Il mondo del vino è maschilista? Per fortuna ci sono sempre più donne

Dopo il caso che ha visto coinvolta Nicole Hasslink, a cui era stato imposto l'obbligo di indossare la gonna nell'esercizio della professione, si è riacceso il dibattito sul sessismo nel mondo del vino. Il maschilismo esiste, lo confermano alcune sommelier italiane, ma la tendenza sembra essere diversa e vede sempre più donne protagoniste del settore

24 febbraio 2022 | 14:00
di Luca Bassi

All'aspirante sommelier Nicole Hasslink è stato detto in modo chiaro: «se vuoi fare il nostro percorso professionale devi indossare una gonna. Obbligatoriamente». Hasslink, fotografa americana residente nelle Marche, era iscritta a un corso per diventare sommelier, ma ha deciso di lasciarlo proprio perché nel regolamento dell'ente che aveva scelto è obbligatorio, per le donne, indossare la gonna quando si è in servizio in eventi pubblici, senza possibilità di scegliere un altro indumento. La giovane non solo ha scelto di non adeguarsi alla richiesta, ma ha pure deciso di denunciare l'accaduto rendendo pubbliche le conversazioni avute via e-mail con i responsabili del corso (ma tenendo nascosto il nome dell'associazione). E facendo tornare a galla un problema che riguarda molti settori in Italia: il sessismo.

Sessismo spesso inconsapevole

Un sessismo, in questo caso, introiettato e inconsapevole, che non permette di percepire il "problema" da parte di chi lo agisce o di chi ne è vittima. Un sessismo probabilmente vittima di un maschilismo culturale che da decenni abita la nostra società. Sembra superfluo precisarlo nel 2022, ma è bene ricordare che obbligare una donna a vestire un determinato indumento è una richiesta sessista, sempre. Non solo, nel settore enologico ed enoturistico dove, al netto delle recenti conquiste e della presenza crescente di donne del vino, il sessismo è ben radicato per ragioni storiche e culturali precise.

In Italia una sola donna curatrice di una guida

Alessandra Piubello è una giornalista esperta di vino conosciuta in tutto il mondo per le sue numerose collaborazioni con riviste del settore e per la sua presenza costante a concorsi internazionali nel settore del vino. È l'unica curatrice donna di una guida italiana, la Guida Oro I Vini di Veronelli: «Questo è un aspetto che deve farci riflettere: davvero non ci sono donne oltre alla sottoscritta che potrebbero avere un ruolo come il mio in un'altra delle numerosissime guide italiane? Io non credo proprio – sentenzia - Purtroppo nel nostro Paese il maschilismo esiste nel mondo del vino e per una donna emergere è parecchio difficile. Pensate che quando partecipo a concorsi internazionali incontro sempre un gran numero di donne che rappresentano gli altri paesi: Germania, Francia, Spagna. Per l'Italia spesso e volentieri ci sono solo io. È un vero peccato: conosco tante donne sommelier che hanno svolto una crescita professionale importante e che meriterebbero certi palcoscenici che, invece, restano appannaggio solo degli uomini».

Il sessismo (a volte) è un problema anche all'estero

Ma non è solo l'Italia il paese che deve ancora affrontare questa problematica imbarazzante: anche all'estero qualche volta si tende a tenere in considerazione solo l'uomo. E pure in questo caso Alessandra Piubello ne è la dimostrazione: «Nel 2018 sono stata nominata cavaliere dalla Confrérie des Chevaliers du Tastevin, la più antica e autorevole istituzione del vino francese: da quel giorno rappresento l'unica giornalista donna che ha raggiunto questo prestigioso traguardo. In 84 anni di storia della Confrérie – sottolinea – non era mai stata scelta per il cavalierato nessun'altra giornalista donna».

Finalmente se ne parla

«Nel mio percorso professionale ho visto tante cose poco piacevoli, soprattutto quando ero agli inizi, vent'anni fa. Allora – spiega Piubello – I grandi critici erano solo uomini e la cosa non veniva neanche messa in discussione, non se ne parlava proprio. Io ho rinunciato a tutto per il mio lavoro, ho compiuto delle scelte parecchio impegnative che forse un uomo non si sarebbe mai trovato costretto a fare. Negli ultimi tempi, però, è almeno possibile sollevare la questione, discuterne come stiamo facendo ora».

Donne, è ora di alzare la voce

«Come può cambiare la situazione? Le donne italiane devono alzare la voce, devono continuare a farsi sentire – commenta la giornalista - Il fatto di cronaca che ci sta permettendo di parlare di questo, oggi, è stato denunciato da una donna straniera, non italiana. Questa cosa è emblematica. Le donne italiane devono farsi forza e cercare di farsi sentire, anche facendo gruppo. Solo questo ci porterà al cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno».

 

Da Ais Bergamo nessuna imposizione

Gonna o pantalone? La donna è liberissima di scegliere quando partecipa a un corso targato Ais Bergamo. Lo conferma la delegata Roberta Agnelli: «Non esiste nessun obbligo, ci mancherebbe – spiega - Abbiamo solo una divisa per gli eventi, ma ogni sommelier può portare la gomma e può portare i pantaloni. Io indosso sempre gonna e tacco, ma è una scelta mia e nessuno me l'ha mai imposto. Al tempo stesso non mi sono mai sognata di obbligare una corsista a indossare un indumento: vedo molte ragazze vestite con pantaloni e scarpa bassa che portano la divisa in modo estremamente elegante. Questo mi basta».

Ais, un'isola felice per le donne

«Sessismo? Donne lontane da posizioni importanti? A Bergamo posso dire con certezza che non abbiamo mai avuto questi problemi – conferma Agnelli - Perché io sono al secondo mandato e succedo a un'altra donna. E in Lombardia anche le sedi Ais di Lecco, Varese, Sondrio e Milano, oltre a quella di Bergamo, sono guidate da donne. In questo mondo, finora, non mi sento sminuita in quanto donna e non mi è mai capitato di subire discriminazioni. L'impressione che ho sempre avuto è che da Ais contino davvero l'impegno, l'ordine, la pulizia, la correttezza e la professionalità più che il sesso e le scelte personali che, come tali, devono per forza di cose restare decisioni individuali che nessuno può o deve forzare. Il problema delle donne messe in secondo piano, più che nella sommillerie, lo vedo presente nella società e nella cultura italiana, a partire dalla politica. Per troppi anni abbiamo convissuto col pensiero unico della donna vista come madre e poco più: sono fiduciosa che col tempo arriveremo definitivamente a un cambiamento culturale – che sta già avvenendo – che spazzerà via tutto questo».

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Alberto Lupini


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