Pinot Grigio, tra i vini italiani più esportati al mondo
Prodotto da uve di color ramato vinificate in bianco, il Pinot Grigio deve il suo successo all’azienda Santa Margherita, che 60 anni fa diede il via ad un fenomeno che nel tempo ha preso piede e oggi ha raggiunto quote di mercato importanti. È il primo vino italiano bianco fermo per volumi di esportazione
01 febbraio 2021 | 08:27
di Luca D’Attoma
Negli Stati Uniti il 34,7% del Pinot Grigio che viene venduto è made in Italy
All’origine di questo fenomeno mondiale tutto italiano c’è senza dubbio la scoperta rivoluzionaria compiuta dall’azienda Santa Margherita che, nel 1960, ebbe l’intuizione di vinificare in bianco le uve color ramato (con riflessi grigi) di questo vitigno allora poco diffuso nel nostro Paese. Ne venne fuori un vino bianco dagli aromi fruttati che possono risultare più o meno intensi, a seconda del terroir di provenienza e dei metodi di vinificazione, e ricordare la mela gialla, la pera e gli agrumi.
Tecniche di vinificazione
Nato da una mutazione del Pinot Nero, la varietà Pinot Grigio negli anni si è diffusa moltissimo in Italia dove ha trovato un habitat ideale. Del resto si tratta di un vitigno molto versatile, che dà risultati migliori nelle zone tendenzialmente più fresche e ventilate. Solitamente viene vinificato in bianco, senza dunque la presenza di bucce, dando vita al classico Pinot Grigio dal colore giallo paglierino con riflessi dorati. Ma se lasciato macerare a contatto con le bucce, assume quella tonalità intensa, tendente al ramato, che lo ha contraddistinto e fatto apprezzare anche nel passato.
Come tutte le uve Pinot, è una varietà piuttosto delicata, che dà origine a vini improntati sull’eleganza, la finezza, e non sulla muscolarità come invece accade con lo Chardonnay, giusto per fare un esempio. Eppure è un vino che può essere affinato in barrique o in botti grandi, e può dare origine a vini da bere giovani oppure adatti a un lungo invecchiamento.
La varietà Pinot Grigio negli anni si è diffusa moltissimo in Italia dove ha trovato un habitat ideale
Nella rivisitazione della vecchia tecnica enologica, c’è poi chi opta per le lunghe macerazioni in botti o in contenitori di terracotta, come le anfore: metodi che permettono di ottenere vini più estremi, molto carichi di colore, talvolta meno profumati, ma con una spiccata personalità, che però non tutti i consumatori apprezzano.
Diffusione in Italia
In Italia, si coltiva Pinot Grigio di grande qualità sulle colline friulane, in particolare nelle zone del Collio, dei Colli orientali e del Grave, ma anche nelle aree collinari del Veneto, del Trentino, dell’Alto Adige (dove è conosciuto con il nome di Ruländer), nell’Oltrepò Pavese e in piccole estensioni della Valle d’Aosta, in quest’ultimo caso raggiungendo degli ottimi risultati.
Bisogna dire, però, che il successo di questo vino ha scatenato negli anni un consumo tale da spingere i produttori a coltivare Pinot Grigio un po’ dappertutto, e non sempre con risultati apprezzabili. In Italia, la coltivazione troppo intensiva, con rese molto alte, spesso è andata fortemente a discapito della qualità, generando fenomeni speculativi che in generale non sono di aiuto nel mantenere alto il profilo di qualsiasi vino. Per fortuna, grazie alla sensibilità e alla volontà di molti viticoltori, produttori e di alcune cantine cooperative, c’è stato un cambio di passo che ha avviato un percorso virtuoso fondato su una viticoltura più attenta e scrupolosa, volta a valorizzare al massimo la nobiltà di questo vitigno.
Luca D’Attoma (foto: Maurizio Gjivovich)
Come enologo che mira a mantenere alto il profilo dei vini italiani, sono convinto che bisogna fare il massimo per tutelare e valorizzare questo come altri vitigni divenuti ormai una nostra eccellenza, senza cedere troppo alle logiche di mercato, nei limiti del possibile, e mettendo in conto anche qualche sacrificio. Perché il nostro Made in Italy va promosso e difeso, sempre.
I numeri del Pinot Grigio
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