I 50 vini più costosi al mondo Oltre 100mila euro per un Romanée-Conti
Per spiegare come sono fatti i vini più costosi al mondo cominciamo dalle viti. Ognuna è dotata di un delicato ombrello meccanizzato e computerizzato che si apre automaticamente per proteggere i grappoli dalle intemperie
20 marzo 2018 | 17:33
La vendemmia avviene a mano chiaramente, ma il periodo esatto, quasi al minuto, in cui tagliare il gambo è stabilito da un microchip coreano che trasmette un segnale raccolto da un sofisticato computer che localizza il grappolo. Così una persona altamente specializzata che si è diplomata all’università di Bordeaux si precipita sulla vite e con una forbice dalle affilatissime lame in titanio chirurgico compie un taglio nettissimo e rapido tanto da non far dire alla pianta nemmeno un “ahi!”.
Il grappolo è raccolto con l’altra mano infilata in un guanto di microfibra e deposto con la massima delicatezza in una mono cassettina, mono perchè ci va un solo grappolo, rivestita di morbidissimo velluto a coste di premiata ditta fornitrice della Real Casa Britannica. Degli scattanti atleti, i migliori e più richiesti sono i kenioti, raccolgono le cassette e corrono a depositarle in un carro munito di sofisticate sospensioni idropneumatiche che evitano ogni minimo scossone nel trasporto. I carri si dirigono velocemente verso la cantina scortati da auto con sirena e lampeggiatori della Wine private police and transport, per compiere il tragitto nel minor tempo.
Finalmente siamo in cantina dove tutte le apparecchiature in acciaio inox a contatto con le uve sono foderate del più moderno teflon onde evitare anche il più insignificante trauma. Ma quello che veramente distingue un vino costosissimo dagli altri è la pressatura. Questa viene effettuata manualmente, cioè proprio con le mani, anzi esattamente con le dita di operatori qualificati dopo un corso triennale presso l’università di Reims. Il pressatore prende il singolo acino di uva, lo adagia tra il pollice e l’indice con il medio che fa solamente da appoggio e lo preme molto delicatamente. Potete quindi comprendere la difficoltà e la precisione della manovra. Non parliamo poi dei lieviti che sono ricavati con un procedimento così complesso e segreto che la tanto sconosciuta formula della Coca Cola in confronto diventa come il segreto di Pulcinella.
Per l’affinamento le barriques, esclusivamente nuove, sono realizzate ricavando un solo listello da un centenario tronco di rovere, quindi ci vogliono almeno 80 alberi per una sola botte. Tutto il resto è trascurabile e non vi annoiamo nel raccontarlo.
Solo così potete comprendere che il prezzo di una bottiglia di Romanée-Conti Grand Cru Cote de Nuits possa arrivare a costare 127.970 dollari (avete letto bene!) e comunque mediamente 17.720 dollari. Se non potete permettervelo magari ricorrete ad un più economico Domaine Leroy Musigny Grand Cru, sempre Cote de Nuits, che in media costa 12.057 dollari. Se i francesi vi stanno sullo stomaco vi proponiamo il terzo classificato, un tedesco Egon Muller Scharzhofberger Riesling Trockenbeernauslese, Mosel che nonostante l’impronunciabile aristocratico nome vi portate a casa con soli 11.223 dollari.
Queste cifre non sono inventate ma riportate da Wine Searcher che enumera i 50 vini più costosi al mondo. Come è facile immaginare ben 37 sono francesi, quasi tutti Borgogna Cote de Nuits e Cote de Beaume, seguiti dai tedeschi, un paio di portoghesi e di americani. La figura di quasi straccione la fa il Petrus Pomerol al 22 posto che con 3.093 dollari può quindi essere apprezzato anche da un cassaintegrato. Di italiani nemmeno l’ombra.
Che dire? Ogni commento ci sembra superfluo, ciascuno può dedurre ciò che gli aggrada: che gli italiani non sappiano creare non buoni vini bensì un’immagine di esclusività e di attrazione, che tali prezzi, assolutamente sproporzionati rispetto al costo di produzione, siano congrui per l’unicità e bontà del prodotto, oppure che siano un affronto all’umana condizione dovuto all’arrivismo e alla megalomania di tanti ricconi. Così va il mondo.
Il grappolo è raccolto con l’altra mano infilata in un guanto di microfibra e deposto con la massima delicatezza in una mono cassettina, mono perchè ci va un solo grappolo, rivestita di morbidissimo velluto a coste di premiata ditta fornitrice della Real Casa Britannica. Degli scattanti atleti, i migliori e più richiesti sono i kenioti, raccolgono le cassette e corrono a depositarle in un carro munito di sofisticate sospensioni idropneumatiche che evitano ogni minimo scossone nel trasporto. I carri si dirigono velocemente verso la cantina scortati da auto con sirena e lampeggiatori della Wine private police and transport, per compiere il tragitto nel minor tempo.
Finalmente siamo in cantina dove tutte le apparecchiature in acciaio inox a contatto con le uve sono foderate del più moderno teflon onde evitare anche il più insignificante trauma. Ma quello che veramente distingue un vino costosissimo dagli altri è la pressatura. Questa viene effettuata manualmente, cioè proprio con le mani, anzi esattamente con le dita di operatori qualificati dopo un corso triennale presso l’università di Reims. Il pressatore prende il singolo acino di uva, lo adagia tra il pollice e l’indice con il medio che fa solamente da appoggio e lo preme molto delicatamente. Potete quindi comprendere la difficoltà e la precisione della manovra. Non parliamo poi dei lieviti che sono ricavati con un procedimento così complesso e segreto che la tanto sconosciuta formula della Coca Cola in confronto diventa come il segreto di Pulcinella.
Per l’affinamento le barriques, esclusivamente nuove, sono realizzate ricavando un solo listello da un centenario tronco di rovere, quindi ci vogliono almeno 80 alberi per una sola botte. Tutto il resto è trascurabile e non vi annoiamo nel raccontarlo.
Solo così potete comprendere che il prezzo di una bottiglia di Romanée-Conti Grand Cru Cote de Nuits possa arrivare a costare 127.970 dollari (avete letto bene!) e comunque mediamente 17.720 dollari. Se non potete permettervelo magari ricorrete ad un più economico Domaine Leroy Musigny Grand Cru, sempre Cote de Nuits, che in media costa 12.057 dollari. Se i francesi vi stanno sullo stomaco vi proponiamo il terzo classificato, un tedesco Egon Muller Scharzhofberger Riesling Trockenbeernauslese, Mosel che nonostante l’impronunciabile aristocratico nome vi portate a casa con soli 11.223 dollari.
Queste cifre non sono inventate ma riportate da Wine Searcher che enumera i 50 vini più costosi al mondo. Come è facile immaginare ben 37 sono francesi, quasi tutti Borgogna Cote de Nuits e Cote de Beaume, seguiti dai tedeschi, un paio di portoghesi e di americani. La figura di quasi straccione la fa il Petrus Pomerol al 22 posto che con 3.093 dollari può quindi essere apprezzato anche da un cassaintegrato. Di italiani nemmeno l’ombra.
Che dire? Ogni commento ci sembra superfluo, ciascuno può dedurre ciò che gli aggrada: che gli italiani non sappiano creare non buoni vini bensì un’immagine di esclusività e di attrazione, che tali prezzi, assolutamente sproporzionati rispetto al costo di produzione, siano congrui per l’unicità e bontà del prodotto, oppure che siano un affronto all’umana condizione dovuto all’arrivismo e alla megalomania di tanti ricconi. Così va il mondo.
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Alberto Lupini
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