Nella nuova cantina Pieropan si incontrano storia e innovazione

Dopo duecento anni la storica famiglia di vignaioli di Soave lascerà Palazzo Pullici per la sua nuova casa, già terminata ma che verrà inaugurata in occasione del Vinitaly

18 marzo 2022 | 16:02
di Daniele Adorno

La delegazione di Verona dell'Associazione Italiana Sommelier ha organizzato la prima visita in esclusiva della nuovissima cantina Pieropan di Soave (VR). La costruzione è stata ultimata nel settembre 2021 ma l’inaugurazione ufficiale si svolgerà nel mese di aprile durante il Vinitaly 2022, esattamente a quattro anni dalla morte di Leonildo Pieropan, tra i padri del Soave e tra i fondatori della Fivi, la Federazione Italiani Vignaioli Indipendenti.

Dopo 200 anni la famiglia lascia la dimora cantina di Palazzo Pullici, costruzione del secolo XV in via Camuzzoni, costituita da un impianto a corte delimitato da alte e possenti murature dove tra l’altro trascorse la sua infanzia tra il 1832 e il 1827 il poeta Ippolito Nievo. Il palazzo era organizzato su tre piani per la produzione di 650.000 bottiglie all’anno.

Pieropan: la nuova cantina arriva... da una calamità

Lo spunto per questo cambiamento epocale viene dato quando nel 2015, una tromba d’aria abbatte un intero vigneto. Si decide quindi di far sorgere la nuova cantina nel luogo in cui avvenne questo sfortunato evento. L’idea era quella di integrare perfettamente la cantina con l’ambiente circostante contaminandolo il meno possibile sia dal punto di vista di impatto visivo che ambientale. Per far questo si è partiti dal concetto astratto di alzare un lembo di terra al fine di inserire al suo interno la cantina e richiuderlo.

Un vigneto sul tetto 

Il progetto sviluppato dall’architetto Moreno Zurlo (già designer della nuova cantina Zymè nel cuore della Valpolicella Classica) di AcMe studio di Verona prevedeva una superficie interna di 10mila metri quadrati pari ad un ettaro tanto quanto l’estensione del vigneto Piwi di Pinot Bianco che si è successivamente piantato nel terreno profondo 2 metri e posto successivamente sul tetto della struttura. La scelta è ricaduta su questo vigneto per potere eliminare tutti i trattamenti sia a base di zolfo che di rame per permettere alle persone che svolgono un lavoro all’interno della nuova sede di non avere alcuna esposizione a prodotti chimici. Tutte le mura sono prefabbricate in calcestruzzo. Le vasche in cemento sono state posate con apposite gru prima di costruire il tetto. 

La pietra di Vicenza sulle facciate 

I materiali selezionati per la facciata esterna sono essenzialmente costituiti dalla pietra di Vicenza con effetto riflettente. Tale conglomerato è il risultato della sedimentazione di innumerevoli fossili che gli conferiscono ora un aspetto uniforme per la sua grana fina, ora un aspetto fiorito per la presenza delle alghe fossili. Altri materiali utilizzati sono la trachite Euganea e l’ottone utilizzato per le maniglie delle porte e le scale.

La presenza di un giardino botanico per la raccolta di acqua piovana garantisce l’approvvigionamento necessario per le acque nere e l’irrigazione. Tutta la CO2 prodotta nei vari processi viene compensata con i 20 ettari di bosco di proprietà.

La storia della cantina Pieropan 

La storia della cantina Pieropan inizia con il capostipite medico condotto del paese Leonildo Pieropan in quanto il vino maggiormente prodotto a quell’epoca era il Recioto di Soave che veniva bevuto sia come integratore alimentare per arricchire la dieta degli zuccheri necessari per espletare le funzioni intestinali sia come tonico a seguito di malattie debilitanti.

Nel 1880 vengono Leonildo compra i primi appezzamenti e nel 1906 estende il fondo di famiglia sul monte Calvarino di 7 ettari. I figli Gustavo e Fausto continuarono con dedizione e lungimiranza l’attività del padre. Nel 1966 il nipote Leonildo, unico discendente di una famiglia numerosa si diploma come Enotecnico presso la scuola di Viticultura ed Enologia di Conegliano. Nel 1968 nasce la Doc Soave.

Pieropan nel 1971 diventa l’unica azienda di solo capitale famigliare a firmare i primi contratti per l’esportazione del proprio vino negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Leonildo si conferma essere un visionario nelle tecnologie e rivoluzioni che avrebbero per sempre cambiato il mondo del vino in Italia. Nel 1971 fa nascere infatti il primo Cru Italiano chiamato “Calvarino”. Successivamente si ripete con “La Rocca” nel 1978.

In quel periodo acquisisce anche Villa Cipolla sul monte Garzon a 500 m s.l.m. nella valle di Illasi dove vengono tuttora prodotti il Valpolicella Superiore e l’Amarone. Entrambi i vini per sua scelta non fanno fermentazione malolattica allo scopo di mantenere la freschezza che li contraddistingue.

Tecnologia al servizio del vino 

Leonildo è il primo produttore italiano ad introdurre l’imbottigliamento sotto azoto più di 30 anni fa. Per scelta tutto l’azoto, anche quello utilizzato durante la pressatura soffice dei mosti, viene prodotto in azienda nella logica di ridurre al minimo rifiuti e trasporti. In correlazione a questa decisione si riduce l’anidride solforosa del 40% e si utilizza lo stretto necessario solo durante le fasi di imbottigliamento. Grazie al controllo di questo processo tutte le bottiglie vengono assicurate per 15 anni contro i difetti.

Nel 2011 fu precursore anche nello scegliere il tappo Stelvin per l’imbottigliamento del suo “Soave Classico”. A causa di questa scelta coraggiosa perde la denominazione fino al 2015

Tecnica e cemento 

Tutte le stanze hanno vasche rigorosamente in cemento vetrificato per uso alimentare. Ogni vasca è dedicata ad una singola parcella. Il cemento viene utilizzato da Leonildo fin dagli anni ’70. Nel 2000 quando tutti i produttori iniziano ad abbandonarlo per sostituirlo con vasche in acciaio Leonildo lo mantiene per la capacità di non creare cariche elettrostatiche e mantenere la temperatura costante durante tutto l’anno

Grazie alla prima caratteristica è possibile fare una semplice filtrazione tangenziale senza andare a filtrare profondamente il vino, rischiando di modificarne la natura, per rimuove le fecce che sarebbero continuamente sospensione a causa dell’elettrostaticità. Durante l’assemblaggio si stabiliscono le proporzioni di ogni parcella e si crea il vino dell’annata in corso. Vengono fatti, infine, 3 imbottigliamenti, rispettivamente a giugno, ottobre e novembre.

Una novità della nuova cantina è la presenza di un magazzino di 400 metri quadri dove vengono stoccate tutte le annate vintage di "Calvarino", "La Rocca" ed Amarone a partire dal 2000.

Per il Vinitaly 2022 è nato "Calvarino 5" 

Per il Vinitaly 2022, in concomitanza con la presentazione della cantina, verrà presentata la nuova bottiglia “Calvarino 5” un assemblaggio di 5 annate, dal 2008 al 2012, che entrerà a far parte della collezione i vini dell’Anima, delle “limited editions” che vogliono ogni anno proporre qualcosa di esclusivo a tutti i collezionisti mondiali. La sala dedicata alla fermentazione di “Calvarino” è di tonalità grigio e nera per richiamare il suolo da cui proviene che è prevalentemente composto da rocce basaltiche.

Le botti troncoconiche “Tulipe”, utilizzate in questa stanza, hanno la funzione di mantenere continuamente in sospensione le fecce per 18 mesi. I moti convettivi molto lenti si ottengono grazie alla tipica forma data per sfruttare appieno il principio di Ganimede.

"La Rocca" e il Valpolicella Superiore 

Per l’affinamento di “La Rocca” e del Valpolicella Superiore si usano bottaie con botti provenienti da diverse tonellerie e foreste di Borgogna. La scelta è ricaduta sui tonneaux in quanto pur essendo una botte meno invasiva, permette comunque al vino di ossigenarsi e di acquisire preziose terziarizzazioni. 

“La Rocca” inizialmente veniva vinificata in cemento come “Calvarino” pur non essendo, Leonildo, convinto del risultato. Le motivazioni vanno ricercate nei terreni. Il monte Calvarino ha un terreno vulcanico in cui vengono utilizzate come forme di allevamento il Guyot e la Pergola Veronese, per le zone impervie. Queste scelte si rivelano corrette per via della tipologia di terreno, molto povero di acqua. Invece “La Rocca” è un vigneto situato sulla collina Monte Rocchetta, a ridosso del castello scaligero medievale del paese di Soave. I terreni qui sono calcareo argillosi e di origine marina. Essendo la Garganega una pianta vegetativa, in presenza di acqua si è costretti a cambiare la tipologia di allevamento passando al cordone speronato, che riesce a contenere le vigorie delle foglie, dei tralci e la dimensione dei grappoli. La maturazione si fa proseguire fino ad ottobre, inizio novembre (“Calvarino” si raccoglie una settimana e mezzo prima). La rocca è 100% garganega (Calvarino 70% garganega e 30% trebbiano di Soave).

Nel 1978 Leonildo, con un’intuizione geniale, decide di fare a “La Rocca” un affinamento in legno per un anno in tonneau. La decisione fu rivoluzionaria per un Soave dell’epoca e lo portò a vedersi annullare tutte le vendite fino al 1995, quando, in seguito ad una degustazione verticale con l’Associazione Italiana Sommelier (Ais), “La Rocca” venne definito come il più grande vino bianco italiano.

Leonildo e la sua visione del vino 

Leonildo nel corso di tutta la sua vita non ha mai abbandonato le sue idee, perseguendo spesso strade ancora imbattute, e mantenendo sempre le sue convinzioni anche di fronte a diffusi cambiamenti frutto più di mode che di reali motivazioni. La sua lungimiranza, lo ha sempre premiato facendogli vedere ritornare attuali tutti i principi così strenuamente difesi.   

I vini di Pieropan 

  • Pieropan Soave Classico DOC 2021. 85% garganega 25 trebbiano di Soave. Annata perfetta. Vendemmia ad ottobre, in un periodo di grande escursione termica. Imbottigliato a gennaio e pronto per le vendite a Marzo.

    È un vino complesso. Si percepiscono fiori, erbe e frutta. È ricco e pronto alla beva già da ora. Al naso sentiamo una spiccata nota minerale ed in bocca una grande verticalità data dall’acidità. Grande consistenza che si sente anche dopo la deglutizione. Il vino che si aggrappa letteralmente ai nostri recettori tattili e rilascia tutta la sua struttura e tridimensionalità. Un vino molto piacevole e di grande soddisfazione.

  • Pieropan Calvarino Soave Classico DOC 2020. 70% garganega 30% trebbiano di Soave.

    Colori giallo paglierino con riflessi oro-verde brillante. Profumo fresco, floreale con un bouquet largo che spazia dalla camomilla al miele ed un sottofondo di mandorla e nocciola. Sapore fresco, elegante e sapido. 

  • Pieropan La Rocca Soave Classico DOC 2020. 100% Garganega.

    È un vino fuoriclasse in cui bisogna scomporre i vari elementi che lo compongono. È fatto con un’attenzione maniacale. Riflette la pulizia e l’ordine della cantina. A tutti gli effetti si può definire l’essenza stessa della garganega. Si percepiscono aromi complessi di frutta tropicale come mango, frutto della passione, ananas. Fiori, in particolare lavanda e mughetto.  Note tostate di vaniglia sul finire. Il legno sicuramente porta questo Soave ad un livello superiore. Ritroviamo nella percezione retrolfattiva sentori di miele, vaniglia e una scia balsamica.

  • Pieropan Ruberpan Valpolicella Superiore DOC 2018. 60% Corvina, 20% Corvinone, 10% rondinella e 10% croatina veronese.

    Vino rosso che affina 18 mesi in botti da 500 litri. Si ritrova l’espressione più genuina della frutta con sentori di fragola, marasca ed una leggera speziatura di sottofondo. Non viene utilizzata la fermentazione malolattica come da filosofia aziendale. È un vino fresco e sapido, con una bella precisione, profondità e bevibilità. È un vino figlio del territorio da cui proviene (Monte Garzone nella val d’Illasi a 500 m s.l.m.). 

Pieropan
Via Giacomo Matteotti, 37038 Soave VR
045 619 0171
www.pieropan.it

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