Scoprire i vini della famiglia Parusso in una degustazione al buio

Una degustazione al buio, guidata da Luca Boccoli, ha offerto un'esperienza unica dei Barolo e Nebbiolo prodotti dall'azienda Parusso, esaltando i sensi in un'immersione emozionale

30 ottobre 2024 | 18:31
di Daniele Alessandrini

Esaltazione dei sensi e piacevoli sorprese, assaggiando pregevole Barolo nel cuore delle Langhe. Marco Parusso è un viticoltore sui generis. Ha Bussia (Cn) stampata nell'anima e sulla felpa che indossa con orgoglio, per non dimenticare le proprie radici contadine, i sacrifici della famiglia d'origine e la bellezza della “sua” collina. Nella giornata simbiotica vissuta con Luca Boccoli - non a caso coincisa col compleanno dell'imprenditore e sommelier romano che sei anni fa perse la vista in un incidente stradale - Marco ha dimostrato di non dimenticare neanche gli amici meno fortunati. Apriamo e chiudiamo una parentesi: avendo conosciuto Luca, sappiamo con certezza che la compassione non fa parte delle sue esigenze. Il sorriso, il tono di voce e la passione che mette gestendo le sue "Degustazioni al buio" ne sono testimoni. Eh sì, perché il momento clou dell'evento a Monforte d'Alba (Cn) di qualche settimana fa, è stata l'immersione con mascherina ed occhi chiusi in una dimensione sensoriale che per molti dei giornalisti presenti ha rappresentato una novità assoluta.

La famiglia Parusso produce Barolo dal 1971

La famiglia Parusso - in particolare Marco, la sorella Tiziana, la moglie Gabriella e il figlio Francesco (Francesco Parusso è anche il nome dell'enologo dell'azienda, senza legami di parentela) ci ha accolto in una giornata di sole, splendente sulle colline di Langa circostanti l'azienda Parusso Armando di Parusso F.lli. Proprio papà Armando nel 1971 imbottigliò il primo vino Parusso destinato al pubblico, un'etichetta di Barolo. Fino ad allora la coltivazione delle vigne costituiva solo una parte dell'attività familiare e il vino si faceva per berlo in casa come alimento: al giovane Marco quel vino non piaceva. Gli piaceva però l'idea delle cose fatte per bene e dopo gli studi di enologia affiancò il padre in vigna e in cantina. Oggi il proprio vino gli piace molto, anche grazie ad un prezioso alleato: l'ossigeno.

La degustazione al buio da Parusso

Ma andiamo per ordine, mettiamoci comodi… e disattiviamo la vista. Guidati dalla voce di Boccoli e consapevoli di un paio di trascurabili certezze - i bicchieri vuoti davanti a noi e una decina di compagni d'avventura attorno a un tavolo - ci siamo ritrovati poco prevedibilmente a nostro agio. Al suono del vino in mescita accompagnato dall'odore “vinoso” non avevamo mai fatto caso prima. Il resto è stato un percorso in discesa. Curiosità di scoprire e desiderio di indovinare. Il liquido, in bocca, solo un mezzo per esaltare i sensi. Mai come in questa occasione, l'evoluzione dei sentori (c'era un'etichetta del 2015 in degustazione) è stata evidente e complessa grazie alla lenta ossigenazione. I vini sono stati serviti alla stessa temperatura, piuttosto bassa, proprio per coglierne le sfumature con lo scorrere del tempo.

Particolare rilevante: l'intera degustazione ha avuto un sottofondo musicale che abbiamo notato solo alla fine, una volta smessa la mascherina, tale è stata l'attenzione rivolta al nostro microcosmo. Non tutta l'esperienza si può descrivere a parole, val la pena provarla di persona con o senza Luca. È stato un grande privilegio condividere le nostre sensazioni con lui e cercare di recuperare alcuni pezzi della nostra essenza che nella quotidianità distrattamente - e imperdonabilmente - trascuriamo. Un'essenza che sta a cuore sia a Boccoli che a Parusso.

Tra passato e innovazione, l'ossigeno la fa da padrone

Marco parla spesso del «bisogno di attenersi alle cose concrete e di un ritorno a un passato, quando si apprezzava il vino per quello che era, senza strumentalizzazioni e omologazioni. Oggi il marketing e le mode sono troppo sopra le righe rispetto a ciò che è contenuto nella bottiglia». Di quel passato ad esempio hanno fatto parte un suo carissimo amico che da poco non c'è più, il visionario Enrico Scavino, e Domenico Clerico. Scavino nel '93 comprò un macchinario in Germania che rielaborato è diventato il rotomaceratore che Parusso usa tuttora e che ha rivoluzionato il suo modo di fare il vino, con fermentazioni a basse temperature mescolando continuamente parti solide e liquide. Il passato da una parte, l'innovazione dall'altra, nel rispetto degli elementi presenti in natura, l'ossigeno in particolare. Quello contenuto nei raspi fa un lavoro fondamentale e il Barolo Parusso è il risultato di un'accurata gestione dei raspi in fermentazione e macerazione. L'ossigeno è inoltre fondamentale nella stagionatura del legno, sia in generale che delle botti in particolare. Il produttore delle costose barrique bordolesi di Parusso - sempre nuove per il Barolo, poi usate per il Nebbiolo - deve attenersi alle sue precise richieste di stagionatura.

L'adrenalina della vendemmia

A proposito dei cambiamenti climatici e delle vendemmie, la prima regola di Parusso ènon avere regole”. «Bisogna controllare ogni giorno la vigna e il meteo ed essere pronti - dice. Avere 28 ettari di vigneti sparsi nel raggio di 15 km su 17 parcelle è impegnativo ma è anche una grande fortuna, perché garantisce diversificazione. La vendemmia è momento sia ansiogeno che adrenalinico, perché devo decidere come interpretarla: ogni anno è una storia a sé». «Ho imparato tantissimo da un vino che per me è stato il primo vino “libero”, il nostro Bianco a base Sauvignon - prosegue Marco -. Mi sono avvicinato ai bianchi della Borgogna negli anni '80 e nel 1991 ho vinificato il primo Sauvignon. Ho impiegato 25 anni per capire che le sue note agrumate venivano dalla mia terra e dalla tecnica di fermentazione a bassa temperatura, che utilizzo ormai da più di dieci anni anche per i rossi».

Momento fondamentale del lavoro di Parusso è la fase di riposo dell'uva dopo la vendemmia e prima della lavorazione. Tale momento che lui definisce “destressamento” consente all'uva di tornare opaca, morbida e saporita come in vigna (anziché lucida, nervosa e acidula) e ai raspi - rinsecchiti dallo stress del distacco dalla pianta - di tornare elastici come cordoni ombelicali. Bastano tre o quattro giorni per riavere acini gustosi e raspi ossigenati, aromatici e non più amari. L'ambiente in cui i grappoli riposano è climatizzato, simile a quello naturale: 10-12 °C di notte e 22-23 °C di giorno, con supersaturazione di propoli vaporizzato, antibiotico naturale che inibisce le muffe cattive assieme alla ionizzazione negativa. I raspi ricchi di ossigeno sono i “fissanti” delle informazioni contenute nell'uva durante l'estrazione in macerazione. «Il Nebbiolo è un grande vitigno, porta con sé tante buone “informazioni”, e come ogni bravo ambasciatore non le regala al primo che passa, bisogna essere bravi per ottenerle» dice Parusso esaltando il ruolo odierno del rotomaceratore al posto delle follature tradizionali, che una volta non bastavano mai.

Oltre ai Rossi e al Langhe Bianco, dal 2010 Parusso produce Metodo Classico Blanc de Noir da Nebbiolo in purezza. La particolarità dei suoi spumanti consiste nella rifermentazione in bottiglia con un proprio mosto di uva passita, un liqueur de tirage decisamente personalizzato: coup de poignée due-tre volte l'anno, nessuna chiarificazione né dosaggio finale. Altra cosa importante, l'aggiunta ogni anno di un 15% di vino riserva per conferire complessità. Due sono gli spumanti millesimati Extra Brut prodotti, stessa base vincola ma con diversi tappi a corona. Col tappo classico, che fa passare più ossigeno, troviamo il 4 anni su lieviti con riposo di un anno dopo la sboccatura. Il tappo meno sigillante viene utilizzato invece per lo spumante che sta 10 anni sui lieviti.

Parusso: momenti conviviali e vini della giornata

Due bellissimi momenti conviviali hanno caratterizzato la giornata trascorsa a Monforte. L'aperitivo in terrazza con vista panoramica sulle colline circostanti festeggiando Luca Boccoli con una Magnum 2018 e il pranzo a base di pregiati prodotti locali preparato da Maurizio Dellapiana, chef dell'Osteria dell'Arco di Alba, degno momento per apprezzare anche il Metodo Classico 2014 (sboccatura ottobre 2023) e un Barolo Mosconi, oltre ai due Bussia già degustati al buio. A proposito di Barolo, Parusso è un fervido sostenitore del tappo a vite. Il Riserva Bussia Vigne Rocche 2020 sarà il primo ad uscire col tappo a vite nel 2029.

I vini della degustazione al buio

  • Langhe Doc Nebbiolo El Sartù 2022
  • Barolo Bussia 2020
  • Barolo Bussia Riserva Vigne Rocche 2015
  • Langhe Doc Bianco Rovella 100% Sauvignon 2021

I vini del pranzo

  • Metodo Classico Extra Brut 100% Nebbiolo 2018
  • Langhe Bianco Doc Rovella 100% Sauvignon 2021
  • Barolo Bussia 2020
  • Barolo Mosconi 2020
  • Barolo Riserva Bussia Vigne Rocche 2015
  • Metodo Classico Extra Brut Rosé 100% Nebbiolo 2014

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Alberto Lupini


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