Siddùra sviluppa nuove tecnologie contro i cambiamenti climatici
La cantina sarda ha deciso di lanciare una sfida al clima impazzito che minaccia l'85% delle aree vinicole del mondo. Lo fa adeguando la sua filosofia e il suo lavoro nei campi alle stagioni sempre più imprevedibili
10 marzo 2020 | 10:38
Siddùra ha deciso di lanciare la propria sfida, cominciando dalla sua Sardegna, una strategia contro un clima impazzito. Una strategia che sta nell'adeguare la propria filosofia e il lavoro sui campi alle variabili imprevedibili di stagioni che non rispettano più i cicli naturali. Facendo questo la realtà vitivinicola si promette di aumentare la qualità, a volte rinunciando alla quantità, per non farsi travolgere dal clima che cambia.
Il cambiamento climatico
L'aumento delle temperature oggi minaccia l'85% dei vigneti sul Pianeta. Uno studio pubblicato dalla rivista Proceedings of the national academy of science degli Stati Uniti ritiene che saranno decisive le scelte della politica. Il cambiamento climatico minaccia infatti anche l'offerta del vino nel mondo. Con riscaldamento globale si parla di 4°C in più per quanto riguarda la temperatura media mondiale. Le regioni che già adesso sono più calde, tra cui anche l'Italia, secondo i ricercatori rischiano di affondare le perdite più significative, fino al 90% della produzione.
Siddùra vuole anticipare questi fenomeni: sono anni ormai che lavora sul microclima dei propri terreni.
«Ci potremmo trovare di fronte a due possibilità – sottolinea Massimo Ruggero, direttore generale di Siddùra - La prima prevede un adattamento della pianta che, mutando geneticamente in maniera naturale, sviluppa anticorpi che le consentono di mantenere le caratteristiche proprie dei vitigni autoctoni. In alternativa, deve essere l’uomo, con la tecnologia a disposizione, a studiare i sistemi di controllo delle microzone. Esercitando così un tipo di agricoltura che punta a interventi mirati, per consentire alla pianta di sopravvivere ai cambiamenti climatici. Questi interventi devono partire dalla certezza che i mutamenti climatici siano definitivi e non legati ad accadimenti occasionali, a stagioni imprevedibili».
«Sono anni che non c’è più una storicità stagionale, perché esistono troppe variabili che non consentono che un’annata sia simile alle precedenti – spiega Luca Vitaletti, agronomo di Siddùra - Le varie lavorazioni in campo dipendono dall’anno solare. Alcune, in base alle variabili climatiche, possono essere anticipate o posticipate, ma non di troppo. Ormai non è più possibile sapere che tipo di stagione sarà: a dicembre, ad esempio, è piovuto. Questo ha fatto ben sperare: l’acqua serve alla ripresa vegetativa della pianta, processo che avviene tra marzo e aprile. Invece, ci siamo trovati a metà febbraio con una primavera anticipata. Con un gennaio molto mite e un mese di febbraio senza piogge».
La tecnologia
Il lavoro dell’agronomo si svolge ormai quotidianamente con il supporto della tecnologia. Si parte dalla mappatura dei terreni, che già da qualche anno impegna Siddùra con lo studio dei microrganismi presenti nel suo terroir. L’analisi del microclima sarà sempre più importante nella previsione del cambiamento delle zone climatiche. Siddùra si è dotata, infatti, di un sistema di controllo meteorologico che consente di studiare questo microclima, compresa la misurazione delle escursioni termiche che incidono sulla qualità dei vini. Il sistema influisce anche sulla prevenzione dei trattamenti fitosanitari. La stazione capta questi mutamenti e suggerisce all'agronomo il trattamento adeguato.
Fattore acqua
«La terra è molto arida. Mi ricorda la stagione del 2017, che diede luogo ad un brusco ritorno di freddo in primavera con decimazione dei germogli e dunque della produzione, associato ad un successivo periodo molto siccitoso che si protrasse fino a ottobre – conferma Luca Vitaletti - Le fasi delle lavorazioni prevedono la potatura in un periodo di riposo vegetativo che in teoria corrisponderebbe all’inverno, ma qual è ormai l’inverno?». Il sistema che monitora lo stato idrico del suolo, usato a Siddùra, consente di sapere prima cosa succederà e quindi anticipare la stagione irrigua in vigna. L’acqua è fondamentale per sopperire anche al freddo improvviso che anche quest’anno potrebbe caratterizzare i mesi primaverili. Con il sistema “Piante che parlano”, poi, da anni Siddùra è stata capace di utilizzare una strumentazione che consente di monitorare lo stato idrico del suolo e il fabbisogno d’acqua della pianta in base alle condizioni climatiche che mutano. Poi c’è la stazione meteo con la quale giornalmente si valuta l’area di lavoro sui vitigni, visualizzando le previsioni meteorologiche e climatiche giornalmente e nell’arco della settimana.
Diversificazione dell'uva
Diversificare l’uva può ridurre del 56% le perdite dovute ai cambiamenti climatici. Ignacio Morales-Castilla, il principale autore dello studio pubblicato sulla rivista Proceedings of national academy of sciences degli Stati Uniti, assicura che esiste ancora un’opportunità per adattare la viticoltura e l’agricoltura alle pressioni dovute ai cambiamenti climatici. Lo studio individua infatti una precisa strategia di adattamento: piantare varietà o qualità di uva diverse potrebbe ridurre significativamente le perdite delle zone usate per la coltivazione di uva da vino. Le aree più calde a causa dei cambiamenti climatici andrebbero ripiantate con un’uva da vino più adatta, con la conseguenza di andare incontro a una riduzione consistente delle perdite.
«Le considerazioni di Morales-Castilla – commenta il direttore della cantina – riportano a quelle che i francesi fanno da anni: il vino si fa dal terroir e dall’uva coltivata in quella specifica zona. Questa considerazione rafforza l’appartenenza al microclima specifico di una determinata zona geografica, ma probabilmente costringerebbe a rivedere i disciplinari di produzione che salvaguardano l’autoctono. Noi pensiamo che il microclima di Siddùra e l’adattamento delle piante del vermentino e del cannonau, siano la migliore risposta a quello che sta succedendo. Ripercorriamo la storia: il vitigno del vermentino fu scelto anticamente per la sua resistenza al salmastro e ai mutamenti climatici e per questo facilmente coltivabile nelle fasce costiere. Anche in Sardegna ci sarà questa mutazione: stiamo andando incontro al vermentino e al cannonau del domani. Anche in questo caso si verificherà un cambiamento del gusto, né migliore né peggiore. Semplicemente diverso. Non è detto che lo stravolgimento sarà negativo, potrebbero svilupparsi fenomeni che esaltano le qualità dei vitigni».
I disciplinari
Lo studio di Ignacio Morales-Castilla ipotizza addirittura di poter dimezzare le perdite delle regioni viticole, nel contesto di un aumento della temperatura globale circoscritto ai 2 gradi (riducendo le aree perse dal 56% al 24%). Con livelli più elevati di riscaldamento globale (entro i 4 gradi) si potrebbero invece ridurre le perdite di almeno un terzo (da 85% a 58%). Diversificare e cambiare la disposizione delle coltivazioni, dicono gli studiosi, può contribuire a mitigare le perdite agricole in un mondo sempre più caldo. Senza alcun intervento in questo senso, la ricerca suggerisce che il riscaldamento globale potrebbe danneggiare duramente le aree viticole. In futuro, quindi, potrebbero esserci zone non più adatte ad accogliere un vitigno.
Le mutazioni
Siddùra lavora in questo senso sulla mutazione genetica per creare la pianta perfetta che, attraverso innesto e porta innesto, si possa adattare a quel microclima particolare ed esaltare ancor più le qualità del terroir. Oggi tutta l’industria mondiale delle viti si interroga sulla capacità di adattamento delle zone storiche, in attesa di conferme circa la previsione secondo cui le viti italiane delle zone costiere migreranno all’interno, sulle colline alte. I ricercatori hanno esaminato l’idoneità climatica di 11 varietà di uva da vino, che rappresentano un terzo della superficie coltivata a livello globale. Dal team di scienziati che ha realizzato lo studio arriva però un avvertimento significativo: le azioni umane svolgono un ruolo indispensabile nella costruzione di sistemi agricoli resistenti ai cambiamenti climatici. Cambiare le colture vitivinicole vorrebbe dire stravolgere le tipicità locali. Siddùra prova a guardare lontano. Perché per mantenere la qualità dei vini, dunque dei vitigni, nel tempo, occorre studiare. E prevedere i cambiamenti climatici.
Per informazioni: www.siddura.wine
Siddùra ha deciso di puntare alla qualità, anche se talvolta significa rinunciare alla quantità
Il cambiamento climatico
L'aumento delle temperature oggi minaccia l'85% dei vigneti sul Pianeta. Uno studio pubblicato dalla rivista Proceedings of the national academy of science degli Stati Uniti ritiene che saranno decisive le scelte della politica. Il cambiamento climatico minaccia infatti anche l'offerta del vino nel mondo. Con riscaldamento globale si parla di 4°C in più per quanto riguarda la temperatura media mondiale. Le regioni che già adesso sono più calde, tra cui anche l'Italia, secondo i ricercatori rischiano di affondare le perdite più significative, fino al 90% della produzione.
Siddùra vuole anticipare questi fenomeni: sono anni ormai che lavora sul microclima dei propri terreni.
«Ci potremmo trovare di fronte a due possibilità – sottolinea Massimo Ruggero, direttore generale di Siddùra - La prima prevede un adattamento della pianta che, mutando geneticamente in maniera naturale, sviluppa anticorpi che le consentono di mantenere le caratteristiche proprie dei vitigni autoctoni. In alternativa, deve essere l’uomo, con la tecnologia a disposizione, a studiare i sistemi di controllo delle microzone. Esercitando così un tipo di agricoltura che punta a interventi mirati, per consentire alla pianta di sopravvivere ai cambiamenti climatici. Questi interventi devono partire dalla certezza che i mutamenti climatici siano definitivi e non legati ad accadimenti occasionali, a stagioni imprevedibili».
«Sono anni che non c’è più una storicità stagionale, perché esistono troppe variabili che non consentono che un’annata sia simile alle precedenti – spiega Luca Vitaletti, agronomo di Siddùra - Le varie lavorazioni in campo dipendono dall’anno solare. Alcune, in base alle variabili climatiche, possono essere anticipate o posticipate, ma non di troppo. Ormai non è più possibile sapere che tipo di stagione sarà: a dicembre, ad esempio, è piovuto. Questo ha fatto ben sperare: l’acqua serve alla ripresa vegetativa della pianta, processo che avviene tra marzo e aprile. Invece, ci siamo trovati a metà febbraio con una primavera anticipata. Con un gennaio molto mite e un mese di febbraio senza piogge».
La lotta al cambiamento climatico si combatte anche con la tecnologia
La tecnologia
Il lavoro dell’agronomo si svolge ormai quotidianamente con il supporto della tecnologia. Si parte dalla mappatura dei terreni, che già da qualche anno impegna Siddùra con lo studio dei microrganismi presenti nel suo terroir. L’analisi del microclima sarà sempre più importante nella previsione del cambiamento delle zone climatiche. Siddùra si è dotata, infatti, di un sistema di controllo meteorologico che consente di studiare questo microclima, compresa la misurazione delle escursioni termiche che incidono sulla qualità dei vini. Il sistema influisce anche sulla prevenzione dei trattamenti fitosanitari. La stazione capta questi mutamenti e suggerisce all'agronomo il trattamento adeguato.
Fattore acqua
«La terra è molto arida. Mi ricorda la stagione del 2017, che diede luogo ad un brusco ritorno di freddo in primavera con decimazione dei germogli e dunque della produzione, associato ad un successivo periodo molto siccitoso che si protrasse fino a ottobre – conferma Luca Vitaletti - Le fasi delle lavorazioni prevedono la potatura in un periodo di riposo vegetativo che in teoria corrisponderebbe all’inverno, ma qual è ormai l’inverno?». Il sistema che monitora lo stato idrico del suolo, usato a Siddùra, consente di sapere prima cosa succederà e quindi anticipare la stagione irrigua in vigna. L’acqua è fondamentale per sopperire anche al freddo improvviso che anche quest’anno potrebbe caratterizzare i mesi primaverili. Con il sistema “Piante che parlano”, poi, da anni Siddùra è stata capace di utilizzare una strumentazione che consente di monitorare lo stato idrico del suolo e il fabbisogno d’acqua della pianta in base alle condizioni climatiche che mutano. Poi c’è la stazione meteo con la quale giornalmente si valuta l’area di lavoro sui vitigni, visualizzando le previsioni meteorologiche e climatiche giornalmente e nell’arco della settimana.
Diversificazione dell'uva
Diversificare l’uva può ridurre del 56% le perdite dovute ai cambiamenti climatici. Ignacio Morales-Castilla, il principale autore dello studio pubblicato sulla rivista Proceedings of national academy of sciences degli Stati Uniti, assicura che esiste ancora un’opportunità per adattare la viticoltura e l’agricoltura alle pressioni dovute ai cambiamenti climatici. Lo studio individua infatti una precisa strategia di adattamento: piantare varietà o qualità di uva diverse potrebbe ridurre significativamente le perdite delle zone usate per la coltivazione di uva da vino. Le aree più calde a causa dei cambiamenti climatici andrebbero ripiantate con un’uva da vino più adatta, con la conseguenza di andare incontro a una riduzione consistente delle perdite.
«Le considerazioni di Morales-Castilla – commenta il direttore della cantina – riportano a quelle che i francesi fanno da anni: il vino si fa dal terroir e dall’uva coltivata in quella specifica zona. Questa considerazione rafforza l’appartenenza al microclima specifico di una determinata zona geografica, ma probabilmente costringerebbe a rivedere i disciplinari di produzione che salvaguardano l’autoctono. Noi pensiamo che il microclima di Siddùra e l’adattamento delle piante del vermentino e del cannonau, siano la migliore risposta a quello che sta succedendo. Ripercorriamo la storia: il vitigno del vermentino fu scelto anticamente per la sua resistenza al salmastro e ai mutamenti climatici e per questo facilmente coltivabile nelle fasce costiere. Anche in Sardegna ci sarà questa mutazione: stiamo andando incontro al vermentino e al cannonau del domani. Anche in questo caso si verificherà un cambiamento del gusto, né migliore né peggiore. Semplicemente diverso. Non è detto che lo stravolgimento sarà negativo, potrebbero svilupparsi fenomeni che esaltano le qualità dei vitigni».
I disciplinari
Lo studio di Ignacio Morales-Castilla ipotizza addirittura di poter dimezzare le perdite delle regioni viticole, nel contesto di un aumento della temperatura globale circoscritto ai 2 gradi (riducendo le aree perse dal 56% al 24%). Con livelli più elevati di riscaldamento globale (entro i 4 gradi) si potrebbero invece ridurre le perdite di almeno un terzo (da 85% a 58%). Diversificare e cambiare la disposizione delle coltivazioni, dicono gli studiosi, può contribuire a mitigare le perdite agricole in un mondo sempre più caldo. Senza alcun intervento in questo senso, la ricerca suggerisce che il riscaldamento globale potrebbe danneggiare duramente le aree viticole. In futuro, quindi, potrebbero esserci zone non più adatte ad accogliere un vitigno.
Le mutazioni
Siddùra lavora in questo senso sulla mutazione genetica per creare la pianta perfetta che, attraverso innesto e porta innesto, si possa adattare a quel microclima particolare ed esaltare ancor più le qualità del terroir. Oggi tutta l’industria mondiale delle viti si interroga sulla capacità di adattamento delle zone storiche, in attesa di conferme circa la previsione secondo cui le viti italiane delle zone costiere migreranno all’interno, sulle colline alte. I ricercatori hanno esaminato l’idoneità climatica di 11 varietà di uva da vino, che rappresentano un terzo della superficie coltivata a livello globale. Dal team di scienziati che ha realizzato lo studio arriva però un avvertimento significativo: le azioni umane svolgono un ruolo indispensabile nella costruzione di sistemi agricoli resistenti ai cambiamenti climatici. Cambiare le colture vitivinicole vorrebbe dire stravolgere le tipicità locali. Siddùra prova a guardare lontano. Perché per mantenere la qualità dei vini, dunque dei vitigni, nel tempo, occorre studiare. E prevedere i cambiamenti climatici.
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Alberto Lupini
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