La Piotta, dai vigneti d’inizi ‘900 le etichette del “parallelo del vino”

L'azienda pavese, di proprietà della famiglia Padroggi, produce circa 70mila bottiglie l'anno. Tra le varietà di vino, Pinot Nero, Riesling e Bonarda. La cantina è sempre aperta agli enoturisti

09 luglio 2020 | 06:50
di Stefano Calvi
Oggi alla guida ci sono due generazioni, padri e figli, che hanno voluto tramandare nei decenni la grande tradizione vitivinicola della famiglia Padroggi, iniziata con nonno Luigi. Una storia famigliare fatta di “arte” in cantina, passione in vigna (vengono ancora coltivati vigneti di Pinot Grigio del 1930) e di strategie nella commercializzazione che hanno permesso uno sviluppo dinamico all’azienda (agricoltura biologica, linea vegan e adesione alla Fivi).

L'azienda immersa nei vigneti

La Piotta di Montalto Pavese oggi è tra le realtà vitivinicole più in evoluzione del panorama oltrepadano perché non ha dimenticato le tradizioni, ma ha saputo anche innovarsi nel pieno rispetto della natura. Il fondatore dell’azienda, nonno Luigi, e successivamente i suoi figli Gabriele e Mario hanno dedicato la loro vita a far nascere e crescere l’azienda e da poco è entrata a far parte della gestione de La Piotta anche la terza generazione di vignaioli: i giovani Enrico e Luca affiancano infatti i loro padri nella parte tecnica, produttiva e commerciale, sempre sotto l’attenta supervisione di Luigi.



«La nostra volontà – spiega Luca Padroggi, 30 anni, in cantina si occupa del commerciale, dell’accoglienza e della comunicazione - è quella di proseguire il percorso iniziato dal nonno, apportando alla cantina nuove idee sia dal punto di vista dell’immagine che della produzione. Un percorso che stiamo seguendo giorno dopo giorno in quanto i mercati cambiano di continuo come pure le tecniche in campagna ed in cantina. Il lavoro coinvolge appieno le nostre famiglie, ma direi che, a tutti gli effetti, è un lavoro di squadra in quanto ognuno di noi ha un ruolo ben preciso in azienda».

Luca Padroggi

La cantina si trova nel cuore dell’Oltrepò Pavese, nell’omonima cascina alle porte di Montalto Pavese, realtà dominata da uno splendido castello visibile a 360 gradi da ogni valle della regione. Qui è la zona più vocata per la coltivazione del Riesling. Durante il nostro percorso alla scoperta della cantina siamo attirati dal nome. «Piotta deriva molto probabilmente dagli insediamenti piemontesi del luogo, la zona era una provincia del Piemonte, iniziati già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, e significa “pietra”, di cui il suolo è ricco – ci spiega Luca Padroggi - Sulle vecchie carte è poi riportato il nome originale “Piota” al quale abbiamo dedicato la nostra linea di maggior pregio e la cui produzione è limitata alle annate migliori».

Quindi storia e tradizione si mescolano perché i vini possano esprimere al meglio l’essenza del territorio. Ritornando al passato dell’azienda, Luca che ci accoglie in cantina per la degustazione, ci spiega la nascita de La Piotta avvenuta 35 anni fa. «È stata fondata nel 1985 dal nonno Luigi, seguendo le orme della famiglia Padroggi dedita da generazioni al mondo vitivinicolo – racconta con orgoglio il giovane vignaiolo - L’età media dei nostri vigneti attualmente presenti è di circa 30 anni e ciò permette la produzione di vini bianchi dai profumi intensi e persistenti e di vini rossi corposi e ben strutturati. A testimonianza dell’amore per le tradizioni e per il nostro territorio sono ancora esistenti e produttivi nove filari di Pinot Grigio impiantati nel 1930. Nel corso degli anni si è arrivati ad avere una superficie aziendale di 15 ettari interamente vitati, la produzione annua è di circa 70.000 bottiglie e l’intero ciclo produttivo, dalla vite alla bottiglia, avviene in azienda ed è personalmente curato dalla famiglia, ormai da generazioni dedita alla coltivazione della vite e alla produzione del vino».

Oggi l’azienda fa anche accoglienza con l’intento di promuovere il territorio. «In un periodo difficile come quello attuale caratterizzato dall’emergenza Covid – spiega Luca - le cantine si devono assolutamente attrezzare per fare ricettività in quanto il modo di fare turismo è radicalmente cambiato. Oggi si scelgono principalmente mete sotto casa, fuori dalla porta e l’Oltrepò Pavese, sfruttando la vicinanza con i grandi centri metropolitani, può fare la differenza. Da tempo noi ci siamo mossi su questa strada, ancora prima della pandemia: la nostra famiglia aspetta enoturisti tutti i giorni, domeniche comprese, per l’assaggio dei vini e, su prenotazione, si possono anche degustare salumi e prodotti tipici locali accuratamente selezionati. In azienda offriamo ospitalità gratuita anche ai camper fornendo acqua e luce, e a circa un chilometro si trova un’area camper attrezzata».

La bottaia dell'azienda pavese

Entriamo un po’ nel dettaglio dell’attività agricola. Così Luca Padroggi: «La varietà del territorio, la vicinanza del mare e la presenza di fiumi e torrenti influiscono sul clima, mite e temperato, con ottime escursioni tra notte e giorno soprattutto nel periodo estivo. I suoli molto vari sono composti da: marne, calcari arenacei e gessi, così come sabbia e argilla. Tutte queste caratteristiche rendono l’Oltrepò Pavese un’area vocata alla produzione di Pinot Nero (quasi 3.000 ettari vitati) e di spumanti ottenuti da questa nobile uva. Altre varietà cardine della nostra storia sono Riesling e Bonarda, due uve che in questa regione danno vini di chiara identità e carattere. Mi piace sempre ricordare a chi ci viene a trovare in cantina che il territorio dell’Oltrepò è attraversato dal 45° parallelo Nord, il famoso “parallelo del vino” che percorre le zone più vocate alla viticoltura, come il Piemonte, la zona di Bordeaux e l’Oregon».

Dopo molti anni di coltivazione a basso impatto ambientale, dal 2005 è arrivata ufficialmente la certificazione “da agricoltura biologica” per i vini e gli spumanti La Piotta. «Quella biologica – ci spiega Luca Padroggi - è un tipo di agricoltura che ha due obiettivi strettamente connessi: salvaguardare la salute della Terra e nello stesso tempo quella dei suoi abitanti, che dei prodotti agricoli si nutrono. Agricoltura biologica è quindi sinonimo di agricoltura sana e pulita e ciò significa eliminare pesticidi, insetticidi, erbicidi e concimi di sintesi chimica in tutte le fasi di lavorazione, produzione, trasformazione e conservazione del prodotto. Grazie a questa attenzione per la natura, si ottiene un prodotto genuino, sano e naturale che fa riscoprire i veri profumi e sapori del vino».

L’intera superficie dell’Azienda Agricola La Piotta della famiglia Padroggi è disciplinata dai regolamenti in materia di biologico e certificata da BIOS, ente di controllo sulle produzioni biologiche autorizzato dal Ministero per le Politiche Agricole. «Mi piace ricordare – spiega il giovane Luca Padroggi – che i nostri vini contengono valori minimi di solfiti, grazie al fatto che l’uva impiegata per la vinificazione è davvero sana e di qualità. Il risultato è quindi un vino molto fruttato e ricchissimo in aromi. Dal 2015 ai nostri vini si è aggiunta anche la certificazione vegan».

L’azienda è entrata a far parte del marchio Grandi Vigne, esclusiva di “Iper, La grande I”, che ha aperto la strada a una nuova gamma di vini prodotti con uve da agricoltura biologica. «Per noi – spiega Padroggi - è motivo di grande orgoglio essere stati selezionati per entrare a far parte di questo importante progetto. I vini “La Piotta” scelti per questa nuova linea di prodotti sono Bonarda e Riesling Oltrepò pavese Doc. Nel 2013, inoltre, siamo entrati a far parte della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, che ha lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per questi motivi, siamo orgogliosi di essere parte di un ente importante che finalmente restituisce all’uva ed al vino un ruolo di protagonisti».

Con questo modo di operare sono nate in azienda cinque linee di prodotti, ognuna delle quali con una precisa connotazione. In degustazione abbiamo voluto assaggiare un vino per ogni linea. Partiamo dagli Spumanti. «In questa linea – spiega Luca Padroggi - l’unico vitigno utilizzato è il nobile Pinot Nero, perché pensiamo sia il più adatto per esprimere al meglio la tipicità del nostro territorio nella produzione di vini spumanti. Bollicine di intensità, struttura e carattere sono le caratteristiche principali».

Le bottiglie degustate

Interessante il “Nature”, ovvero Pinot Nero Oltrepò Pavese Metodo Classico, con un residuo zuccherino di 1g/l. Un prodotto che esprime al meglio il vitigno, il colore è giallo paglierino intenso, dal perlage fine e prolungato. Portato al naso è elegante, emergono sentori di fiori bianchi, frutta candita e frutta secca, uniti a note fragranti. Il gusto è piacevolmente secco, fresco e sapido. Un prodotto curato nel dettaglio, ideale per aperitivo e da accostare ad un risotto di mare. Luca ci ha anche fatto degustare il Mille Bolle, Pinot Nero Oltrepò Pavese, metodo Martinotti. Al palato si presenta elegante ed armonico con un’ottima acidità che si riscontra nel palato garantendo al prodotto una piacevole morbidezza caratterizzata da un residuo zuccherino di ben 12g/l. Gradevoli le note di frutta e, nel bicchiere, il perlage fine e persistente. Il colore è un po’ scarico.

«Passiamo ora alla linea Piota – ci spiega Luca Padroggi - Con i vini presenti in questa linea abbiamo voluto coniugare il vecchio con il nuovo, la storia con la ricerca, la tradizione con l’innovazione. L’utilizzo di uve cardine nella tradizione dell’Oltrepò è stato abbinato ad una vinificazione volta ad accentuare l’unicità del nostro terroir». Non potevamo non degustare, in questa zona, la più vocata, il riesling, un italico in purezza. Al naso esprime quanto uno vuole sentire da questa tipologia: intensità e note floreali e fruttate che richiamano l’albicocca e la pesca noce. Armonico e fruttato al palato, rispecchia fedelmente l’olfatto, ha una buona persistenza. Bello anche il colore, un giallo paglierino con riflessi verdolini. Ideale per primi piatti con verdure e con una selezione di formaggi giovani.

Veniamo alla linea Tradizione, quella in cui l’azienda ha cercato di racchiudere tutta la storia vitivinicola dell’Oltrepò, focalizzandosi sugli uvaggi storici della zona. Degustiamo la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc. Un prodotto che racchiude in sé le caratteristiche dell’uvaggio, ovvero Croatina (95%); Barbera e Uva Rara (5%). Nel bicchiere si presenta di colore rosso carico con degli evidenti riflessi violacei. Quando lo si porta al naso escono i classici sentori di questo prodotto come le note di piccoli frutti rossi che vanno ad arricchire un bouquet fine che troviamo anche al palato. In bocca c’è una leggera evoluzione in quanto si avvertono sentori di marasca e ciliegia, una persistenza maggiore ed è piacevole anche la tannicità che accompagna il sorso. Ideale con un salume dell’Oltrepò Pavese come il Salame di Varzi Dop oppure da accompagnare a piatti più succulenti come i classici agnolotti con stufato.

L’ultimo vino fa parte della selezione 89/90, i cosiddetti vini della terza generazione. «Proprio così – spiega Luca Padroggi – Sono i vini orientati verso il futuro, ma con un forte senso di appartenenza alle proprie origini. Le uve provenienti dai vitigni internazionali più rinomati, lavorate con passione combinando la viticultura tradizionale dell’Oltrepò con le tecniche di vinificazione tipiche di alcune tra le regioni vitivinicole più famose al mondo». È il caso dell’89/90 rosso, un blend di Barbera (70%) e Cabernet Sauvignon (30%) che affina per 12 mesi in tonneau. Buona la gradazione alcolica (14%), la si avverte in bocca. Al naso è intenso, elegante, senza sbavature: emergono sentori di piccoli frutti rossi, marasca, prugna. Qui avvertiamo già qualcosa di terziario, piacevole al naso e in bocca, come le note spezziate (pepe con un finale di tabacco) ed erbacee. Questo vino ti esplode in bocca dove si avverte l’alcolicità e la struttura ma ovviamente anche un’ottima morbidezza data dal passaggio in legno. Caratteristica principale è l’equilibrio.

In questo caso consigliamo un accostamento con carne rossa, selvaggina e con un orologio di formaggi stagionati. Nel corso della degustazione ci hanno colpito piacevolmente anche il Pinot Grigio “1930 Vineyard”, linea Piota, un Igt vinificato con le uve provenienti dal vitigno più storico dell’azienda: spiccano la freschezza ed una nota acida insolita per una vigna vecchia. Nell’assaggio non poteva mancare, in linea con la strategia dell’azienda, uno spumante rifermentato in bottiglia. Il Misunderstanding, ideale per aperitivo estivo, è un prodotto con Riesling Italico caratterizzato da note di frutta a polpa bianca e da sorprendenti bollicine che, in bocca, esaltano un piacevole retrogusto di mandorla amara.

Per informazioni: www.padroggilapiotta.it

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Alberto Lupini


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