Verona e dintorni, terre di grandi vini rossi e ricca biodiversità
Da Valpolicella a Soave, da Bardolino a Lugana, da Valdadige a Monti Lessini: viaggio alla scoperta di un territorio in cui tecniche antiche si sposano con l’innovazione per la produzione di grandi vini rossi
Cuore storico della viticoltura veneta, con oltre 28mila ettari (pari al 35% della superficie del Veneto) Verona si attesta come seconda provincia regionale per superficie vitata e rappresenta la zona più significativa per qualità e numero di denominazioni. Sono otto le zone di produzione (Valpolicella, Soave, Bardolino, Lugana, Custoza, Monti Lessini Durello, Valdadige Terra dei Forti, Arcole) che compongono il “sistema Verona”: 11 denominazioni Doc e 5 Docg (Amarone Valpolicella, Bardolino superiore, Recioto della Valpolicella, Recioto di Soave, Soave superiore).
Ci sono dei vini che diventano talmente famosi da rappresentare delle vere e proprie icone di un territorio. È il caso della provincia di Verona con la zona della Valpolicella, che ci porta a tre vini emblematici: Recioto, Amarone e Ripasso, due Docg e una Doc, tre vini strettamente legati tra loro dalle caratteristiche uniche e inconfondibili che si incontrano nel corso dei processi produttivi.
La Valpolicella
Si tratta di un’ampia fascia collinare situata a nord del capoluogo veronese tra la sponda sinistra dell’Adige e la Val d’Illasi e si divide in tre aree: la Valpolicella classica, la zona più antica dove è nata la denominazione; la Valpantena, la prima valle ad est della città di Verona; e la Valpolicella orientale, la zona più ad est, dove si trovano alcune delle cantine più innovative. Il paesaggio vitato è dominato da un susseguirsi di colline caratterizzate da vigneti delimitati e sostenuti da muretti a secco (marogne), un paesaggio composto da una ricca biodiversità: vigneto, olivo, cipresso, ciliegio. I vini sono accomunati dall’impiego per la loro produzione delle principali varietà locali: Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara e Oseleta. Otto comuni su 240 km di colline.
L’etichetta più conosciuta è sicuramente l’Amarone della Valpolicella, ma il primo vino da ricordare è il Recioto, prodotto già al tempo dei Romani quando nel territorio vivevano i Reti, antica popolazione di origine celtica che popolava la zona prealpina del veronese e le montagne del Trentino Alto Adige. Un vino passito, dolce ed amabile, il cui nome deriva dalle parti più esterne del grappolo, quelle maggiormente esposte al sole (in dialetto veneto “recia”, l’orecchia). Richiede attenzione nella selezione dei grappoli in vendemmia e un’accurata lavorazione. I grappoli vengono conservati in fruttaio per concentrare zuccheri, profumi e sapori. Non un semplice passito, ma un vino poliedrico che sa esprimersi in maniera diversa a seconda delle tipologie, dallo spumante al liquoroso.
Dal Recioto all’Amarone
Il Recioto può considerarsi il capostipite degli altri due vini, l’Amarone è nato solo settant’anni fa e le sue origini sono attribuite ad un errore, insomma una “serendipity” citata nel libro di Oscar Farinetti in una conversazione con Marilisa Allegrini in un capitolo dedicato. Questo vino veniva chiamato recioto “scapà”, ovvero “scappato” al controllo del cantiniere. La differenza nel procedimento di produzione sta proprio nella parte finale: nell’Amarone tutta la parte zuccherina contenuta nel mosto viene trasformata in alcol. La sua peculiarità: le uve vengono sottoposte a disidratazione per circa tre o quattro mesi, posizionate su “arele”, tipici graticci di bambù, o plateaux in legno, in fruttati tecnologici dove sistemi automatizzati regolano l’umidità, temperatura e ventilazione prima di essere pigiate.
I primi esemplari di vino Amarone imbottigliato risalgono all’inizio del Novecento, ma la vera commercializzazione avviene nel secondo dopoguerra. Oggi si beve in tutto il mondo, ne vengono prodotte 15 milioni di bottiglie (più o meno come il Barolo). Nel 2020 il 67% della produzione della Dop Amarone è stata destinata all’estero: Usa (14%), Svizzera (12%), Regno Unito (11%), Germania e Canada (10%) i principali Paesi di destinazione. Seguono Svezia (8%), Danimarca (7%), Norvegia e Paesi Bassi (6%). Cina e Giappone pesano congiuntamente circa il 3%, sebbene il valore dell’export in questi due Paesi sia cresciuto notevolmente nell’ultimo quinquennio.
Valpolicella Ripasso
L’ultimo vino di questo terzetto è il Valpolicella Ripasso, la cui produzione è strettamente legata a quella dell’Amarone. Il Ripasso infatti si chiama così perché per produrlo viene utilizzato il Valpolicella d’annata e “ripassato” prima di essere affinato in botte sulle vinacce appassite dell’Amarone per un totale di 15-20 giorni, durante i quali avviene una seconda fermentazione alcolica. Un passaggio che rafforza la struttura del vino, conferendogli delle note tipiche dell’Amarone. In origine il ripasso consisteva in un veloce passaggio del Valpolicella d’annata sulle vinacce del Recioto: nessuna sosta sulle bucce, nessuna lunga macerazione. In seguito, si capì che un contatto prolungato con le vinacce ancora piene di succo, zuccheri e lieviti dei vini rossi appassiti portava all’innesco di una seconda fermentazione, e quindi ad un arricchimento del vino in colore, struttura, tannini, glicerina, profumi. Così oggi ogni produttore ha la sua formula, che si compone di quattro variabili principali: la scelta delle vinacce su cui effettuare il ripasso; il tempo di contatto sulle vinacce; la percentuale di uve da ripassare; la scelta se aggiungere o no anche una piccola quantità di uve totalmente appassite.
Famiglie Storiche
Associazione nata nel giugno 2009 dall’unione di dieci storiche cantine della Valpolicella da un’idea di Sandro Boscaini (presidente di Masi) con l’obiettivo di raccontare e valorizzare l’Amarone, l’arte nel produrlo e il suo territorio vocato. Oggi i soci sono 13 e precisamente Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato e rappresentano nel loro insieme il 15% della produzione totale di Amarone e circa il 23% del fatturato. Attuale quarto presidente è Alberto Zenato.
In questo periodo di pandemia hanno organizzato un percorso di conoscenza dell’Amarone in quattro masterclass, condotte da Nicola Frasson con interventi dei rappresentanti delle singole cantine coinvolte nella degustazione degli Amarone scelti con l’obiettivo di far conoscere le singole identità aziendali e di valorizzare al massimo la qualità dei loro vini. Una serie di incontri che ha permesso di comprendere i grandi cambiamenti nel gusto dell’Amarone evidenziando le differenze che ci sono tra la zona classica e la zona orientale, più estesa.
A settembre, dopo un anno di lavoro, l’associazione presenterà il docufilm “Le Famiglie Storiche - Un racconto sull’Amarone”, del giovane regista Michael Gasparini. Una pellicola sulla dimensione e sulla forza umana di queste 13 imprese del vino durante il primo lockdown.
La Valpolicella classica e quella orientale
La zona classica è composta da 5 vallate con clima più mite e poco rilevanti le escursioni termiche. Qui troviamo aziende gestite dalla stessa famiglia da molte generazioni. La zona orientale presenta temperature calde durante il giorno e correnti più fresche la sera. Cambiano anche i metodi di allevamento, la pergola veronese nella zona classica, mentre in quella orientale prevale la spalliera, si tratta di un’area valorizzata in tempi più recenti da realtà che molto spesso non hanno un legame profondo con la viticoltura storica. In generale i vini della zona classica sono più leggeri e profumati; più strutturati in quella orientale. Questo vino, in cui la tecnica produttiva è fondamentale, è profondamente legato al suo territorio, al modo di pensare dell’azienda, ai vitigni che sceglie (l’ossatura è rappresentata da Corvina, Corvinone e Rondinella), ma ci sono produttori che utilizzano altri vitigni autoctoni, come Oseleta, Dindarella, Negrara...
Corvina e Corvinone, i due principali vitigni nella composizione, sono entrambi dotati di una carica cromatica non molto elevata, dal punto di vista aromatico troviamo frutti a bacca rossa, come ciliegia matura e visciola e l’aspetto olfattivo è giocato anche su note floreali e speziate che rimandano al pepe, bianco nella Corvina e nero nel Corvinone. La Rondinella, un vitigno dalla produzione costante, facile da gestire, risulta non di grande interesse per la produzione del vino. Fondamentale nel processo produttivo l’appassimento delle uve, che devono essere raccolte a maturazione ottimale. Fino alla fine degli anni Novanta l’appassimento tradizionale veniva effettuato in locali in zona collinare, ventilati dove le uve si disidratavano seguendo il ritmo delle stagioni; oggi si utilizzano i fruttai posti all’interno di grandi strutture con il controllo dell’umidità, della ventilazione che consente un processo di disidratazione lineare, continuo evitando il formarsi di muffe indesiderate. Passati 80-90 giorni si procede alla pigiatura.
Le tecniche agronomiche poi influiscono sulle caratteristiche finali dei vini, evidenziando vantaggi e svantaggi dei vari sistemi d’allevamento utilizzati e la loro evoluzione nel tempo. La pergola è il sistema di allevamento tradizionale nella zona classica. In passato spesso criticata a causa della sua produzione elevata e della difficoltà di maturazione delle uve in alcune annate. Rivalutazione della pergola oggi a causa del cambiamento climatico. Il guyot è il sistema che ha preso più piede nei nuovi impianti della Valpolicella allargata poiché dà ottimi risultati in quanto a maturazione delle uve e per la sua maggior facilità di gestione. Sempre a causa del cambiamento climatico questo sistema d’allevamento va gestito in maniera diversa, soprattutto per quanto riguarda la defogliazione onde evitare la scottatura delle uve. Il cordone speronato è un sistema che non ha avuto successo, poiché non adatto ai principali vitigni locali, Corvina e Corvinone, a causa della loro scarsa fertilità delle gemme basali che richiede quindi sistemi a potatura medio-lunga.
L’Amarone moderno
In questi ultimi 30 anni, fatta salva la tecnica produttiva, molti sono stati i cambiamenti che hanno influito sulle caratteristiche degli Amaroni moderni: minor residuo zuccherino, struttura meno importante, maggior freschezza, bevibilità e abbinamenti con molte ricette. Il cambiamento climatico ha portato ad avere vendemmie sempre più anticipate, a valorizzare le zone collinari, al cambio dei sesti di impianto, al ripensamento come sistema di allevamento della pergola più contenuta e la comparsa, soprattutto nella zona orientale, della spalliera. L’incidenza dell’annata sull’appassimento non risulta rilevante come in passato, perché questa fase avviene oggi in ambienti sempre più termocontrollati, un appassimento che deve accompagnare lentamente l’uva per avere un buon risultato e sono diventati meno rilevanti nella composizione del vino vitigni come Rondinella e Molinara. E ancora fondamentali il rinnovamento dei legni di affinamento in cantina e il passaggio parziale per alcune aziende a contenitori di minori dimensioni.
Valpolicella classico e superiore
Nel primo articolo del disciplinare di produzione dei vini Doc Valpolicella si legge che la Doc si esprime in due tipologie designabili con i riferimenti “Classico” e Valpantena e Valpolicella “Superiore”, che fa riferimento ad un maggior contenuto in alcol del prodotto. Il successo dell’Amarone negli anni ha messo in secondo piano questa denominazione di vino espressiva del territorio, il Valpolicella Superiore. Una denominazione più antica, ma anche la più giovane sotto il profilo commerciale. Il Consorzio dei vini della Valpolicella ha presentato lo scorso giugno un’indagine condotta tra gli associati e presentata in occasione dell’evento digitale “Valpolicella Superiore - A Territory Opportunity”. Per il 93% dei produttori è proprio il Valpolicella Superiore il prodotto su cui puntare e sei imprese su dieci non intendono fare appassimento, mentre i rimanenti preferiscono soltanto un breve passaggio. Sempre secondo il punto di vista dei produttori, i principali punti di forza sono il profilo organolettico e la versatilità di abbinamento, mentre tra quelli di debolezza sotto il profilo commerciale nel mercato domestico troviamo il peso della molteplicità di stili all’interno della tipologia, della concorrenza di altri vini della Valpolicella come il Ripasso e la mancanza di un segmento commerciale definito. Nasce quindi il bisogno di chiarire i confini tra le diverse tipologie di vino, un percorso che verrà definito nei prossimi anni per intercettare nuovi trend di consumo riportando l’attenzione sulla piramide qualitativa dei vini.
Consorzio dei vini Valpolicella
Attivo da oltre 90 anni (9 febbraio 1925), il Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella rappresenta, secondo il primo report annuale, 322 aziende di imbottigliatori e trasformatori della Dop del veronese, per una filiera che conta 6 cantine cooperative e 2.271 aziende agricole produttrici di uva. Oltre a garantire il servizio di salvaguardia e tutela della denominazione, il Consorzio si occupa della valorizzazione e promozione sul mercato nazionale ed estero dei vini Valpolicella: Amarone della Valpolicella Docg, Recioto della Valpolicella Docg, Valpolicella Ripasso Doc e Valpolicella Doc. La Valpolicella è la prima Dop di vino rosso in Veneto e tra le più importanti in Italia. A livello regionale è seconda solo al Prosecco. Cresce il vigneto e con esso il potenziale produttivo. Negli ultimi 20 anni è raddoppiato il terreno rivendicato a Valpolicella, che ha raggiunto gli 8.398 ettari di estensione nel 2020. Sono quasi 64 milioni le bottiglie delle denominazioni (Valpolicella, Amarone, Recioto e Valpolicella Ripasso) prodotte nel 2020, per un giro d’affari complessivo di 600 milioni di euro annui. Nella vendemmia 2020 sono stati prodotti 772.000 quintali di uva, di cui 275.740 messi a riposo per Amarone e Recioto.
L’impegno del Consorzio per raggiungere l’eccellenza in vigna passa anche dalla sostenibilità e dal benessere per il territorio. In questa direzione va la certificazione “RRR - Riduci, Risparmia, Rispetta”, che promuove la tutela ambientale da parte delle aziende grazie all’adozione di tecniche innovative in vigneto, ma anche la sostenibilità sociale e la tutela del paesaggio. Il Protocollo RRR iniziato lo scorso anno coinvolge 1.210 ettari di vigneti.
Nel 2018 è nato il Valpolicella Education Program (VEP), un progetto educativo completo sui vini e il territorio della Valpolicella, strutturato in tre livelli progressivi di studio con programmi standardizzati, che vengono offerti tramite un network di educatori certificati VEP in vari Paesi del mondo, sotto la sorveglianza e il coordinamento del Consorzio che ne garantisce l’alto livello di competenza.
Valpolicella turistica
Il paesaggio delle colline terrazzate della Valpolicella classica è stato iscritto nel registro nazionale dei paesaggi rurali storici a seguito della presentazione del dossier di candidatura portato avanti dalla Cantina Valpolicella Negrar, assieme ai Comuni di Negrar, Marano, Fumane, San Pietro in Cariano e Sant’Ambrogio, il dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Verona e il Gal Baldo Lessinia.
Il caso Tedeschi
Dopo quattro anni di ricerca con il prof. Maurizio Ugliano in collaborazione con il dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona, l’azienda Tedeschi di Pedemonte (Vr) ha presentato i risultati dello studio sui caratteri aromatici delle uve e dei vini da singoli vigneti e sui principali fattori coinvolti nella loro espressione. Il focus è in particolare sull’Amarone dei cru Monte Olmi, La Fabriseria e della tenuta di Maternigo (con i vigneti Anfiteatro, Bàrila e Impervio). L’obiettivo dello studio era quello di capire se nei vini prodotti con uve raccolte nei singoli vigneti ci fosse un’impronta aromatica caratteristica che potesse fungere da vero e proprio elemento identificativo di un luogo e di un terroir con un’identità geografica ben definita. Attraverso questo studio - unico nel suo genere a livello sia nazionale che internazionale - si è riusciti quindi a identificare la firma aromatica dei differenti vini e del vigneto a cui corrispondono.
«Non dobbiamo aspettarci sempre gli stessi risultati di vinificazione perché si deve fare i conti con la natura - ha spiegato Riccardo Tedeschi - ma si può pensare alla valorizzazione di singoli elementi identificativi: il risultato sarà sempre come una sorta di firma dell’azienda. È un messaggio che si traduce in un codice identificativo legato ad una zona e a un’identità geografica, la Valpolicella, che, come un filo rosso, racconta il senso del luogo attraverso la storia della nostra azienda e dei nostri vini». E intanto la ricerca continua.
Vini veronesi del lago di Garda
Si tratta dell’area più occidentale compresa tra le pendici del Monte Baldo e le colline moreniche a sud del lago. La presenza della vite risale all’età del bronzo, lo testimoniano i ritrovamenti di vinaccioli in siti preistorici, la coltivazione continua in epoca romana a partire dal I secolo a.C., a seguire nel Medioevo nei monasteri che sorgono attorno al lago. L’ambiente è caratterizzato dalla presenza del lago, la cui influenza si fa sentire sul clima e sulla natura morenica dei suoli. Il modello viticolo era rappresentato dalla pergola, alla quale negli ultimi anni si è affiancata la conduzione a filare. Il Bardolino è sicuramente il vino più rappresentativo, prodotto con uve Corvina, Rondinella e Molinara. Le prime due sono quelle che determinano maggiormente le caratteristiche sensoriali del vino. Il Bardolino presenta un profilo aromatico interessante, spesso apprezzato per la sua leggerezza. Le note odorose più facilmente riconoscibili sono quelle di ciliegia e frutti di bosco.
I vini della Valdadige e la Doc Terra dei Forti
Parallela al lago di Garda corre la valle del fiume Adige, zona di produzione della Doc Terra dei Forti, una denominazione interregionale che si estende su zone appartenenti sia al Trentino Alto Adige (Valdadige) e sia in territorio veneto (Terra dei Forti). Comprende l’area collinare dei comuni di Rivoli Veronese, Brentino Belluno, Dolcè e Avio per oltre 1.300 ettari di superficie vitata. La denominazione Terradeiforti-Valdadige tutela e promuove le tipologie Enantio e Casetta, vini rossi autoctoni, insieme a varietà a bacca bianca che coprono la maggior parte del territorio vitato. I viticoltori sono circa 700, una cantina sociale e 11 cantine aziendali associate al Consorzio tutela vini Terradeiforti. L’origine del nome è legata alla vallata nella quale scorre il fiume Adige caratterizzata da una serie di castelli medievali.
La Terra dei Forti si lega a doppio filo alla viticoltura fin dai tempi antichi: nel I sec d.C., Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis historia”, parlando di viti selvatiche e coltivate a nord di Verona, scriveva: «Una vite selvatica chiamata Enantio». Altre tracce dell’Enantio si trovano nel Cinquecento nella “Storia naturale dei vini” del Bacci. L’Enantio fino a qualche anno fa si utilizzava come varietà miglioratrice di vini quotidiani per la sua pienezza di colore e consistenza di corpo e che oggi si propone in purezza con quel suo carattere selvatico, bene espresso soprattutto nella riserva. Molti ceppi di Enantio, alcuni ultracentenari, sono sopravvissuti perfino alla fillossera grazie ai terreni sabbiosi della valle, perché la componente silicea a scaglie taglienti lo difende dal parassita. Altra varietà autoctona della Terra dei Forti, che si fregia della Doc, è il Casetta, recuperato da Albino Armani con il nome popolare di Foja tonda.
Marzemino
La Vallagarina si è dimostrata la patria elettiva del Marzemino dove trova la sua maggiore diffusione e la sua migliore espressione nelle aree vocate tra Isera e Volano, che rappresentano l’areale della Doc Trentino Marzemino. Con il nome Marzemino sono stati riconosciuti, nei secoli, molti vitigni che spesso si mostravano assolutamente diversi tra loro, come riportato da alcuni celebri ampelografi del passato come Acerbi (1825) e Di Rovasenda (1877) oltre che da altri studiosi più recenti tra cui Molon (1906) e Dalmasso (1937). Viene citato da Wolfgang Amadeus Mozart nel “Don Giovanni”. Verso la fine della rappresentazione la scena si svolge a casa di Don Giovanni: la tavola è imbandita con un meraviglioso fagiano arrosto, pronto per essere divorato; il protagonista - Don Giovanni - si rivolge a questo punto al servo Leporello cantando imperiosamente: «...versa vino, eccellente Marzemino!». Il vino si presenta di un colore rosso rubino intenso e un bagaglio olfattivo concentrato sulle fragranze di viola mammola, prugna e piccoli frutti rossi; in bocca ha una buona freschezza, una giusta corposità legata a una fine tannicità e un contenuto grado alcolico. È capace di reggere un breve invecchiamento.
Albino Armani
Viticoltore e proprietario di alcune realtà vinicole in tre regioni (Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia), è altresì ideatore della Conservatoria, un piccolo vigneto sperimentale impiantato nel 2003 proprio di fronte all’ingresso della Corte del Foja Tonda, a Dolcè, dove sono custodite 13 varietà di vite autoctone appartenuti al patrimonio ampelografico della Vallagarina trentina e veneta e sulle quali, grazie alla collaborazione della la Fondazione Mach di San Michele all’Adige, ogni anno vengono portati avanti studi, ricerche, selezioni e sperimentazioni di micro-vinificazione.
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Alberto Lupini