Perché il Cirò Classico Docg sarà un vanto per la Calabria (e per tutta l'Italia)

Per la prima Denominazione di origine controllata e garantita regionale, il territorio porta avanti (convintamente) l'idea di un vino calabrese nell’anima e nella sostanza: 90% Gaglioppo con saldo di Magliocco e Greco Nero . Una mezza rivoluzione rispetto agli esordi internazionali del Cirò, capace di stregare la critica grazie ai "blend" con il Cabernet. Erano gli anni Ottanta, tempi e consumatori sono cambiati. E il Consorzio lo sa benissimo

21 dicembre 2023 | 11:48
di Davide Bortone

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il riconoscimento del Cirò Classico Docg. Per vedersi accreditata la prima Denominazione di origine controllata e garantita, la Calabria del vino deve attendere ora solo la ratifica dell'Unione europea, che dovrebbe concretizzarsi entro la fine del 2024. La nuova Docg andrà a sostituire l’attuale rosso “Cirò Doc Classico Superiore Riserva”, introducendo un disciplinare ancora più stringente, che punterà tutto sul territorio. Come? Limitando la produzione alla zona "Classica" di Cirò e Cirò Marina e mettendo ancora più al centro il vitigno simbolo di Cirò: il Gaglioppo. Ma non solo.

A differenza dell’attuale Cirò Doc Classico Superiore Riserva, si potranno infatti etichettare come Docg i soli vini composti per almeno il 90% da Gaglioppo, con un saldo massimo del 10% limitato a Magliocco e Greco Nero, altri due vitigni tipicamente calabresi. D'altro canto, saranno conservate le tipologie Doc già esistenti “Cirò Rosso Doc”, “Cirò Rosso Superiore Doc”, “Cirò Superiore Riserva”, nonché “Cirò Bianco Doc” e “Cirò Rosato Doc”. Sostanziale la differenza tra il nuovo Cirò Classico Docg e il Cirò Rosso Riserva Doc, per il quale la percentuale minima obbligatoria di Gaglioppo è solo dell'80%. Quest'ultimo, contrariamente al Cirò Classico Docg, potrà essere ottenuto da uvaggi con varietà internazionali a bacca rossa, fino al 20%.

Messaggio forte e chiaro dal Cirò Classico Docg

Il messaggio della nuova Docg ai mercati giunge dunque forte e chiaro: sarà un vino calabrese nell’anima e nella sostanza, senza “contaminazioni” internazionali. Un dettaglio che sa di rivoluzione, dal momento che a rendere veramente famoso nel mondo il Gaglioppo sono stati proprio i tagli tra il vitigno calabro - spesso citato tra i cosidetti "Barolo del Sud" - e varietà internazionali - di derivazione francese - come il Cabernet Sauvignon. Esemplificativo il caso del “Gravello”, vino di Cirò (etichettato come Igt) prodotto da Antonio “Tonino” Librandi e dal fratello Nicodemo. Un vero e proprio crack per la critica enologica mondiale, negli anni Ottanta, con il nobile e famoso Cabernet a fungere da cavallo di Troia per il meno noto Gaglioppo.

È ai consumatori moderni, attenti alle massime espressioni del singolo territorio, nella sua "purezza", che si rivolge dunque il Cirò Classico Docg. A dare il via libera alla Denominazione di origine controllata e garantita è stato, come da procedura, il Pubblico Accertamento del 16 novembre 2023. Una data che, in questa fetta di Calabria, è già incisa nella storia. Toccherà ora a Bruxelles ratificare il provvedimento. Chiudendo il cerchio di un iter burocratico avviato nel 2019. «La scelta di far conferire il marchio Docg al nostro “Classico Superiore Riserva” - spiega Raffaele Librandi, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Cirò e Melissa - è motivata dalla volontà di valorizzare al meglio l’astro nascente della nostra Denominazione».

«Un vino con una tale struttura e carattere da poter essere competitivo sul mercato, prodotto peraltro con uno dei vitigni più identitari della nostra regione, il Gaglioppo. L’iter burocratico non è ancora terminato - aggiunge Librandi - e bisognerà aspettare ancora qualche settimana perché il riconoscimento sia ufficiale. Tuttavia, i requisiti per accedere allo step finale sono presenti e l’auspicio è che il percorso giunga al più presto al suo compimento».

Un disciplinare stringente per la prima Docg della Calabria

Il futuro Cirò Classico Docg nasce dalla zona “Classica” della denominazione calabrese, compresa nei comuni di Cirò e Cirò Marina. Un territorio che si sviluppa all’estremo nord della Provincia di Crotone, sul litorale della costa Ionica e nel suo entroterra collinare, sino alle prime pendici della Sila. Circa 20 mila ettari che si distendono per circa 25 chilometri di costa, spingendosi per oltre 10 chilometri nell'entroterra, regalando scorci mozzafiato. La tipologia “Cirò Doc Classico Superiore Riserva”, attualmente, può contare su una produzione complessiva annuale di 300 mila bottiglie. Molto probabilmente, le bottiglie di Cirò Classico Docg saranno meno. Non solo per il disciplinare più stringente, ma anche per la scelta di conservare il Doc Cirò Superiore Riserva.

«Oltre a limitare la produzione alla sola zona classica - precisa Raffaele Librandi a Italia a Tavola - il disciplinare della nuova Docg sarà molto stringente, con riferimenti precisi alla forma di allevamento dei vigneti, che dovrà essere quella tradizionale, ad alberello o cordone; è previsto poi un anno di affinamento in più, di cui 6 mesi in legno, proprio in favore della scelta di innalzare al 90%, rispetto al precedente 80% la quantità minima di Gaglioppo, in uvaggio con i soli Magliocco e Greco Nero, vietando l’utilizzo dei vitigni internazionali».

Vola l'enoturismo nella zona della Doc Cirò

Il tutto mentre il Consorzio simbolo della Calabria del vino si è ormai stabilito sui 4 milioni di bottiglie annue, tra tutte le tipologie. E a convincere sono tutti i vini, suddivisi quasi equamente per "colore": in testa i rossi (40%), a cui si va a sommare il 30% di bianchi e rosati . Stabili anche i mercati, con l’Italia che si beve il 70% dei vini prodotti ogni anno. All’estero il restante 30%, soprattutto in Germania, Usa, Svizzera e Nord Europa, ma anche in Giappone.

A volare è anche un altro asset sempre più centrale per il mondo del vino italiano: quello dell’enoturismo. «Si può dire che il Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa si appresti a chiudere un 2023 ricco di soddisfazioni - chiosa ancora il presidente Raffaele Librandi - non ultima quella di aver con piacere registrato, rispetto al 2022, un incremento del turismo enogastronomico. Chi si reca nella nostra zona vuole sempre più scoprire la tradizione e il valore culinario ed enologico della nostra terra. Ovviamente non sono mancate le sfide per i nostri produttori». «In particolare, la gestione del vigneto e della vendemmia 2023 sono stati momenti delicati, che hanno richiesto l’impegno costante in campo per portare a casa un prodotto di qualità. Siamo molto contenti del lavoro svolto - conclude il presidente - che ci ha permesso di tutelare il raccolto e assestarci in linea con la situazione vitivinicola nazionale». Il vento, insomma, soffia dalla parte della Calabria.

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Alberto Lupini


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