I vini campani sempre più di qualità (nel Casertano e in Irpinia), ma i prezzi restano bassi

Il "vigneto" Campania conta 1,4 milioni di ettolitri per 26mila ettari di superficie vitata. Sicuri che il business è adeguato oppure si brucia valore? Ecco cosa è emerso dall'edizione 2023 di Campania Stories

27 maggio 2023 | 17:29
di Vincenzo D’Antonio

Si è appena conclusa l’edizione 2023 di Campania Stories, quest'anno svoltasi in Irpinia. Campania stories è il frutto della professionalità, della mente e del cuore di Diana Cataldo, Massimo Iannaccone e Serena Valeriani. Tanti gli spunti di riflessioni atti ad agevolare le considerazioni sullo scenario attuale del vino in Campania, quella Campania Felix che da sempre ha nella coltura della vite uno dei tratti distintivi della sua produzione agroalimentare.

Vino, tutti i numeri della produzione in Campania

Facciamo prima parlare i numeri. Forniamo dati salienti sulla base dei quali possiamo procedere a tratteggiare la situazione attuale ed individuare le prospettive di evoluzione. Come al solito, elogio del pressappoco: dati approssimati a beneficio di ergonomia di lettura e di memorizzazione, senza che ciò maculi la definizione attendibile dello scenario.

La produzione vitivinicola campana si attesta su poco meno di 1,4milioni di ettolitri di vino, ovvero poco meno del 3% del totale nazionale. La superficie vitata regionale ammonta a circa 26mila ettari di vigneto, ovvero il 4% circa della superficie vitata nazionale. L’economia del vino ha un valore stimato di circa 72milioni di euro, pari a poco più del 2% del valore nazionale.

Ed è su questi tre valori percentuali tra scenario campano e scenario nazionale, nel loro esprimersi con 3% (volumi), 4% (superficie vitata), 2% (valori) che ci si basa per una prima amara considerazione: il valore regionale è solo il 2% del valore nazionale; ergo un prezzo a bottiglia (in sell-in) più basso della media nazionale. Il peso delle denominazioni protette è considerevolmente basso: 254mila ettolitri Dop (19% circa del totale) e 118mila ettolitri Igp (9% circa del totale). Le Dop sono 19 e le Igp sono 10.

I vini bianchi con 640mila ettolitri costituiscono il 46% della produzione regionale; i vini rossi e rosati, con 735mila ettolitri ne costituiscono il 54%. Ne consegue pertanto che sia la definizione di Campania regione bianchista che, all’opposto, di Campania regione rossista, appare inesatta e fuorviante. Quasi salomonico fifty fifty lo share tra rossi (+ rosati) e bianchi.

Tre aree vitivinicole costituiscono l’80% circa della produzione vinicola: il Sannio (41%), l’Irpinia (28%), il Cilento (11%). Le cantine imbottigliatrici sono circa 450. Per snellezza espositiva, sapendo di fare torto a tanti vitigni cosiddetti minori, riconduciamo a sette le principali varietà dei vitigni campani: tre rossi (Aglianico, Casavecchia, Piedirosso), quattro bianchi (Falanghina, Fiano, Greco, Pallagrello Bianco).


Vini campani, la nostra degustazione

Quale posizionamento per i vini fatti partendo da questi vitigni? Quale la loro qualità? Le meticolose degustazioni effettuate sia nella tasting room allestita presso l’Hotel Villa Calvo di Aiello del Sabato (Av), il cui ristorante "La Locandina" è di pregevole qualità, che nelle cantine visitate in diverse aree, evidenziano felicemente il lavoro almeno decennale svolto sia nel vigneto che in cantina. A dirla in successivo livello di dettaglio, riservandoci in tempi brevi di raccontare di alcune realtà specifiche, si un vistoso passo in avanti di casavecchia e fiano. Senza fare torto ai tanti produttori che qui non menzioniamo, ci piace segnalare alcuni vini che ci sono piaciuti particolarmente e che ci hanno vibratamente emozionato.

Roccamonfina Fiano Igp Collelepre 2022 

Nell'Alto Casertano, ottenuto da sole uve fiano, il Roccamonfina Fiano Igp Collelepre 2022 fatto da Porto Di Mola. L'azienda, attiva da oltre venti anni, ha 70 ettari di vigneto per una produzione media annua di 250mila bottiglie circa. Il vino che abbiamo degustato si connota per la sua piacevole e spiccata mineralità. Lo pensiamo in abbinamento ideale con i frutti di mare, meglio se crudi (ma doverosamente abbattuti!).

Falerno Del Massico Bianco Dop Vigna Caracci 2017 

Dalla Vigna Caracci (4 ettari) in località San Castrese nel comune di Sessa Aurunca (Ce), ottenuto da sole uve falanghina, il Falerno Del Massico Bianco Dop Vigna Caracci 2017 fatto da Villa Matilde Avallone. Azienda storica (fondata nell'anno 1965) è tra le pochissime, vorremmo dire l'unica, che da oltre mezzo secolo si pone a tutela e a valorizzazione del Falerno del Massico, tra i vini più antichi al mondo. Produzione media annua di circa 600mila bottiglie. Al governo dell'azienda Maria Ida e Salvatore Avallone, con la generazione successiva in laborioso warm up. Il vino che abbiamo degustato nel suo processo di vinificazione ha fermentazione per parte in anfore di terracotta e una piccolissima parte in barrique di allier e in acciaio. Circa l'affinamento, arte del vino fa batonnage a contatto con le fecce nobili nelle anfore per un periodo di circa tre mesi; a questo segue un lungo affinamento in vetro. Di sapore persistente, pieno e vellutato, piacevolmente elegante, lo abbineremmo alla cucina di mare. L'azienda ha sua struttura agrituristica.

Terre Del Volturno Rosato Igp Rosa Canina 2022

Ancora in provincia di Caserta, ma non più nell'Alto Casertano bensì nelle Terre del Volturno, due vini di Vigne Chigi sono di lodevole bontà. Da sole uve pallagrello nero, vinificazione in bianco con le uve che restano a contatto con le bucce per poche ore, soffice la pressatura, il Terre Del Volturno Rosato Igp Rosa Canina 2022. Titolare dell'azienda, che l'anno prossimo celebra i venti anni di attività, è l'avvocato Giuseppe Chillemi. Produzione media annua di circa 25mila bottiglie. Il Rosa Canina 2022 al naso esprime una moltitudine di profumi floreali; tra i più evidenti la rosa canina e la melagrana. Lo vediamo in abbinamento con il pesce spada cucinato sulla griglia.
Da sole uve casavecchia, eccellente vino rosso di Vigne Chigi è il Casavecchia Di Pontelatone Dop Riserva Cretaccio 2019. Al naso dona originali sentori di frutta rossa ben matura, soprattutto di gelso nero. Lo vediamo in abbinamento con i grandi formaggi stagionati.

Sannio Aglianico Dop Lucchero 2019

Ci si sposta nel Sannio. Ottenuto da sole uve aglianico del Sannio Beneventano, il Sannio Aglianico Dop Lucchero 2019 fatto da La Guardiense. L'azienda è attiva dall'anno 1960. L'enologo è Marco Giulioli. Gli ettari di vigneto sono 1.500. La produzione media annua è di circa 6milioni di bottiglie. Insomma, si capisce al cospetto di quale gigante della vitivinicoltura campana siamo! Il vino degustato è avvolgente ed intenso, con tannini carezzevoli. Lo vediamo in abbinamento con saporiti primi piatti al sugo di carne.

Fiano Di Avellino Riserva Docg Erminia 2004

E ci si sposta in Irpinia. Ottenuto da sole uve fiano proveniente da Salza irpina, questo sorprendente Fiano Di Avellino Riserva Docg Erminia 2004 fatto da Di Meo. I fratelli Generoso e Roberto Di Meo sono i titolari; Roberto è anche l'enologo dell'azienda. Circa 330mila la produzione annua di bottiglie. L'affinamento di questo splendido Fiano è in acciaio sulle fecce fini per 16 anni ed ulteriore affinamento in bottiglia è di almeno 24 mesi. Abbinamento che immaginiamo: tagliolini all’uovo con burro e tartufo bianco.

Greco Di Tufo Docg Puddinghe 2022 

Restiamo in Irpinia e da areale vocato al Fiano ci spostiamo ad areale vocato al Greco. E difatti da sole uve greco provenienti da San Paolo, frazioncina di Tufo. Da sole uve aglianico provenienti da Castelfranci, il Greco Di Tufo Docg Puddinghe 2022 fatto da Sanpaolo Di Claudio Quarta. Claudio Quarta, titolare ed enologo, è brillantemente coadiuvato dalla figlia Alessandra. In totale la produzione annua è all'incirca di 250mila bottiglie. Il Greco di Tufo degustato ha un bel colore giallo paglierino. L'abbinamento d'elezione è a nostro avviso con la Mozzarella di Bufala Campana Dop.

Irpinia Campi Taurasini Dop Cretarossa 2016

Ancora restiamo in Irpinia, spostandoci a Cesinali, da I Favati, di cui è titolare Rosanna Petrozziello ed è enologo Vincenzo Mercurio. Quaranta gli ettari di vigneto, 150mila circa la produzione annua di bottiglie. Lode all'Irpinia Campi Taurasini Dop Cretarossa 2016, ottenuto da sole uve aglianico. Abbinamento ideale con un sontuoso tagliere di salumi e formaggi stagionati.

Campania Fiano Igp Oi Ni' 2020

Ancora in Irpinia per un eccellente e memorabile Fiano. Ottenuto da sole uve fiano, Campania Fiano Igp Oi Ni' 2020 fatto da Tenuta Scuotto, di cui è titolare la famiglia Scuotto, papà Eduardo e il prode figlio Adolfo. Enologo, Angelo Valentino. Totale delle bottiglie prodotte, 90 mila circa. Il vino degustato ha avuto la pressatura soffice che ha preceduto l'inizio della fermentazione alcolica con lieviti indigeni in botti ovali di 25 hl. Poi il vino rimane a contatto con le fecce fini per circa 12 mesi. Colore: Giallo oro carico.
Gradevoli i profumi di finocchio selvatico e nocciola tostata. Abbinamento, se così possiamo esprimerci, con "senza niente", inteso che è un ottimo compagno di meditazione.

Pompeiano Rosso Igp Pompeii Rosso 2022

Ci si sposta nell'areale del Vesuvio. Ottenuto da sole uve piedirosso, il Pompeiano Rosso Igp Pompeii Rosso 2022. È fatto da Bosco De' Medici, l'enologo è Vincenzo Mercurio. Profumi floreali di geranio ed iris. Ottimo in abbinamento ad un sontuoso ragù di carne.

Spumante Brut Rosè Metodo Classico Gioi' 2020

Questo tour nella Campania Felix del vino lo concludiamo nel Cilento, da San Salvatore 1988, di cui è titolare Giuseppe Pagano. In totale la produzione è di circa 500mila bottiglie. Lo si ottiene da sole uve aglianico proveniente dai vigneti di Paestum questo gagliardo, funambolico ed allegro Spumante Brut Rosè Metodo Classico Gioi' 2020. Al naso, gradevolissimi i profumi fruttati del sottobosco e di fiori freschi. In bocca il sorso è fresco, sapido e slanciato e sgrassante.  Dall'aperitivo ad un tutto pasto seafood.

Il vino della Campania sempre più da valorizzare

La Campania del vino, con le sue 19 Dop e le sue 10 Igp, ha importanti risorse intangibili e, di conseguenza, ha il potenziale per valorizzare (=dare valore) i suoi vini, per accedere al credito (cosa altra dalle provvidenze regionali) e per realizzare progetti internazionali che consentano di crescere e di esportare su tutti i mercati. Aumentare il potenziale di offerta all’estero dove è forte la richiesta di qualità made in Italy è fattore fondamentale ai fini del business.

Torniamo a quei due numerini, il 3% del volume ed il 2% del valore, per ribadire quanto sia importante e dirimente per le aziende vitivinicole campane dare ai loro vini valori di mercato molto più elevati di quelli attuali.

Negli Usa nancano le Doc campane nei ristoranti

Un’indagine meticolosa, svolta osservando puntualmente la wine list di ben 155 ristoranti italiani negli Usa svela che tra i vini “importanti” del made in Italy sono quasi sempre presenti Amarone, Barolo, Brunello, Chianti Classico, Verdicchio, e quasi sempre assenti le succitate quattro Docg della Campania. Dati precisi: Taurasi presente nel 10% dei 155 ristoranti; Fiano di Avellino, 6%; Greco di Tufo 4% e, duole dirlo, totalmente assente l’Aglianico del Taburno.

Nel mercato globale, se ne prenda finalmente atto, siamo passati dal vino che si vende, al vino che si compra. E non è cosa da poco! Quando il mercato è del seller, ovvero di colui il quale vende, esso è un mercato push, ovvero le vendite vengono spinte. Il venditore calibra i trasferimenti di conoscenza del prodotto: conoscenza quanto basta per differenziarmi dal competitor, ma non tanta al punto da rendere il compratore un consumatore troppo competente! Oggi il mercato globale, con mosse non ancora palesemente evidenti e che pertanto necessitano di osservatorio (e di risorse intangibili) per essere ben lette ed interpretate, sta diventando il mercato del buyer. Da push a pull.

Di tendenza, diviene fondamentale presidiare il sell-out. E quale dimostrazione più evidente di questo trend se non la vistosa crescita delle vendite on-line mediante piattaforme di e-commerce? Ma siamo sicuri che è corretto, ci sia consentita la pignoleria, chiamarle “vendite” on-line?! Attenzione, riflettiamo insieme, non sono “vendite” on-line, bensì sono “acquisti” online!

Si auspica quel tocco in più, che tanto valore aggiunto arrecherebbe: abilitare momenti di confronto sulle tematiche del business del vino, sapendo e volendo andare oltre le degustazioni, lodevolmente impeccabili, che dell’evento costituiscono comunque il core.
Insomma, parlare di vino, consapevoli che intorno al prodotto vino, intorno alla bottiglia stappata e bevuta gira un business che, non dimentichiamolo, ha suo starter nelle emozioni che suscita e che propaga.

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Alberto Lupini


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