Territorialità e artigianalità: termini utilizzati, giustamente, e abusati, un po' meno giustamente, quando si parla di cucina, gastronomia, enologia, ma di cui negli ultimi tempi si sta iniziando a parlare anche in riferimento ad altri alcolici come i distillati. E il gin, tra i distillati, ne è forse il più noto e consumato (specialmente grazie al connubio con la tonic), nonché da qualche anno a questa parte, anche nel nostro Paese, tra gli spirits maggiormente prodotti a livello locale.
Un autentico protagonista del mercato degli alcolici: il distillato trasparente ottenuto dal ginepro è sempre più diffuso, sempre più realizzato in maniera artigianale da piccoli produttori con radici salde nel proprio territorio di appartenenza. Un dato è emblematico dello sviluppo del mercato del gin: nel 2020 ha fatto segnare una crescita a doppia cifra: +33,5% in valore e +24,8% in volume. Crescita (data anche dalle vendite online) che non pare intenzionata a fermarsi, anzi. Anche gli stessi consumatori ai gin più noti e “internazionali” sembrano propendere per prodotti di nicchia, spesso assenti dai canali della grande distribuzione e a disposizione solamente da rivenditori minori o in bar che fanno della ricercatezza del prodotto, e della qualità, i loro punti di forza.
Nel 1400 a Salerno i primi "proto-gin"
Il gin italiano affascina e incuriosisce per questo suo legame con il territorio, per una storia da raccontare. Una storia non solo legata al territorio stesso, ma anche alle persone che lo vivono, alle persone che quel determinato spirit, fisiologicamente diverso da tutti gli altri, lo producono. Di strada ne è stata fatta da quando, in pieno medioevo (circa 1400), presso la Scuola Medica Salernitana si assistette alla nascita del proto gin, ottenuto dalla distillazione di alcol e bacche di ginepro, pianta particolarmente presente nella macchia mediterranea. Ad oggi sono più di 300 (and counting) i gin italiani, per la maggior parte espressione del territorio in cui vengono realizzati. Proprio perché prodotti con botaniche prettamente locali, in grado di rappresentarlo, quel territorio, dandogli espressione oltre che carattere attraverso un particolare odore, un sentore, una nota retrolfattiva, una sfumatura insomma più o meno marcata che lo differenzi da tutti gli altri.
Artigianlità, d'accordo, da non confondere ovviamente con improvvisazione: creare un distillato non è opera per tutti, e il rischio di dar vita a prodotti scadenti è più alto di quanto non si creda. Servono quindi conoscenze adeguate, strumenti e mezzi adeguati, ricette ben studiate e bilanciate per realizzare un gin buono da bere, buono da miscelare e buono perché no, per quanto non sia certamente il suo uso primario, anche anche da poter utilizzare in cucina.
Dalle Alpi al mare: quando il gin rappresenta il suo territorio
Negli scorsi anni abbiamo conosciuto una forte ondata legata alle birre artigianali: un trend che per un periodo discretamente lungo ha avuto il suo picco e di cui ora, almeno a livello mediatico, si sente parlare un po' meno. Le produzioni locali, e artigianali, dei gin si stanno diffondendo sempre di più. Produzioni locali e localizzate, espressione del territorio dai quali nascono proprio perché autoctone sono le botaniche che vengono utilizzate in fase di distillazione. Piante che crescono, in alcuni casi anche selvatiche, ora a ridosso del mare ora in alta quota, su territori vulcanici così come nel mezzo della macchia mediterranea, in boschi oppure in giardini botanici appositamente realizzati. Tant'è che scoprire i vari gin locali è un po' come scoprire il nostro Paese attraverso un lungo viaggio ricco di tappe.
Il gin può rappresentare un territorio come lo fa una verdura, un legume, un formaggio o una carne. Come lo fa un vino, dopotutto. Perché di quel territorio racchiude botaniche, erbe, spesso tipiche (e uniche) di quella stessa zona. Ma non si tratta solamente di storie di gin, non è solamente storytelling del territorio di appartenenza, sono anche storie di persone, di sogni più o meno grandi, di obiettivi, di speranze. Perché per capire per bene un prodotto, scoprirlo al meglio, è bene anche conoscere chi, dietro quel prodotto, si cela. Persone che in non pochi casi fanno tutt'altro mestiere ma che, tuttavia, ammaliati e affascinanti dal distillato del momento, hanno deciso di buttarsi più o meno recentemente in questa avventura. Alcune di queste persone le abbiamo contattate, per farci raccontare il loro territorio attraverso il gin che producono. Cominciamo allora questo viaggio su e giù per l'Italia attraverso la scoperta di alcuni gin locali (scelti assolutamente a campione tra quelli presenti sul mercato nazionale)
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Gin Todi (distilleria Amato), «Per realizzarlo usiamo anche le foglie di ulivo»
«Gin Todi è un prodotto nuovo, uscito quest'anno - dice Raffaella Gabetta, ideatrice del prodotto umbro - L'idea è nata da una questione prettamente turistica. Sia io sia la mia socia lavoriamo nell'ambito del turismo e abbiamo delle residenze d'epoca che affittiamo per lo più a stranieri. Il progetto nasce proprio in virtù della volontà di poter regalare loro qualcosa di identificativo del territorio, in particolare di Todi. Già nel 2022 abbiamo iniziato a regalare il gin ai nostri ospiti. Poi siamo state un po' travolte dal successo del gin, tanto da decidere di iniziare a commercializzarlo, producendolo presso una distilleria del napoletana: Amato».
«Nel 2023 abbiamo fatto una produzione più consistente, ovviamente sempre basandoci sulla ricetta creata da noi. Gin Todi è un London Dry, la procedura più classica ma anche più complicata in quanto bisogna usare tutte le botaniche in un'unica distillazione, senza poter aggiungere poi aromi o zuccheri. Anche nella presentazione del prodotto volevamo riprendere la tradizione di Todi, e ci siamo ispirate nel logo e nell'etichetta al rosone del Duomo del paese. La territorialità ovviamente non si esaurisce nel design ma la si ritrova nel distillato stesso. La ricetta infatti prevede solo botaniche umbre, in un numero limitato e selezionato, quanto bastasse per la costruzione di un gusto riconoscibile. La peculiarità più curiosa forse sta nell'aver puntato sulle foglie dell'olivo moraiolo, una cultivar autoctona, a cui si aggiungono ulteriori botaniche selvatiche come la ginestrella, il crespino, la rosa canina e la prugna damaschina tipica del centro Italia, lasciando al di fuori gli agrumi che spesso in questi casi si utilizzano. Ciò ha permesso di avere un gin secco ma con una sua rotondità, adatto a molti utilizzi: è buono degustato in purezza, in miscelazione ed è ideale anche in cucina. Alcuni chef hanno iniziato ad usarlo nella creazione di ricette o piatti particolari, come il piccione, un must dell'Umbria. La gradazione alcolica è 40, al palato senti immediatamente il ginepro, che proviene dai boschi dei Monti Martani, e una nota importante del gusto è data proprio dall'utilizzo delle foglie di ulivo. Tonica consigliata? Suggeriamo di utilizzare toniche secche, senza zucchero, perché si sposa molto bene con questa amabilità che ha il Gin Todi».
Giniu (distilleria Silvio Carta), «Ottenuto solamente dal ginepro sardo»
«Si tratta del primo gin sardo mai realizzato, ormai 16 anni fa - racconta Alberto Mason, dell'azienda produttrice - La Silvio Carta si trova in provincia di Oristano, nella zona centro occidentale dell'isola, e venne fondata nel 1950 come cantina. Negli anni 80 nasce anche la distilleria e il liquorificio. Una svolta si è avuta 20 anni fa quando l'azienda ha separato cantina e distilleria, quest'ultima oggi circondata da un intero orto botanico da cui ci riforniamo per realizzare i nostri liquori, con erbe colte ogni mattina per essere usate fresche».
Ovviamente la nostra zona, come la Sardegna in generale, è ricca di ginepro e non potevamo non approfittare di questa importante presenza per realizzare il gin, in un periodo in cui parlare di gin in Sardegna era quasi impossibile. Nasce così il primo gin sardo, capace di differenziarsi dal vasto mercato degli altri presenti. Sia perché è un prodotto sardo al 100% sia perché vengono utilizzate solamente bacche di ginepro fresche, raccolte a mano, senza ulteriori botaniche. Di fatto è un gin puro ma ciò non fa sì che si senta un solo sapore, bensì molteplici. Le piante di fatto affacciano sulla costa, nella macchia mediterranea, e per questo assorbono i profumi della zona. Si tratta di un gin molto particolare, salino, perché la salinità del mare grazie al vento si deposita sulle bacche. Rispettandole e lavorandole al meglio, in breve tempo dalla raccolta, si riescono a sprigionare nel prodotto finale tutti gli odori, aromi e sentori dati dal territorio».
Gin Vettore (distilleria Sibillini Spiritis), «Omaggio alla vetta più alta dei Sibillini»
«Il Gin Vettore è figlio della distilleria maceratese Sibillini Spirits, ed è nato nel 2021 come prodotto di punta. Si tratta di un richiamo alla vetta più alta dei monti Sibillini ed è un distillato realizzato con 7 botaniche: ginepro, coriandolo, angelica, melissa, aneto, assenzio e mela rosa - ci dice Matteo Ferretti, uno dei tre soci - Il progetto è nato dall'idea condivisa con altri miei amici, Marco e Andrea. Siccome uno dei due aveva a disposizione ettari di ginepro all'interno del comprensorio dei Sibillini, il progetto da subito è stato dare vita a una linea di spirits artigianali che fossero espressione della zona».
«Quindi avevamo già a disposizione molta materia prima, comprese poi tutte le erbe che crescono qua, ma ci avvaliamo anche di produttori della zona per incentivare il loro lavoro. La mela rosa, presidio Slow Food, viene da un produttore all'interno del comprensorio, così come il coriandolo arriva da Castelluccio e anche l'assenzio è piuttosto diffuso nel comprensorio. L'abbiamo voluto utilizzare perché si tratta di una pianta abbastanza mistica, leggendaria, capace di abbinarsi perfettamente alla mela rosa, più delicata e morbida. Lo stile è un London Dry, utilizziamo direttamente la materia prima infusa in alcol poi successivamente distillata. Una curiosità sulla gradazione alcolica finale: 43,8, è casualmente anche la longitudine del Monte Vettore. Che tipo di prodotto è? Posso dire che è abbastanza equilibrato, delicato e non stucchevole, non troppo penetrante, non invadente al naso tantomeno al palato. Tra gli odori terziari si percepisce una nota semi cidrica, e successivamente qualcosa di più morbido. Per l'abbinamento con acqua tonica consiglio la più neutra possibile, oppure in alternativa un'acqua brillante super neutra in grado di esaltare il gin meglio della tonica, che potrebbe anestetizzare alcuni aromi».
Orobie Gin (distilleria Eugin), «Un distillato per la sinergia della Val Seriana»
«L'idea di Orobie nasce in periodo Covid dalla collaborazione con due locali in Val Seriana: volevamo creare qualcosa che dimostrasse come anche qui da noi fosse possibile lavorare in sinergia creando qualcosa di buono, all'insegna del territorio - racconta Pietro Scandella - Negli anni della vera esplosione del gin abbiamo deciso di creare un prodotto locale con botaniche delle Alpi, che secondo noi era la cosa migliore che potessimo fare. E lo facciamo appoggiandoci a una distilleria indipendente chiamata Eugin, di Meda (Mb)».
«Le Alpi Orobie hanno diverse varietà di piante molto interessanti: di base usiamo un alcol di mais, il protagonista è il mais rostrato rosso di Rovetta, un grano antico rosso fuoco dell'altopiano della Val Seriana lasciato in infusione per un paio di giorni, poi ginepro delle nostre Alpi, gemme di pino mugo e abete per dargli un po' di freschezza, infine un pizzico di menta selvatica. Si tratta di un London Dry, all'interno non abbiamo nessun tipo di aroma artificiale. Le caratteristiche? Possiede un leggero sentore di biscotto, dato dal mais utilizzato, ma spicca molto la sua freschezza. Non è arrogante, non va a disturbare il palato, è un piacevole assaggio dei nostri boschi, ti trasporta nell'arco alpino perché comunque contiene botaniche tutte belle fresche, con un leggero sentore di resina dato dal pino e dall'abete. Il grado alcolico è 42.8. Abbinamento con la tonica? Noi usiamo toniche locali, sempre nell'arco alpino delle Orobie, di piccoli produttori locali che creano toniche molto buone e particolari che si sposano col gin e rimangono coerenti col discorso della territorialità».
Vesuvius (distilleria Berolà): «Chi l'assaggia deve sentire Napoli»
«Vesuvius esiste già da un anno e mezzo circa, nato per dare una forte territorialità al prodotto e ulteriore importanza a una città come Napoli, capace già di affermarsi sotto il profilo gastronomico, del fine dining - l'idea di partenza di Maurizio De Fazio - Il mio obiettivo era dare lustro alla città e al territorio, quindi mi sono fatto uno studio sulle botaniche che crescevano in zona e nella fattispecie sul Vesuvio: ne sono uscite la ginestra, l'alloro, il finocchietto, il rosmarino: tutte queste raccolte proprio alle pendici del Vesuvio. Il ginepro non cresce lì ma in una zona non lontana, nel salernitano. Anche la distilleria è campana, casertana, Berolà».
«Le botaniche vengono raccolte ed essiccate sul Vesuvio, per poi essere distillate in provincia di Caserta. Per ogni distillazione abbiamo 1944 bottiglie, un richiamo anche l'anno dell'ultima eruzione del vulcano, e sono tutte numerate. Caratteristiche? Il gin è un London Dry, con una forte nota balsamica che ho cercato appositamente perché il Vesuvio deve entrare dentro chi beve, e Vesuvius deve riuscire a differenziarsi da tutti gli altri gin sul mercato. Abbiamo voluto dare questa forte identità: il turista che magari viene a Napoli e acquista Vesuvius per portarselo poi nel suo Paese, nel momento in cui lo beve deve sentirsi di nuovo nella nostra città. Il grado alcolico è 41 gradi. Tonica? Ne ho cambiate tante ma ad oggi quella con cui lo abbino meglio si chiama Double Dutch, olandese».
Volcano Etna Dry Gin (distilleria Etna Spirit): «Il primo gin dell'Etna»
«Il progetto Volcano nasce nel 2016 - racconta Alessandro Malfitana - anno in cui con altri due soci decidiamo di sviluppare l'idea. Non c'era nessun progetto simile non solo sull'Etna, ma in tutta la Sicilia. Lo spunto nasce da esperienze personali, da anni passati in Inghilterra, terra in cui il gin è sicuramente lo spirit di riferimento. Siamo stati i primi in Sicilia a creare questa realtà, e il gin ci sembrava la cosa più naturale visto che sul vulcano il ginepro nasce spontaneo in grandi quantità, dai 400 fin agli 1800 metri. La molla è stata quella, legata al fatto per cui la Sicilia secondo noi meritasse di avere un gin di riferimento. E avevamo a due passi tutte le materie prime necessarie per crearlo, distillandolo da Etna Spirit».
«Il fatto che nasca su terreni vulcanici conferisce al ginepro una spiccata mineralità. Noi individuiamo l'area in cui pensiamo ci sia il ginepro di maggiore qualità, contattiamo la Forestale con una richiesta di poter raccogliere e tramite vivaisti e aziende competenti facciamo una raccolta che non sia invasiva dal punto di vista naturalistico. Quando è nato il progetto l'abbiamo costruito su tre comandamenti fondamentali. Prima di tutto volevamo fare un gin che non avesse tantissime botaniche, per il semplice fatto che fosse un prodotto dal carattere distintivo e riconoscibile. Per questo abbiamo scelto delle botaniche, raccolte ognuna durante la propria stagione di maturazione e ognuna con un ruolo ben specifico, per ottenere un contributo a livello organolettico molto mirato. La componente minerale è data dal ginepro, il fiore di ginestra conferisce l'apporto floreale, oltre a un sapore dolce/amaro tipico di questo fiore, poi il finocchietto selvatico, molto tipico delle nostre zone che garantisce un contributo balsamico. Quindi l'arancia amara, per dare acidità e bevibilità. Come ultima botanica abbiamo scelto la nocciola etnea, a conferire un po' di grassezza e struttura. Si tratta di un gioco di equilibri, raggiunto dopo ben 67 prove e tentativi diversi. Per quanto riguarda l'abbinamento con la tonica consiglio la versione più indian dry, la più classica, così da preservare e esaltare al meglio le caratteristiche del gin, da 41 gradi alcolici».
Point Five (Distilleria Bonollo): «Il gin ispirato al primo della storia»
«L'idea nasce dalla passione per i distillati che ho in generale e in particolare dalla volontá di produrre una bevanda alcolica partendo dall'alcol da vino - così Michele Schirripa, produttore viterbese che si appoggia alla distilleria Bonollo di Torrita di Siena (Si) - La particolarità infatti è che il Point Five si allontani dal tradizionale alcol di grano, in quanto utilizziamo invece quello da vino, di fatto un'acquavite. Il motivo? Ho voluto riallacciarmi al metodo di preparazione dei primi gin della storia, ai proto gin risalenti alla scuola medica salernitana del 1400, effettivamente realizzati in questo modo, con alcol da vino, al fine di creare un energizzante e un medicinale».
«Si ottiene quindi una sorta di acquavite aromatizzata al ginepro, che a tutti gli effetti è un gin. Point Five si presenta con un gusto asciutto, anche in relazione al fatto che non vengano usate tante botaniche. Per ottenere una freschezza finale nel risultato si utilizza l'arancia, a conferire la parte dolce, capace anche di sposarsi bene con il distillato d'uva, poi l'angelica, che rende un gusto corto e asciutto, e una punta finale di zenzero che permette di dare quella freschezza che ricercavo. L'idea del nome, Point 5, si ispira sia alla gradazione alcolica, 41.5, sia alle 5 botaniche utilizzate, e l'idea è di mantenere questa tipologia di numerica ricorrente. Consiglio di servirlo, se si vuole esaltare l'angelica, con una scorza di limone, se invece si cerca una nota più il dolce metteteci un chicco d'uva o la scorza d'arancia».
Gin, continua il viaggio. Esempi di altri prodotti locali
Come detto oggi in Italia vengono prodotti circa 300 gin artigianali. Sarebbe stato impossibile dar spazio a tutti, ma su Italia a Tavola nel corso del tempo abbiamo dedicato ampio spazio a realtà locali che producono questo spirit. Eccone alcune, per continuare il nostro viaggio in Italia:
- Z44, il dry gin prodotto con pigne fresche di cirmolo
- Ginepraio Amphora Navy Strength, il gin toscano invecchiato in anfora
- Federico Rebuffa, un gin raffinato e di nicchia al sapore di cashmere
- Podere Castellare rilancia il gin italiano
- Dal lago di Como, Rivo Gin: botaniche raccolte a mano
- Marconi 42, gin italiano dallo stile mediterraneo
Le ricette di Italia a Tavola con il gin
Abbiamo parlato anche di utilizzo prettamente culinario del gin, prodotto che si sposa particolarmente bene con abbinamenti di pesce. Ecco qualche nostro suggerimento per qualche ricetta a base di gin:
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Alberto Lupini
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