Il nuovo volto degli amari: non solo fine pasto, ma re di cocktail e aperitivi

L'amaro è, in Italia, una tradizione molto radicata e un rito conviviale storicamente legato al fine pasto. Negli ultimi anni, però, hanno preso strada nuove tendenze che hanno ravvivato e rinforzato il mercato. Senza snaturarsi, l'amaro è diventato protagonista del dopo cena e ingrediente perfetto per i cocktail

19 aprile 2023 | 11:00
di Gianluca Pirovano

L’Italia, si sa, quando si parla di tradizioni enogastronomiche, non è seconda a nessuno, ma il panorama è ampio e frastagliato, fatto di abitudini che cambiano da regione a regione, spesso addirittura da un comune all’altro. Tra i riti che uniscono, però, l’intero Stivale c’è, senza dubbio, quello dell’amaro.

Un rito conviviale che da Nord a Sud, per tradizione, chiude il pasto. Un prodotto che, per sua natura, riesce a raccontare nel dettaglio un territorio. L’Italia, anche questo si sa, è molto legata alle sue tradizioni, ma non per questo disdegna nuove tendenze. Così i tradizionali amari stanno vivendo una nuova fase della loro storia, una crescita di vendite che corrisponde a un ampliamento del loro utilizzo. L’amaro non è più soltanto per il fine pasto, ma diventa protagonista dell’aperitivo e, in generale, della mixology. Un salto di qualità che incuriosisce e stimola le aziende produttrici e che sembra piacere particolarmente anche ai consumatori.

Cos’è l’amaro?

Andiamo con ordine, però, partendo dalle basi. Cos’è un amaro? L’amaro è una bevanda spiritosa dal gusto amaro di gradazione alcolica non inferiore a 15°. Secondo la normativa dell’Unione Europea, gli amari devono essere prodotti mediante aromatizzazione di alcol etilico di origine agricola con sostanze aromatizzanti naturali e/o identiche a quelle naturali. La loro storia affonda le radici nell’Antica Grecia, dove era abitudine curare le malattie con infusi di alcool ed erbe, e ha attraversato poi il mondo, perfezionandosi grazie al lavoro degli alchimisti arabi e diffondendosi grazie ai Romani, che diedero massimo impulso alla macerazione. Fino al 1700 la storia degli amari resta, comunque, strettamente legata agli aspetti medici e soltanto nel 1737 nasce il primo amaro pensato esclusivamente per il piacere di chi lo consuma. Si tratta del Chartreuse Verte, realizzato dai monaci della certosa di Voiron, in Francia. È l’inizio del mercato degli amari come lo conosciamo oggi.

Italia, una varietà infinita di amari

In Italia, in realtà, il mercato non esplode subito. Gli amari nel Belpaese sono una tradizione antica e, proprio per questo, sono legati alla produzione e al consumo casalingo. Ogni famiglia ha la sua ricetta e ogni territorio utilizza ingredienti diversi. Una varietà che rende l’Italia un unicum a livello mondiale nella produzione di amari. A metà del 1800, però, l’industrializzazione degli amari arriva anche in Italia e lo fa attraverso nomi che, ancora oggi, rappresentano l’eccellenza italiana nel comparto. Nel 1845 Bernardino Branca deposita la ricetta del suo Fernet-Branca, ancora oggi segreta e mai modificata. Tre anni dopo, sempre a Milano, Ausano Ramazzotti, farmacista bolognese, serve per la prima volta il suo amaro, l’Amaro Ramazzotti, la cui ricetta è addirittura del 1815.

Nel 1859, invece, Salvatore Averna di Caltanissetta riceve dai monaci dell’Abbazia di Santo Spirito, come segno di riconoscenza per le sue buone azioni, la ricetta segreta dell’elisir di erbe che i religiosi producevano. È la nascita dell’Amaro Averna. Nel 1885 Stanislao Cobianchi, bolognese come Ramazzotti, dopo un viaggio per il mondo crea un elisir, l’Elisir Lungavita, che decide poi di dedicare a Elena del Montenegro, in occasione del matrimonio con Vittorio Emanuele III di Savoia: nasce così l’Amaro Montenegro. Nel 1894 arriverà poi l’Amaro Lucano e nel 1915 il Vecchio Amaro del Capo di Caffo. Altri nomi iconici che, come i loro predecessori, dovranno però fare i conti con le due guerre mondiali e con una crisi complessiva dal quale gli amari usciranno soltanto negli anni ’70 con il nuovo e definitivo boom, grazie a un grande lavoro di marketing e di promozione.

 

 

Una tradizione che resta, ma si evolve per gli amari

Oggi il mercato degli amari in Italia è un mercato solido e in costante crescita. A contribuire al suo andamento positivo c’è, senza dubbio, la sua natura intrinseca. Secondo Nomisma, infatti, il consumatore è alla ricerca, tra le altre cose, di prodotti made in Italy e di prodotti che esprimano le caratteristiche di un determinato territorio. Due aspetti che fanno parte in maniera chiara dell’identikit degli amari. A spingere il mercato, poi, c’è quanto accennavamo in apertura, vale a dire un cambiamento di consumo sempre più marcato. O meglio, un ampliamento dei modi di consumo degli amari. Questo perché l’amaro non ha perso il suo legame con il fine pasto, anzi. Ancora oggi resta la conclusione preferita da molti italiani, non soltanto al ristorante, ma anche a casa. Sempre Nomisma con il suo Osservatorio fotografa il cambiamento: il 35% degli italiani dice, infatti, di aver provato gli amari in modalità mixata a casa. Un cambiamento sicuramente spinto dalla pandemia, che, complice la chiusura di bar e ristoranti, ha fatto sì che il consumatore sperimentasse tra le mura di casa, ma che oggi, a pandemia passata, si riflette anche nelle abitudini di consumo del fuori casa, con risultati importanti per gli amari. Così, oltre a essere perfetto per il fine pasto, l’amaro è diventato anche un aperitivo o un dopocena, meglio se mixato.

«La nuova tendenza a realizzare cocktail a base di amari è un trend partito dagli Stati Uniti che si è diffuso in Italia già da diversi anni favorendo anche nuove occasioni di consumo: l'amaro non è più visto solo come un digestivo da utilizzare dopo il pasto ma anche miscelato nella preparazione di drink - evidenzia Luigi De Michele, trade marketing manager di Lucano 1894 - Dal punto di vista aromatico gli amari sono degli ottimi alleati nella preparazione di un drink, grazie alla loro parte bitter e a quella dolce, che li rende equilibrati e molto flessibili nella miscelazione. Un trend che sta crescendo di anno in anno e che acquista sempre più valore, soprattutto nelle fiere o eventi internazionali di settore. Come i 50 world best bar, di cui noi siamo partner unici sia nella categoria degli amari che in quella dei Vermouth (con il brand Mancino Vermouth) a conferma di quanto gli amari siano sempre più importanti nella mixology». 

I cambiamenti secondo Distillerie Branca

Questa nuova tendenza viene confermata anche dalle aziende del comparto, come la già citata Distillerie Branca, che per prima ha “istituzionalizzato” l’amaro in Italia e che è poi sbarcata in tutto il mondo. «Nel corso degli anni il palato dei consumatori è gradualmente evoluto e maturato, passando da un gusto facile e dolce a un sapore sempre più amaro e impegnativo, segno che il trend che la mixology sta percorrendo progressivamente è quello di offrire proposte eterogenee e di grande qualità – spiega Nicola Olianas, Global Brand Ambassador Fratelli Branca Distillerie - Fratelli Branca Distillerie ha sempre prestato attenzione alle tendenze della miscelazione e alle abitudini di consumo: per questo, quando parliamo di Fernet-Branca oggi, non parliamo più solo di un Amaro inimitabile e di un’eccellenza made in Italy nel mondo, ma anche di un protagonista della cultura del cocktail. Un ingrediente complesso e affascinante che ha ispirato e continua a ispirare la comunità dei bartender, una sfida continua per i mixologist che vogliono esaltarne i sapori e la struttura. In qualche modo prodotti come il Fernet-Branca influenzano la cultura dei cocktail, dai classici intramontabili a quelli destinati per l’aperitivo che dall’Italia si stanno lentamente diffondendo in tutto il mondo».

Tradizione e innovazione: l’idea di Caffo

La forza degli amari, l’abbiamo detto, è nella loro storia. Un prodotto tradizionale e, solitamente, molto legato al territorio e la cui ricetta, spesso, è rimasta invariata dal giorno della nascita. Il mercato, però, impone anche di essere reattivi ai cambiamenti e trovare le proposte che più si avvicinino ai nuovi gusti dei consumatori senza però snaturare la storia del prodotto. Un equilibrio costante tra tradizione e innovazione a cui Gruppo Caffo, che produce il Vecchio Amaro del Capo, presta particolare attenzione. «Già da qualche anno, il mondo degli amari sta vivendo un interessante rilancio di cui ci sentiamo protagonisti», sottolinea Fabrizio Tacchi, Spirits & Amaro Ambassador dell’azienda.

Gruppo Caffo è considerato tra gli specialisti dell’amaro in Italia, anche grazie all’acquisizione di marchi famosi, storicamente importanti, come l’internazionale Petrus Boonekamp, il padre di tutti gli amari creato in Olanda nel 1777; Ferro China Bisleri, il liquore amaro aperitivo di fama mondiale, a base di citrato di ferro e china, realizzato dal garibaldino Felice Bisleri nel 1881 e Elisir Borsci S. Marzano, nato nel 1840, il liquore in commercio più antico del Sud Italia. «Storia secolare e innovazione: un binomio che pochi marchi possono vantare e che vogliamo far diventare una strategia vincente. Il nostro obiettivo è rilanciare sul mercato marchi famosi con una storia vera, proposti in una chiave contemporanea adatta alle moderne esigenze di consumo e pensati per accompagnare i momenti di convivialità di tutti coloro che amano socializzare e incontrarsi. In merito alle tendenze, Red Hot Edition, la versione di Amaro del Capo al peperoncino piccante calabrese, è sempre più richiesto come nuovo ingrediente di aperitivi alcolici piccanti. Con la sua naturale vocazione alla mixology è perfetto per semplici e squisiti cocktail. Altro prodotto da poco entrato nel mercato è Blood Bitter, l’aperitivo all’“uso d’Hollanda” creato dal grande liquorista Petrus Boonekamp e da noi riproposto, è ottenuto dall’infusione di circa trenta tra erbe e spezie naturali, selezionate, provenienti da tutto il mondo. Con Blood Bitter, abbiamo voluto far rivivere il sapore aromatico e suadente del primo bitter rosso che ha segnato la storia. Come dicevamo, il nuovo trend è il consumo di amaro oltre che nel classico fine pasto, nell’ora dell’aperitivo o per l’after dinner».

Sempre meno alcol nel mondo degli spirits

Detto della mixology c'è, però, anche un'altra tendenza che sta lentamente prendendo piede in tutto il mondo degli spirits e, per certi versi, anche del vino, di pari passo con le nuove richieste del mercato. Stiamo parlando di prodotti alcohol-free. La conferma arriva da Amaro Lucano. «Il secondo trend, oltre a quello legato alla mixology riguarda invece il mercato degli analcolici, ovvero la tendenza a realizzare dei distillati senza alcol - dice De Michele - Anche il mondo degli amari si è adeguato. Lucano 1894, ad esempio, ha lanciato il primo amaro alcool free: Lucano Amaro Zero. Un prodotto unico, che conserva la storia e i sapori del celebre Amaro Lucano senza la sua componente alcolica».

 

Ma come si bevono gli amari?

Detto della loro lunga e complicata storia, un’altra domanda a cui dare risposta è: ma come si bevono gli amari? Partiamo dal bicchiere. Quello che meglio si sposa con l’amaro è, senza dubbio, un tumbler basso, specie se si sceglie di berlo con ghiaccio. In generale, andrebbe comunque sempre scelto un bicchiere a forma cilindrica o tronco conica. Se poi l’amaro che si va a servire è ghiacciato oppure si sceglie di aggiungere del ghiaccio per accompagnarlo, sarebbe opportuno optare per un bicchiere a stelo, in modo da evitare che con il contatto diretto con la mano si scaldi.

Una volta scelto il contenitore, è importante anche scegliere la quantità di amaro che si deve versare. La regola vorrebbe che si riempisse un terzo di quanto il bicchiere possa contenere. E poi, la scelta più importante: con ghiaccio o senza? Non esiste una regola o un’opzione migliore di un’altra. La realtà è che, per quanto riguarda gli amari, a comandare è il gusto di chi lo consuma. Se si sceglie di aggiungere il ghiaccio, il consiglio è di non esagerare. Bastano pochi cubetti per gustare un amaro freddo senza annacquarne il sapore. Non c’è comunque solo il ghiaccio: è possibile aggiungere, per esempio, dei rametti di erbe aromatiche, possibilmente in linea con quelle contenute nell’amaro, ma anche la scorza d’arancio o di limone o altre guarnizioni naturali, in base al gusto.

Le opinioni sugli amari e le ricette dei barman

Danny Del Monaco: «Sono stato il primo a usare l’Amaro di Toscana al posto del bitter: quindici anni fa non era facile non usare nei cocktail il bitter Campari o il bitter Martini. Poi c’è stato l’avvento dei grandi amari e oggi ne abbiamo quanti ne vogliamo. La diversità dei vari amari rende la miscelazione molto più variopinta e divertente, per chi la fa e per il palato. Nel mio locale ho 35 amari, dai classici a quelli della nuova generazione, meno dolci. Sono buonissimi anche da soli e con qualche aggiunta sono un ottimo aperitivo».

«Negli anni ’80 in Italia - prosegue - già si utilizzavano gli amari nei cocktail, ora sono una moda, tanto che le grandi multinazionali hanno acquisito piccole case storiche. Non si tratta di un trend, ma gli amari continueranno ad avere grande importanza nella miscelazione, così come accade con il gin. Le persone hanno cambiato il loro modo di bere e noi abbiamo cambiato il nostro modo di fare miscelazione».

Elettrico

  • 3 cl Rabarbaro santoni
  • 2 cl fiori di sambuco 3
  • Gocce di bitter al caffè
  • Spicchi di lime fresco
  • Top di chinotto

Decorato con fiore elettrico per rendere la degustazione estremamente unica al palato.

Flavio Esposito: «Vedo che ormai il boom degli amari è una realtà, come quello che è stato per i vermouth qualche anno fa. Un trend valutato come tale ma che poi è rimasto come qualcosa di reale nella mixology. È qualcosa che appartiene a noi italiani da sempre. Gli amari si sono evoluti e grazie al loro grado zuccherino in aggiunta hanno donato un prodotto coadiuvante perfetto per la miscelazione».

«Troviamo amari con infusi naturali - prosegue - grado zuccherino ribassato, amaricante, aromatico, che aiutano ancora di più a dare qualità nella miscelazione, come sostituto del bitter, in un amaro tonic, in un Negroni fatto con l’amaro. Siamo di fronte al ritorno di un prodotto tradizionale ma con una nuova veste».

Tu vuó fà l’Americano

  • 40 ml Amaro Panorama
  • 25 ml Vermut Sospeso “ricetta al caffè”
  • q.b. Soda Ghiacciata a piacere
  • Zest di limone e d'arancia

Metodo di preparazione
Versare tutti gli ingredienti in un bicchiere Old Fashioned colmo di ghiaccio, terminare con soda, mescolare e guarnire con zest di limone e d'arancia.

Deborah Santoro: «Stiamo cercando di portare gli amari sempre più nella miscelazione, qualcosa che prima non c’era e che è già accaduto con la grappa e con altri distillati. Si tratta di un prodotto con moltissime caratteristiche differenti, che può essere erbaceo, profumato, agrumato».

«È sicuramente interessante - prosegue - l’idea di trasformare un classico dopo pasto e farlo diventare un cocktail, unendo di volta in volta gli ingredienti giusti in base al tipo di amaro. Qualsiasi cosa se fatta bene e studiata può diventare interessante, sempre con l’obiettivo di far contenti i clienti: la monotonia non fa parte del mondo dei barman.

Beyonde

  • 3 cl Amaro K1 Perollo 
  • 2 cl Marendry Bitter
  • 2 cl Rum Bianco Botran
  • 1 cl Sciroppo fava di tonka
  • 2 cl di crema di latte in superficie

Metodo di preparazione
Si prepara nello Shaker con ghiaccio, versare nello shaker tutti gli ingredienti tranne la crema di latte. 

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Alberto Lupini


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