Vini e spiriti, è l'anno peggiore di sempre: e a dicembre arriva il baratro
Il valore del consumo fuori casa nel 2020 è stato di -39% rispetto al 2019 per i vini e di -43% per gli spiriti. Sotto Natale, periodo clou, si stimano rispettivamente un -87% e un -93%. L'allarme di Federvini
27 novembre 2020 | 17:52
L’anno peggiore di sempre per i vini e gli spiriti italiani. Secondo le previsioni dello studio che Federvini ha affidato a TradeLab, l’ultimo semi-lockdown ha dato il colpo di mannaia finale a un settore fiore all’occhiello del food Made in Italy. Vini e spiriti hanno quasi dimezzato il proprio valore nel fuori casa, che costituisce il principale sbocco.
Se nel 2019 il valore complessivo nel consumo fuori casa per il settore vini è stato di oltre 2,3 miliardi, quest’anno la contrazione ha portato ad una cifra pari a circa 1,4 miliardi, ossia quasi -40%. Ancora peggio per gli spiriti: il valore pari a circa 960 milioni dello scorso anno si è attestato nel 2020 a poco oltre 540 milioni (-43%).
Serve una sburocratizzazione amministrativa
Sandro Boscaini, presidente di Federvini, ha dichiarato: «Questi dati fanno comprendere che due dei settori a più alto valore aggiunto del made in Italy sono in ginocchio. Ci sono in gioco due interi settori produttivi che necessitano di essere rilanciati con politiche serie e di ampio respiro, partendo da una decisa sburocratizzazione amministrativa per poi pensare a una sorta di Piano Marshall che preveda investimenti strutturali massicci per la digitalizzazione e la promozione. Non è il momento di personalismi. Dobbiamo fare squadra, aziende e decisori politici, per salvare un intero comparto».
La situazione si manifesta in tutta la sua drammaticità se consideriamo gli ultimi due mesi dell’anno: a novembre i vini chiuderanno con un -84%; a dicembre addirittura con un -87%. Per gli spiriti parliamo addirittura di un -91% e di un -93%.
Penalizzati dalle chiusure serali dei ristoranti
Secondo Piero Mastroberardino, presidente della storica azienda agricola Mastroberardino, «il vino, legato tradizionalmente alla convivialità e all’accompagnamento al buon cibo, sta risentendo enormemente delle chiusure serali dei ristoranti e in generale delle restrizioni poste in essere sulla socialità e sugli spostamenti. I dati parlano da soli e le proiezioni di fine anno sono molto preoccupanti, in vista soprattutto di un momento particolarmente importante come le festività natalizie che rappresentano l’occasione di consumo per eccellenza».
«Senza dubbio ci saranno casi di aziende più o meno penalizzate da questo quadro, in ragione delle differenti formule di business, ma nel complesso per il settore del vino proiettare una caduta pari al - 40%, significa registrare l’imminenza di una voragine che impone una più seria e consistente strategia di reazione focalizzata su due principali traiettorie: interventi a breve termine in grado di sostenere le imprese nella contingenza più esplosiva della crisi e misure strutturali di medio-lungo termine atte a gettare le basi per il rilancio e il recupero di competitività della filiera. Un maggiore ascolto da parte delle istituzioni è condizione essenziale per la tenuta di un comparto profondamente ramificato nella comunità nazionale, e nell’intero territorio del Paese».
In Lombardia i saldi negativi peggiori
Differenze significative sussistono tra regione e regione: per i vini, si va da un -42% annuo per la Lombardia a un -34% del Molise, mentre per gli spiriti risulta essere ancora la Lombardia la più penalizzata con -48% per chiudere con la Puglia che si assesta a un -38%.
Marco Ferrari, ceo di Gruppo Montenegro, ha commentato così: «È indubbiamente uno scenario gravissimo che colpisce duramente anche il settore degli aperitivi e degli spiriti della tradizione italiana. Prodotti che sono consumati prevalentemente nel fuori casa, canale per ovvi motivi, a regime ridotto».
Insomma «l’impatto stimato da Tradelab, cioè una flessione del valore pari al -43%, comporta un danno sistemico, senza precedenti. Il nostro settore e le aziende che lo rappresentano sono orgogliosi del ruolo di creazione di valore economico e finanziario che ricoprono nei territori e nelle filiere collegate. Affinché siano in grado di mantenere vivo tale ruolo, occorre intervenire con urgenza e concretezza riducendo in modo significativo le accise ed eliminando inutili oneri amministrativi, tra i quali, il contrassegno fiscale».
Tutto il mondo dell'Horeca soffre
Ma è tutto il mondo del fuori casa - il cosiddetto Horeca (hotel, bar, ristoranti) - a essere in una crisi profonda e dalla quale è difficile essere ottimisti. Anche su questo fronte i numeri di Trade Lab sono esemplificativi: rispetto al 2019, il cosiddetto Away From Home è crollato di oltre il 40%, passando da 85 a 50 miliardi nel 2020.
Vini e spiriti, l'anno peggiore per il consumo fuori casa
Se nel 2019 il valore complessivo nel consumo fuori casa per il settore vini è stato di oltre 2,3 miliardi, quest’anno la contrazione ha portato ad una cifra pari a circa 1,4 miliardi, ossia quasi -40%. Ancora peggio per gli spiriti: il valore pari a circa 960 milioni dello scorso anno si è attestato nel 2020 a poco oltre 540 milioni (-43%).
Serve una sburocratizzazione amministrativa
Sandro Boscaini, presidente di Federvini, ha dichiarato: «Questi dati fanno comprendere che due dei settori a più alto valore aggiunto del made in Italy sono in ginocchio. Ci sono in gioco due interi settori produttivi che necessitano di essere rilanciati con politiche serie e di ampio respiro, partendo da una decisa sburocratizzazione amministrativa per poi pensare a una sorta di Piano Marshall che preveda investimenti strutturali massicci per la digitalizzazione e la promozione. Non è il momento di personalismi. Dobbiamo fare squadra, aziende e decisori politici, per salvare un intero comparto».
La situazione si manifesta in tutta la sua drammaticità se consideriamo gli ultimi due mesi dell’anno: a novembre i vini chiuderanno con un -84%; a dicembre addirittura con un -87%. Per gli spiriti parliamo addirittura di un -91% e di un -93%.
Penalizzati dalle chiusure serali dei ristoranti
Secondo Piero Mastroberardino, presidente della storica azienda agricola Mastroberardino, «il vino, legato tradizionalmente alla convivialità e all’accompagnamento al buon cibo, sta risentendo enormemente delle chiusure serali dei ristoranti e in generale delle restrizioni poste in essere sulla socialità e sugli spostamenti. I dati parlano da soli e le proiezioni di fine anno sono molto preoccupanti, in vista soprattutto di un momento particolarmente importante come le festività natalizie che rappresentano l’occasione di consumo per eccellenza».
«Senza dubbio ci saranno casi di aziende più o meno penalizzate da questo quadro, in ragione delle differenti formule di business, ma nel complesso per il settore del vino proiettare una caduta pari al - 40%, significa registrare l’imminenza di una voragine che impone una più seria e consistente strategia di reazione focalizzata su due principali traiettorie: interventi a breve termine in grado di sostenere le imprese nella contingenza più esplosiva della crisi e misure strutturali di medio-lungo termine atte a gettare le basi per il rilancio e il recupero di competitività della filiera. Un maggiore ascolto da parte delle istituzioni è condizione essenziale per la tenuta di un comparto profondamente ramificato nella comunità nazionale, e nell’intero territorio del Paese».
In Lombardia i saldi negativi peggiori
Differenze significative sussistono tra regione e regione: per i vini, si va da un -42% annuo per la Lombardia a un -34% del Molise, mentre per gli spiriti risulta essere ancora la Lombardia la più penalizzata con -48% per chiudere con la Puglia che si assesta a un -38%.
Marco Ferrari, ceo di Gruppo Montenegro, ha commentato così: «È indubbiamente uno scenario gravissimo che colpisce duramente anche il settore degli aperitivi e degli spiriti della tradizione italiana. Prodotti che sono consumati prevalentemente nel fuori casa, canale per ovvi motivi, a regime ridotto».
Insomma «l’impatto stimato da Tradelab, cioè una flessione del valore pari al -43%, comporta un danno sistemico, senza precedenti. Il nostro settore e le aziende che lo rappresentano sono orgogliosi del ruolo di creazione di valore economico e finanziario che ricoprono nei territori e nelle filiere collegate. Affinché siano in grado di mantenere vivo tale ruolo, occorre intervenire con urgenza e concretezza riducendo in modo significativo le accise ed eliminando inutili oneri amministrativi, tra i quali, il contrassegno fiscale».
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Alberto Lupini
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