Con una vasta esperienza nel beverage, il romano Chris Maffeo ha lavorato su scala Internazionale con focus su 30 mercati globali, ricoprendo posizioni di rilievo in gruppi globali come SabMiller, Asahi e Carlsberg. Prima come manager e ora come consulente - attraverso la sua Maffeo Drinks - ha sempre operato nel supportare i brand per scalare le loro operazioni mantenendo l'identità premium, offrendo consulenza su strategie di marketing e vendita, oltre che su aspetti finanziari e gestionali. Conosciuto per l’attività di formazione strategica, sviluppata anche attraverso la sua newsletter, Maffeo ha raccolto un’ampia community nel settore drinks attorno al suo podcast, nel quale approfondisce l’approccio pratico allo sviluppo di un marchio in modo sostenibile e efficace coinvolgendo e intervistando distillatori, manager, baristi e distributori. E da Praga, dove è basato attualmente, lancia un messaggio ai brand: in un mercato sempre più affollato su deve capire cosa vendere a chi.
Maffeo, fermento nel mercato degli spirits
Maffeo, come si sta evolvendo il mercato spirits su scala europea e mondiale?
In generale c'è fermento in categorie emergenti. L'ondata del gin sembra passata e ora si punta molto sul world whisky (prodotto in molti paesi del mondo) e sull'agave (Tequila, Mezcal, Bacanora, Sotol). Molti brand stanno emergendo nel No & Low Alcohol. Ci sono due fattori chiave: moderazione e premiumizzazione, quindi bere moderatamente e di qualità. Credo che continueranno anche i cambi di maglia, ossia brand venduti da aziende e comprati da altre come abbiamo visto negli ultimi mesi tra Campari, Sazerac e William Grant's, per fare qualche nome.
Qual è la capacità di impatto degli spirits sul fuori casa?
Il fuori casa è fondamentale per costruire brand, specialmente nei cocktail bar. Gli spirits hanno un ruolo fondamentale sullo sviluppo della hospitality industry, basti pensare agli investimenti di marketing ed ai trainings che le grandi aziende fanno per i barmen a livello globale. Quello che io suggerisco ai miei clienti è di allargare il focus e il supporto anche ai locali e alle città più "normali", non solo ai 50 Best o ai cocktail bar più ricercati delle grandi metropoli. Senza questo tipo di supporto i brand non possono anelare a diventare brand forti su larga scala.
Qual è oggi la risposta del consumatore giovane?
I giovani mostrano curiosità verso le novità, come il provare diversi gin o gli agave che incuriosiscono per l'assenza di glutine. Alcuni sembrano bere meno. Per questi si presentano opportunità sul No & Low alcol, soprattutto con prodotti di sostanza più che con le versioni 0.0% dei grandi brand.
Maffeo, creare domanda dal basso
Come sta cambiando il sistema distributivo e quali sono le strategie più efficaci?
La proliferazione di brand e la maggiore conoscenza dei consumatori hanno ingolfato il sistema. Non bastano più i budget calati dall'alto; è necessario creare domanda dal basso. In ogni mercato in cui lavoro vedo pochi distributori che lavorano con molti brand in portafoglio, che si cannibalizzano. Con i migliori lavoriamo con progetti che identificano quali brand offrire ai diversi tipi di locali e per differenti occasioni di consumo. Le vecchie segmentationi di locali non funzionano più. Prima c'erano bar, ristoranti, discoteche. Ora i locali stanno diventando sempre più ibridi, come i bistrot diurni che si trasformano in luoghi per aperitivi. Si passa dal cappuccino la mattina al gin & tonic dopo il lavoro. Ci sono brand adatti a locali per la miscelazione veloce, come un whisky & soda o gin & tonic, e altri più sofisticati per uno Scotch da degustare. Non bastano le strategie, servono anche dei training per far capire ai venditori come dare priorità ai brand nel portafoglio. Va capito a chi vendere cosa.
Meglio un grosso distributore multibrand o una boutique agency?
Dipende dal brand. Consiglio un distributore che possa dedicare tempo al tuo brand per una posizione commerciale chiara, indipendentemente dalla sua grandezza. Ai miei clienti consiglio sempre di non passare la palla al distributore, ma avere sempre il contatto con la città e supportarli continuamente. Meglio aprirsi su un paio di mercati e andare in profondità. Con vari brand che vendevano su 10 paesi abbiamo cambiato strategia e puntato solo su quel paio di mercati dove vedevamo potenziale. Maggiore efficienza di tempo e risorse. La cosa principale non è tanto la grandezza del distributore, ma la sua mentalità. Qui a Praga ad esempio collaboro con Jaegermeister, uno dei brand di spirits piu grandi del mercato ceco che distribuisce il portafoglio di William Grant, & Sons. Insieme adottiamo strategie "bottom-up" con focus on-trade sia su brand piu piccoli (come Monkey Shoulder o Hendrick's Gin o Glenfiddich) che sullo stesso brand Jaegermeister. Quest'anno abbiamo lanciato Jaegermeister Orange in esclusiva mondiale. Senza forti fondamenta, i grandi brand avrebbero gambe di argilla. Le strategie cambiano in base alla grandezza del brand, ma la filosofia centrale resta. “Brands are built bottom-up”, è il mio motto.
Maffeo, partire dal bicchiere
Perché il lavoro top-down non funziona più?
Il mercato è saturo di brand. Solo quelli che spiegano chiaramente come e quando usare il prodotto e mantengono un posto chiaro nella mente del consumatore, del barman e del distributore riescono a emergere. Quando i manager del mondo spirits crescono, smettono di andare sul mercato (ovvero nei locali) a vendere. Diventano pigri e si affidano ai report nei pdf. Io mi tengo sempre in esercizio, vendendo i brand dei miei clienti ogni settimana nei bar di varie città europee. Vendere brand di spirits non é come andare in bicicletta, te lo dimentichi se non ti tieni in esercizio. È cruciale la flessibilità del modello, adattando il team e la strategia alle varie fasi di crescita del brand. Ad esempio con un cliente negli USA, Agua Magica Mezcal, siamo passati dal vendere in modo diretto ai locali a lavorare con un distributore di vini pregiati per lo stato di New York. Il focus del team é cambiato da venditori diretti a supportare i venditori del distributore. Un piccolo dettaglio che cambia enormemente il risultato.
Cosa significa lavorare secondo una strategia nuova?
Bisogna partire dalla bicchiere al bancone e non dalla distilleria. Fare le cose dal computer in ufficio basandosi su trend report non funziona piu. Bisogna sedersi al bancone, osservare le dinamiche e parlare con barman e consumatori. Le riunioni con i clienti preferisco farle al bar invece che in ufficio. Bisogna portare a terra il posizionamento di marca, identificare le occasioni di consumo adatte. Bisogna capire quali locali hanno potenziale per il proprio brand e costruire il brand una bottiglia alla volta, con loro. Bada bene, non significa necessariamente i migliori bar in città bensì i migliori per il nostro brand. Parlo di bar normali, perché se il brand funziona in quelli può crescere, altrimenti rimane un giocattolo da 10 locali per città.
Siamo in un mondo di grandi brand o i piccoli possono emergere?
C’è posto per entrambi. C'è appetito per i piccoli brand, ma devono offrire valore per il prezzo. I consumatori cercano value for money e comprano chi lo offre, indipendentemente dalla grandezza del brand. Tutti vorrebbero brand piu di nicchia, ma spesso i prezzi sono proibitivi. Settimane fa, visitando alcuni locali e parlando con i barman assieme al produttore di Canone Occidentale Vermouth di Torino Superiore, parlavamo dell'importanza di arrivare sul mercato con un prezzo raccomandato che permetta un Negroni ad un prezzo giusto. Molti brand hanno un problema fondamentale di value chain fatte a tavolino, che generano prezzi assurdi, vendibili in dieci bar dove spesso restano in bottigliera a prendere polvere. Solo i brand con un buon liquido ad un prezzo giusto per tutta la catena del valore (distributori, bar e consumatori) possono crescere.
Quali sono i mercati più interessanti oggi?
Gli spirits di agave sono in crescita, con la tequila che sta cambiando reputazione. Le aziende messicane cercheranno di ovviare ai probabili dazi statunitensi vendendo su altri mercati, europei e asiatici. Anche i whisky globali stanno crescendo. Il mercato del No & Low Alcohol è rilevante, soprattutto per i brand che offrono una vera alternativa e non solo gimmick.
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Alberto Lupini
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