Su vino e birra etichette allarmistiche come per le sigarette. Primo via libera della Ue

L'Irlanda, dove l'alcolismo è un'emergenza, potrà adottare un'etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze come "il consumo di alcol provoca malattie del fegato" e "alcol e tumori mortali sono direttamente collegati". Un danno per l'Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà all’estero

11 gennaio 2023 | 13:03

Il vino è di nuovo al centro delle dispute europee. Non che ne fosse mai veramente uscito. Dal 2021, la commissione Ue discute, infatti, intorno alla “Strategia europea alla lotta al cancro”, con proposte per ridurre il "consumo dannoso" di alcol (tra cui proprio l'etichettatura obbligatoria con elenco degli ingredienti, dichiarazione nutrizionale e avvertenze per la salute) che avrebbe di fatto comparato il consumo di vino al fumo di sigaretta. Proposta poi fortunatamente sfumata nel febbraio 2022, quando l'Europarlamento, spaccato in due, aveva raggiunto un faticoso compromesso dicendo sì a maggiori informazioni sulle bottiglie ma senza riferimenti ad avvertenze sanitarie. Fortunatamente perché, se di certo l’Unione europea non era (e non è) intenzionata a vietare il vino, dall’altra parte avrebbe creato danni enormi a nazioni, come ad esempio l’Italia e la Francia, dove il vino è cultura e grande fonte di reddito. Ma la “pace” acquista dal vino dopo la decisione dell’Europa, oggi è di nuovo minacciata. L'Irlanda potrà, infatti, adottare un'etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. La norma è stata notificata a giugno da Dublino a Bruxelles, che - con il periodo di moratoria che è scaduto a fine dicembre 2022 - ha confermato che le autorità nazionali possono adottare la legge. Di certo il fine è nobile, anche perché in Irlanda l’abuso di alcol è un’emergenza sanitaria. Ma questa decisione crea, di fatto, un precedente e altri Paesi europei potrebbero decidere di adottare un’etichetta simile, come per altro raccomandato anche dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).


Il no di Italia, Francia e Spagna: pericoloso precedente

Un via libera che non va giù, ovviamente, a molti paesi. Italia, Francia e Spagna, in primis (ma sono contrari anche sei stati Ue), considerano, infatti, la misura una barriera al mercato interno e all'annuncio della stessa Commissione di iniziative comuni sull'etichettatura degli alcolici nell'ambito del piano per battere il cancro.


Coldiretti: attacco diretto all’Italia

Per la Coldiretti, ad esempio, il sì alle etichette allarmistiche sul vino in Irlanda è un attacco diretto all’Italia che è il principale produttore ed esportatore mondiale con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà all’estero. Una decisione che, sottolinea ancora la Coldiretti, rischia di aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio una filiera che in Italia dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale voce dell’export agroalimentare.


La autorizzazione della Commissione fa seguito, infatti, a ripetuti blitz a livello comunitario di penalizzare il settore come il tentativo di escluderlo dai finanziamenti europei della promozione nel 2023, sventato anche grazie all’intervento della Coldiretti. Un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso mentre in Italia si hanno riscontri in Sicilia già a partire dal 4100 a.C.

 


Consumatori disorientati

Anche perché, la decisione Ue, sempre secondo un sondaggio di Coldiretti, rischia di alimentare paure ingiustificate nei consumatori come dimostra il fatto che quasi un italiano su quattro (23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe di meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette.


In Irlanda emergenza sanitaria

Ma per gli Irlandesi, le “priorità” sono differenti. Per Dublino, il forte consumo di alcolici è un'emergenza sanitaria nazionale e giustifica etichette che dovranno contenere: un avvertimento sui danni del consumo di alcol, un monito sul suo legame diretto con tumori mortali, la quantità di alcol in grammi (invece che in percentuale), le calorie, un pittogramma (uguale a quello già in uso) sui rischi per la gravidanza, e un link a un sito web su alcol e salute.


«È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate».

Dello stesso parere il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi: «Il silenzio assenso di Bruxelles a Dublino relativo alle avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici rappresenta una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro. Secondo Uiv, il mancato intervento della Commissione europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino. Temiamo che la Direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Paesi membri, al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo. I fatti di oggi  segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro».

Insomma, giustamente non si può fare di “tutti i Paesi” un fascio. Anche perché il consumo pro capite in Italia si attesta sui 33 litri all’anno con una sempre maggiore attenzione alla qualità, alla storia del vino, ai legami con i territori che spingono italiani e stranieri anche alla scoperta di cantine e aziende.

Le reazioni di Federvini, Cia e Confagricoltura

Intanto la notizia del via libera alla normativa irlandese continua a scuotere il mondo del vino, «Una normativa unilaterale, discriminatoria e sproporzionata»: commenta Micaela Pallini, presidente di Federvini. «Un sistema unilaterale che spacca il mercato unico europeo, una modalità discriminatoria perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea senza apportare misurabili ed effettivi benefici nella lotta contro il consumo irresponsabile», continua la presidente Pallini.


«Chiediamo che il governo Italiano si attivi quanto prima per studiare ogni azione possibile, nessuna esclusa, per osteggiare una norma che contrasta con il buon senso e la realtà - conclude Pallini - forse è giunta l’ora che il tema venga trattato a livello politico in ambito UE, non da soli ma con i partner europei che hanno già manifestato gravi perplessità su questo tipo di normativa. È necessario una presa di posizione di fronte al mutismo della Commissione Europea».

Il silenzio assenso della Commissione europea alla norma rappresenta un pericoloso via libera ad allarmismi e disinformazione, nonché un precedente rischioso per l’Europa, andando contro la definizione dell’etichettatura comune. Così Cia-Agricoltori Italiani commenta preoccupata il mancato intervento di Bruxelles sull’adozione della legge per gli “health warning” su vino, birra e liquori, da parte delle autorità di Dublino, superato il periodo di moratoria a fine dicembre 2022.

Per Cia è sconcertante lo scenario che si va ora delineando, con una mossa che sdogana l’autonomia decisionale dei singoli Paesi Ue e compromette il lavoro fatto fino ad ora a livello comunitario nell’ambito del Cancer Plan, proprio a tutela della salute dei cittadini, ma senza demonizzare il consumo, moderato e responsabile, di vino, da distinguere nettamente dall’abuso.

Dunque, Cia esprime il suo disappunto non solo rispetto alle avvertenze irlandesi “il consumo di alcol provoca malattie del fegato" e "alcol e tumori mortali sono direttamente collegati", ma anche di fronte alla Commissione europea che sembra mostrare il fianco a facili associazioni vino-sigarette, lasciando inascoltati i pareri contrari di Italia, Francia, Spagna e altri sei Paesi Ue, e mettendo a repentaglio anche il principio di libera circolazione delle merci in Europa.

Al governo italiano, da parte di Cia, la richiesta di tornare a sollecitare l’Europa sugli impegni già presi per promuovere uno stile di vita sano e una corretta informazione.  

In serata arriva anche il commento di Confagricoltura: «Siamo particolarmente preoccupati per la deriva proibizionistica che il settore vitivinicolo europeo sta affrontando. La Commissione non ha ascoltato le riserve che l’Italia, con altri numerosi Stati membri, ha manifestato per opporsi alle misure introdotte dalla normativa irlandese creando un grave precedente e un potenziale ostacolo al commercio interno». 

Questo il primo commento del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti che aggiunge: «Occorre contrapporre a queste decisioni l’evidenza che è solo l’abuso di alcol, e non il consumo moderato, a poter determinare effetti nocivi sulla salute - conclude Giansanti - Soltanto con strumenti di prevenzione ed educazione al consumo consapevole è possibile evitare i fenomeni dell’alcolismo».

Difendere il made in Italy

Quindi, al di là del giusto e nobile motivo in Irlanda, in Italia è indispensabile difendere un settore del Made in Italy che ha scelto da tempo la strada della qualità con le bottiglie Made in Italy che sono destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt con 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% per i vini da tavola.

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Alberto Lupini


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