Poche idee e ben confuse Il vino in mano a burocrati
A livello ministeriale e di associazioni si fa un gran parlare di “Tavolo del vino”, come strumento fondamentale per il rilancio del settore in Italia. Ma si sa davvero di cosa si sta parlando?
04 novembre 2020 | 08:30
di Vincenzo D’Antonio
Poche idee sul futuro del vino
Tavolo del vino, cosa è?
E poi invece si scopre che “tavolo vino” è locuzione gergale, un vetero mix di burocratese-sindacalese, atto ad indicare un momento di confronto tra alcuni addetti al settore. Gli attori del confronto sono politici, istituzioni (ministero degli Affari Esteri, ministero dell’Agricoltura, Ice), produttori e associazioni (Uiv - Unione Italiana Vini - attualmente presieduta da Ernesto Abbona). Costoro, tutti insieme appassionatamente, condivideranno e progetteranno i dettagli della campagna di comunicazione e delle azioni di promozione internazionale dedicate al vino.
Meno burocrzia e più operatività
Il tavolo, acclarato che non di due botti ed un piano in legno trattasi, dovrà avere natura operativa e contribuire a definire una strategia che permetta di rafforzare la conoscenza di vini italiani presso i consumatori e gli operatori economici esteri, favorendone contestualmente un miglior posizionamento e un’adeguata tutela sui mercati internazionali. Un colpo al cerchio (aiutiamo il sell-in) ed un colpo alla botte (ahinoi, di nuovo la botte!) qui ad intendere: mettiamo i consumatori, quelli che la bottiglia la comprano (la pagano) e la bevono, nella condizione di conoscere ed apprezzare il vino italiano.
Il dubbio punto di vista della Bellanova
Le imprese, è l’argomentato auspicio della Ministra Bellanova, daranno le indicazioni per ottimizzare e implementare le strategie e le politiche mirate al settore. La ministra Bellanova così prosegue: «Soprattutto adesso dobbiamo essere capaci di orientare gli investimenti e condividere le azioni promozionali verso obiettivi utili. E sono contenta che proprio l’immediata risposta del Ministro Di Maio evidenzi medesima esigenza e soprattutto colga la necessità, a maggior ragione in questa fase di rilancio delle attività, di un più stretto collegamento con le filiere e le loro rappresentanze. Un tavolo che dovrà avere natura squisitamente operativa, per contribuire a definire una strategia condivisa per rafforzare la conoscenza dei vini italiani presso i consumatori e gli operatori esteri».
Tanti i punti di domanda
Tutto chiaro? Mica tanto. Dice «verso obiettivi utili». Quindi, in passato si è agito per perseguire obiettivi inutili? Dice: «collegamento con le filiere e le loro rappresentanze». Siccome ammettere ignoranza non è atto di cui vergognarsi, si potrebbe qui umilmente chiedere un chiarimento? Quali filiere? Quali rappresentanze? Ad un osservatore distratto, mentalmente pigro, tutto ciò detto fino ad ora come buon proposito del “tavolo vino” parrebbero amene chiacchiere da bar sport.
Il nodo enoturismo
Ovviamente così non è, dacché le chiacchiere da bar sport sono amene. Il presidente Uiv Ernesto Abbona aggiunge di suo: «Apprezziamo quanto annunciato oggi sull’avvio di un tavolo strategico per l’internazionalizzazione, che vedrà Uiv tra gli attori protagonisti chiedendo, ora, l’implementazione di un piano di comunicazione istituzionale concentrato sui mercati prioritari (es. Usa, Canada, Cina), pianificato e condiviso anche in ottica di rilancio enoturistico. Una regia di sistema, che punti a convogliare le risorse in macroazioni evitando la dispersione in iniziative minori sia nell’impatto che nella portata. Per Uiv occorrerà predisporre piani integrati in ottica di mercato ma anche di brand awareness in favore del prodotto enologico made in Italy presso mercati strategici ancora culturalmente lontani».
Meno tecnici e più operativi
Internazionalizzazione questa sconosciuta
Quindi fino ad oggi non vi è mai stata una strategia mirata all’internazionalizzazione? Si è proceduto in ordine sparso, tutti a correre dietro alla palla ed evviva il parroco? Si suppone di agire allo stesso unico modo, posto che il “modo” lo si individui e lo si attui efficacemente, su tutti e tre questi mercati prioritari? Sul rilancio dell’enoturismo, forse ci siamo persi un giro, e pertanto la domanda sorge spontanea: si parla di “rilancio”, quindi c’è stato in precedenza, chissà quanto tempo fa, il “lancio”, a noi colpevolmente sfuggito. E quali le risultanze di questo “lancio”?
Il nodo Made in Italy
E poi, brand awareness indifferenziata? Quindi un ben collaudato “made in Italy” e pedalare, o anche altro? E se sì, cosa è questo altro? Giusto una curiosità, per “prodotto enologico” si intende il “vino”? Otto sillabe al posto di due ma diciamo la stessa cosa? E quali sono i mercati strategici ancora culturalmente lontani? E se sono strategici perché non sono prioritari? Forse perché sono culturalmente lontani.
Tutta questione di mancanza di cultura
Ma sono “ancora culturalmente lontani”, quindi è sottinteso da quell’”ancora” che la lontananza tenderà a colmarsi per diventare vicinanza. Ma come? Ci si avvicina noi a loro o saranno loro, questi mercati strategici, ad avvicinarsi al nostro prodotto enologico? Fortuna che al “tavolo vino” siede anche l’Ice, il cui presidente Carlo Maria Ferro, così riassume l’impegno dell’agenzia nel Patto per l’export: “È un cantiere aperto, dove Ice lavora su quattro filoni: la campagna sul ‘nation branding’, il sostegno alle fiere, all’e-commerce e alla formazione di esperti digitali”. Stufi di denominarlo “made in Italy” adesso usiamo dire “nation branding”. Il passo avanti c’è, va detto e non va sottovalutato.
E le fiere?
Sostegno alle fiere in epoca in cui ProWein e Vinitaly, solo per citare le due importanti fiere a noi vicine, hanno annullato l’edizione 2020 è atto impavido. Senza pretendere di accedere a segrete e sudate carte, si potrebbe acquisire contezza, sebbene a grandi linee, del piano didattico che conduce alla formazione degli esperti digitali?
E-commerce ancora debole
Il gioco si fa duro ed i duri entrano in gioco quando si parla di e-commerce. È ancora il presidente Ferro che spiega: “Sull’e-commerce stiamo lavorando per aiutare le imprese ad accedere a un canale sempre più importante. Abbiamo chiuso accordi con 14 piattaforme mondiali (erano solo due a inizio 2019) e arriveremo a 24 entro fine anno, tutti B2C e una B2B, coinvolgendo player di primo piano, di cui 16 riguardano il vino. E presto arriverà un accordo con Tannico per portare il vino italiano sull’e-commerce in 18 Paesi del mondo, a costo zero per le imprese”.
Manca una regia
Abbiamo chiuso accordi con 14 piattaforme mondiali (erano solo due a inizio 2019) e arriveremo a 24 entro fine anno. Insomma, ogni mese una nuova piattaforma. Magari arrivati a 96, ma diciamo anche 100, poi ci fermiamo. «E presto arriverà un accordo con Tannico per portare il vino italiano sull’e-commerce in 18 Paesi del mondo, a costo zero per le imprese». Quindi Tannico è una delle piattaforme, successiva alle prime 14 ed inclusa in quelle che vanno da 15 a 24, oppure è una fuori quota? E come lo porta il vino italiano sull’e-commerce? Avvalendosi di quale logistica, con quali sistemi di pagamento? E cosa significa a costo zero per le imprese?
Idee poche ma ben confuse
Siamo al cospetto di idee poche ma ben confuse. Per quante banalità ed ovvietà sono state dette in merito alla costituzione salvifica di questo “tavolo vino” da parte di coloro che a quel tavolo siederanno, sovviene Ennio Flaiano: «La situazione è grave, ma non seria».
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Alberto Lupini