Taurasi: il re dei vini rossi dell'Irpinia e la tradizione di Antica Hirpinia

Il Taurasi, simbolo della vitivinicoltura irpina, è il cuore del progetto dell'azienda Antica Hirpinia. Un viaggio tra storia, tradizione e innovazione, valorizzando l'Aglianico e antiche varietà locali

02 ottobre 2024 | 09:30
di Mariella Morosi

Taurasi è un borgo dell'Avellinese dove la storia si è fermata a lungo, ma anche il nome di un vino, "re" dei rossi, simbolo della vitivinicoltura dell'Irpinia, che nel nome e nel gusto ha saputo interpretarne l'identità. A dargli intensità e profumi è il vitigno Aglianico, risultato di un millenario ambientamento in quel territorio dove a portarlo sarebbero stati gli ellenici nel VI sec.a.C. Il Taurasi è al centro del progetto dell'azienda "Antica Hirpinia",  insieme ad altre varietà autoctone sorattutto a bacca bianca.

 

Taurasi, una storia antica

È stato il primo campano e di tutto il Sud ad ottenere la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita) nel 1993.  Molto prima, nell'800, a credere nelle sue potenzialità e a investire in studi sperimentali fu Francesco De Sanctis dell'Istituto Agrario di Avellino ma,  come in altre realtà,  lo sviluppo di un'enologia di qualità non fu costante, senza parlare del flagello fillossera. Prima di una vera rinascita moderna, il Taurasi,  come altri vini delle terre del Sole, era prodotto per andare  a rafforzare quelli esangui del nostro Nord e d'Oltralpe attraverso la locale “Ferrovia del vino”. Era apprezzato non per il suo valore intrinseco ma come risorsa economica. 

 

L'impegno dei produttori ha saputo gradualmente invertire la rotta e la fama del Taurasi ha avuto un effetto trainane per tutto il vigneto regionale. Qui la  biodiversità è assoluta, i vigneti prosperano sulle colline tra i 400 ed i  700 metri, tra fitte macchie e vigneti alternati a orti, noccioleti e i secolari alberi di noce dove le streghe danzavano la notte di San Giovanni. Si è sempre rispettato quello che le aziende stanno riscoprendo: che la vicinanza di alberi, boschi e cespugli intorno alle vigne e tra i filari fa bene al vino e che - tema di grande attualità- aiuta a combattere il riscaldamento climatico ed i fenomeni estremi. Inoltre l'Aglianico esprime il meglio di sé su questi terreni collinari vulcanici, argillosi e calcarei. 

Taurasi, esaltazione del territorio

L'affermazione del Taurasi promuove anche la bellezza discreta del territorio sovrastato dal Castello medievale - ora Palazzo della Cultura ed Enoteca-Museo - dove non mancano fantasmi a ricordare amori impossibili e delitti d'onore. Quello compiuto  nel 1590 da Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, Conte di Conza e Signore di Taurasi, mecenate e virtuoso di liuto,  ha dato il nome ad una linea di produzione della cantina "Antica Hirpinia". Questo vino rosso rubino intenso, asciutto, robusto pieno, tendente al granato fino ad acquisire riflessi arancioni con l'invecchiamento, definito da  molti  "fratello maggiore del Barolo e del Barbera", può essere prodotto solo a Taurasi e in altri 16 comuni della provincia di Avellino: Bonito, Castelfranci, Castelvetere sul Calore, Fontanarosa, Lapio, Luogosano, Mirabella Eclano, Montefalcione, Montemarano, Montemileto, Paternopoli, Pietradefusi, Sant’Angelo all’Esca, SanMango sul Calore, Torre le Nocelle e Venticano.

Taurasi, l’evoluzione di Antica Hirpinia

La prima bottiglia di Taurasi con fascetta n° AAA 000 0001 della vendemmia 1992 è esposta proprio nella Cantina di "Antica Hirpinia", in un vero e proprio sacrario. E non a caso, perché, all'epoca  società cooperativa "Enopolio",vanta tutt'oggi l'orgoglio di averla prodotta. La n.2 andò al Papa Papa Giovanni Paolo II e la terza al presidente della Repubblica Scalfaro. Vendemmia dopo vendemmia, molto è cambiato. Negli anni Sessanta era impossibile per tanti piccoli agricoltori trovare uno sbocco remunerativo per le loro uve e la nascita di una cooperativa evitò l'abbandono e l'espianto dei vigneti salvandone la biodiversità. A questo si deve la particolarità di viti centenarie pre fillossera,  ancora franche di piede, da cui ricavare marze da reimpiantare. Una vite mammout di circa 300 anni, ancora produttiva, è in un vigneto della Cantina Antica Hirpinia, quasi meta di pellegrinaggi. 

Oggi a guidare l'azienda sono tre soci, con un progetto non da investitori ma di gente di campagna che sa dialogare con la terra. Come Ciriaco Bianco, orgogliosamente figlio di contadini,che la dirige con Maria Rosaria Guarino, che ha voluto apprendere tutti i mestieri del vino e sa raccontarlo con una calda accoglienza. Stessa passione degli altri due, Benedetto Roberto e Alfonso Romano, nella cura dei 20 ettari di proprietà e degli altri 140 di viticoltori conferitori, contando su uno staff esperto e motivato. E i riconoscimenti non sono mancati: dalle più importanti guide di settore a Wine Enthusiast. L'enologo consulente è Maurilio Chioccia, di lunga esperienza, con l'dea di esaltare non solo la tipicità dei vitigni, ma anche il legame con l'area produttiva, mentre Lorenzo Iannotti, formatosi in aziende toscane, è l'enologo residente. 

Antica Hirpinia, come nascono i vini

La cantina è stata ristrutturata e ampliata con la facciata è in pietra e mattoni e, all'interno, i tre corpi di fabbrica occupano grandi spazi con una bottaia con centinaia di barrique, botti grandi e una sala-convegni. Le vasche di cemento recuperate convivono con l'acciaio e con la migliore tecnologia enologica, tra cui un sofisticato impianto di filtraggio. La vendemmia per il Taurasi è manuale e in vigna avviene la selezione dei grappoli, come cru di Aglianico  proveniente dai vigneti di Fontanarosa.  Macerazione a freddo, pressatura soffice e fermentazione a temperatura controllata per almeno 14 giorni del mosto in fiore rappresentano i primi step della sua vinificazione. A seguire, affinamento di 6 mesi in cemento, prima di andare in barrique e tonneau di rovere francese per almeno 18 mesi e poi in bottiglia per 12 mesi. La Riserva invece - la prima è stata della vendemmia 2014- matura per due anni in barrique ed altri due in bottiglia ma con un forte potenziale di invecchiamento. Rosso profondo, è evoluto, l’intensità olfattiva,  note balsamiche, sentori di sottobosco, foglie, confettura di prugne.  L'impegno dei tre soci è anche quello di valorizzare le altre antiche varietà locali a bacca bianca, con un progetto di qualità alto: giusto riconoscimento a quei vini già amati dai romani e conosciuti come "vini degli imperatori".

Antica Hirpinia, che vini si producono

Le etichette del brand sono 14, suddivise in due linee: "Antica Hirpinia" (le Doc Falanghina Irpinia,Coda di Volpe Irpinia,Irpinia Aglianico e le Docg  Fiano di Avellino,Greco di Tufo,Taurasi) e "Anno Domini 1590". Comprende le Igt Aminta Falanghina, Beneventano Licori Campania Bianco, Musica Campania rosso, le Doc Tenebrae Aglianico Irpnia e le Docg Liber Fiano di Avellino, Sacrarum Greco di Tufo,  e Legenda Taurasi Anno Domini 1590.  Una panoramica è stata offerta da una degustazione guidata da Maurilio Chioccia insieme a Lorenzo Iannotti e a Ciriaco Bianco che, pur nelle differenze, ha mostrato in tutti i campioni la spinta all'identità territoriale e varietale, con vinificazioni in purezza. 

Partenza con  il Coda di Volpe, fermentazione in acciaio, fresco,f ruttato e agrumato da vigneto biologico certificato, così come per la Falanghina, vitigno di più recente acquisizione per l'area, che resta su fecce fini per 4 mesi fino all’imbottigliamento. Stesso processo per il Fiano di Avellino, figlio di piante centenarie da un vigneto nel comune di Lapìo. Il Greco di Tufo è prodotto nell'omonimo comune, complesso e ricco di profumi per i suoli arenari e ricchi di carbonato di calcio.Quattro ettari a Lapìo sono dedicati al Desmòs Fiano di Avellino Riserva 2022.Vinificato in bianco e fermentato in acciaio è poi  affinato in barriques di rovere francese di secondo e terzo passaggio per 6 mesi e altrettanti in bottiglia. L'Irpinia Rosato da Aglianico subisce una pressatura soffice e sempre in acciaio. 

Chiusura con i rossi:  Aglianico 2019 biologico certificato da vigneto  in Località Piana delle mele di Fontanarosa, vinificato in rosso con fermentazione e macerazione delle bucce per 15 giorni, poi in barriques di rovere francese e in botti da 80 hl per 12 mesi e passaggio in acciaio fino all'imbottigliamento. Poi Taurasi 2018, in barriques di rovere e in botti da 80 hl per un anno e periodo di 12 mesi. Passaggio in serbatoi di acciaio e successivo affinamento in bottiglia. Infine Taurasi Riserva 2014, con le migliori uve con vendemmia tardiva. Finezza ed eleganza sono esaltate dopo il riposo in barriques e in botti da 80 hl per un periodo di 18-24 mesi. Passaggio in serbatoi di acciaio e successivo affinamento in bottiglia,  senza misurare il tempo.

© Riproduzione riservata


“Italia a Tavola è da sempre in prima linea per garantire un’informazione libera e aggiornamenti puntuali sul mondo dell’enogastronomia e del turismo, promuovendo la conoscenza di tutti i suoi protagonisti attraverso l’utilizzo dei diversi media disponibili”

Alberto Lupini


Edizioni Contatto Surl | via Piatti 51 24030 Mozzo (BG) | P.IVA 02990040160 | Mail & Policy | Reg. Tribunale di Bergamo n. 8 del 25/02/2009 - Roc n. 10548
Italia a Tavola è il principale quotidiano online rivolto al mondo Food Service, Horeca, GDO, F&B Manager, Pizzerie, Pasticcerie, Bar, Ospitalità, Turismo, Benessere e Salute. italiaatavola.net è strettamente integrato
con tutti i mezzi del network: i magazine mensili Italia a Tavola e CHECK-IN, le newsletter quotidiane su Whatsapp e Telegram, le newsletter settimanali rivolte a professionisti ed appassionati, i canali video e la presenza sui principali social (Facebook, X, Youtube, Instagram, Threads, Flipboard, Pinterest, Telegram e Twitch). ©® 2024