Il mondo del vino fa quadrato. Centinaio: «Prosek, rischio per tutte le denominazioni europee»

Il 5 ottobre al Mipaaf si è tenuto il tavolo di lavoro per la tutela della filiera vitivinicola. Dal vino "fuori zona" alle politiche anti-cancerogene dell'Oms, parte il contrattacco. Le parole del sottosegretario

05 ottobre 2021 | 15:17
di Nicola Grolla

Se il mondo del vino italiano è sotto attacco, il sistema risponde. Dalla minaccia del Prosek croato alla ricaduta sul settore delle posizioni anti-cancro dell’Organizzazione mondiale della sanità i colpi da parare (e, in alcuni casi, restituire al mittente) non mancano. Per questo al ministero delle Politiche agricole si è tenuto un tavolo di lavoro che ha coinvolto, oltre al titolare del dicastero Stefano Patuanelli, i principali attori istituzionali della filiera: Assoenologi, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini, Unione Italiana Vini, Cia e il coordinatore gruppo vino di Alleanza delle cooperative italiane.

 

Prosek vs. Prosecco: quasi pronta la risposta italiana all'Europa

Per quanto riguarda la questione Prosek, dopo la pubblicazione della richiesta di riconoscimento della denominazione in Gazzetta Ufficiale europea, l’Italia ha tempo 60 giorni per far pervenire alla Commissione europea le proprie obiezioni. Una su tutte: il vino croato rischia di infrangere il regime di tutela delle denominazioni andando a scardinare uno dei motivi che stanno dietro al successo del Prosecco. «Attualmente stiamo portando avanti le audizioni tecniche preliminari alla redazione del documento. L’idea è quella di realizzare un lavoro congiunto e giuridicamente fondato così da dare maggiore evidenza e peso alle nostre ragioni», spiega il sottosegretario con delega alla viticoltura Gian Marco Centinaio. Dall’annuncio della task force organizzata al ministero, si sono già tenuti quattro incontri. Obiettivo: far passare il concetto per cui se l’Europa cede su questa vicenda «viene meno tutto il castello di denominazione europea con rischi concreti non solo per le eccellenze italiane ma anche francesi, spagnole, ecc. A quel punto, chi potrebbe evitare che il prosciutto Pata Negra venga prodotto in Ungheria?», afferma Centinaio.

Una posizione apprezzata dalla filiera i cui protagonisti hanno espresso la necessità di «uniformare gli argomenti a difesa compatta del rigetto del riconoscimento della Menzione Tradizionale Croata».

 

 

Vino cancerogeno? Centinaio: «Combattiamo l'abuso ma evitiamo generalizzazioni»

Un approccio simile, e quindi quanto più corale e condiviso, è il leit motiv della “resistenza” alla richiesta dell’Oms sull’adesione dell’Italia ai piani per migliorare la salute dei cittadini europei e non solo, soprattutto nella lotta al cancro. Peccato che questo progetto collida con la promozione della produzione vitivinicola italiana. «Entro l’8 ottobre il nostro Governo dovrà dare una risposta all’Oms sull’utilizzo del vino considerato cancerogeno. La posizione italiana su questo punto è una sola: a essere dannoso è l’eccesso del consumo alcolico, non il bicchiere di vino in tavola a pranzo. Anzi, diversi studi indicano che questa è una sana abitudine. Senza considerare poi che il consumo pro-capite di vino degli italiani si attesta a mezzo bicchiere al giorno», sintetizza Centinaio. Insomma, accordo totale sull’abuso di alcol ma che si evitino le generalizzazioni.

Nel piano di lotta contro il cancro la Commissione Ue «indica alcune azioni che intende mettere in campo per raggiungere l'obiettivo di riduzione del consumo dannoso di alcol. Il piano è anche supportato da un progetto di relazione parlamentare che inasprisce ulteriormente le indicazioni della Commissione e che rischia di dare legittimità politica alle stesse. L'Oms, inoltre, nel piano di azione dedicato, intende ridurre del 20% il consumo di alcol (e non il consumo "dannoso" di alcol, ndr) entro il 2030», hanno sottolineato gli attori della filiera presenti all'incontro. «Entrambi i documenti - hanno aggiunto le associazioni di rappresentanza - sono in una fase piuttosto avanzata della discussione: è fondamentale che l'Italia porti avanti con atti ufficiali, in tutte le sedi opportune, istanze di equilibrio, buon senso e ragionevolezza, elementi che da sempre contraddistinguono la posizione italiana, evitando raccomandazioni fiscali e normative di tipo proibizionistico».

 

 

Pronti 25 milioni per la promozione del vino italiano all'estero

Temi che si intrecciano a doppio filo con altre due questioni sollevate dalle associazioni di categoria: la produzione “fuori zona” e la promozione della filiera vitivinicola italiana. Nel primo caso, la novità arriverebbe dalla Pac (Politica agricola comune) in cui verrebbe modificata la definizione di vino Igp tale da permettere l’utilizzo di uve da una zona geografica diversa da quella delimitata per il 15% del prodotto finito. Nel secondo caso, invece, si va verso una maggiore concertazione fra ministero e associazioni di categoria: «Abbiamo stanziato 25 milioni per la promozione del vino italiano all’estero. Ora dovremo lavorare in sintonia con gli attori del settore per concordare insieme i mercati emergenti sui quali puntare», afferma Centinaio.

Sul tema della promozione le associazioni di rappresentanza della filiera hanno sottolineato come sia stata avviata, in ambito europeo, una riforma che rischia di escludere i prodotti vitivinicoli dalla possibilità di accedere al budget dedicato alle attività promozionali in Europa e nel mondo. Impossibilità che rischia di escludere il vino dai progetti che hanno permesso, negli anni, di raggiungere risultati importanti in termini di valore e di export.

 

Il 6 ottobre il tavolo con la filiera agroalimentare, ristorazione compresa

E di questioni strategiche per quanto riguarda la filiera agroalimentare, vino compreso, si parlerà anche il 6 ottobre quando è atteso il tavolo ministeriale dedicato: «Si tratta di una prima volta per l’Italia e il ministero. Non dimentichiamoci, infatti, che la seconda “A” di Mipaaf sta per “alimentari”. L’obiettivo è quello di far rientrare la ristorazione all’interno della filiera agroalimentare. Non dobbiamo più fermarci a produttori, trasformatori e distributori ma andare oltre e arrivare al momento del consumo», conclude Centinaio.

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Alberto Lupini


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