina del ristoratore (quando va bene senza passaggi intermedi, altrimenti con l’intermediazione del distributore) sottende processo di compravendita. Non più, si tratta di lavorare a ché divenga percorribile e vincente per tutti (produttore, ristoratore, cliente) la modalità del conto vendita.


Il pricing del vino proposto in carta non può essere il frutto di una moltiplicazione dove il primo fattore è il costo (rigo di fattura) ed il secondo un numero nell’intorno del “3”. Diciamola apertis verbis: il prezzo della bottiglia in carta, sovente è il triplo del costo! I vantaggi di questo metodo sono solo apparenti. Si provi a ragionare con l’operatore aritmetico “+”. In altri termini, essendo la bottiglia un oggetto che transita e al quale non arreco, io ristoratore, aggiunta di valore con lavorazione in cucina, è corretto (e vincente) che il delta tra costo e prezzo sia dato dalla componente di servizio: custodisco diligentemente e con competenza la bottiglia, alla giusta temperatura (la bottiglia non è mia, è del produttore), so servirla al tavolo, nel senso che so stapparla e versarla nei calici appropriati e non in bicchieri di fortuna; ah, devo mettere in conto anche la rottura accidentale del calice, nonché la loro usura.


Un prezzo in carta inferiore all’attuale comporta un aumento del valore di scontrino nella maggior parte dei casi. Sì, ci riflettiamo e scopriamo che è così!


Inoltre, il vino in carta è anche disponibile, con pricing leggermente diverso, per il take away. È quella multifunzionalità del ristorante in assenza della quale, sopravvivere è possibile ma vivere bene diventa difficoltoso.
Non stiamo parlando di rivoluzione. Stiamo solo diagnosticando cosa comporta nella ridefinizione del ruolo del ristoratore, lo scenario evolvente del nuovo rapporto del cliente consumatore con quel bene tangibile denominato vino la cui componente intangibile sovente si ignora o si sottovaluta.

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Alberto Lupini


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